venerdì 23 settembre 2011

Cambia il sindaco, ma la prepotenza della moda resta la stessa

Moda prepotente e sindaco obbediente


Giovedì 22, via Cadore, via D’Orsenigo, tutte le vie adiacenti, strozzate dal traffico. Dieci, trenta, cinquanta auto blu di traverso sul marciapiede, sulle strisce pedonali, in doppia fila. I vigili, invece di allontanare i conducenti con le loro auto, si agitavano nel vano tentativo di normalizzare un traffico convulso di auto e scooter che tentavano di sfilare senza danno tra le “blu”, mentre i pedoni “slalomavano”  cercando un pertugio in cui infilarsi per potere camminare o attraversare le strade.

Va bene l’afflusso abnorme per la sfilata di moda in casa Prada, ma sarebbe bastato invitare i conducenti delle auto blu, una volta scesi i loro clienti, ad allontanarsi e cercare parcheggio regolare distribuendosi nelle vie e piazze intorno.

Invece no, come tutti gli anni e sotto tutti  i sindaci, Albertini, Moratti ed ora Pisapia, i conducenti se la ridevano allegramente, chiacchierando, dopo aver lasciato l’auto nelle posizioni a loro più comode, accanto alla sede della sfilata.

Sarebbe così difficile ( poco snob ?), per il cliente, a fine iniziativa, telefonare al proprio autista perché  si avvicini alla sede ?

No, ma … questa è la prepotenza della moda e dei suoi sostenitori. A cui non sfugge il neo sindaco Pisapia.

E pensare che l’ho votato credendo che avrebbe lavorato per una Milano in cui i diritti fossero uguali per tutti.

Così, come da anni a questa parte, la prepotenza e la maleducazione della moda, uno o più giorni all’anno, fa sfoggio di sé, tra vigili inermi, un sindaco, chiunque esso sia, obbediente e noi cittadini costretti a subire.

martedì 13 settembre 2011

Svelato il Mistero

                                                           dei Seminari
                                                          “Sapere del Profondo” (1)
 No, nessun mistero da svelare, solo la voglia di alcuni di percorrere la strada del “conosci te stesso”, in cui dare ascolto alle sollecitazioni che provengono dal “profondo”.
Una dolorosa esigenza che, a volte se non spesso, apre fratture con gli altri che ci sono vicini e stentano a riconoscerci, ad accettare ogni nostra trasformazione.
Divisi noi stessi tra ferite emozionali e la  continua necessità di dare un senso a quel che facciamo, costruiamo il nostro personale ed inimitabile destino, ci prendiamo cura della nostra anima perché rifiutiamo che siano altri, chiunque altro, a farlo per noi.
Nel percorso, scopriamo che il nostro dolore, ogni nostro dolore, è momento per individuare  la nostra diversità: “Si tratta di qualcosa che si avvicina ad una auto creazione” (A. Carotenuto. “La mia vita per l’inconscio”).
Un percorso per uomini e donne coraggiosi.
    
       

Così, dopo la breve festa “ a sorpresa” nel Dojo DAO di San Benedetto del Tronto, dedicata ai 53 anni del M° Valerio, allievo ed amico di lunga data, una parte dei festanti si trasforma in ricercatori di sé, del senso del proprio vivere e parte.
Parte, Venerdì 9 Settembre, alla volta dell’Agriturismo “Il Fienile”, incastonato tra le colline dell’entroterra marchigiano.
Due giorni di full immersion, io e Valerio, a condividere la conduzione del gruppo: alcune ore lavoriamo in un’accogliente sala sottotetto, altre nell’immenso verde che lambisce ed abbraccia la casa.
Un gruppo in cui, milanesi dello Z.N.K.R. e sanbenedettesi del DAO, si ritrovano congiunti a lavorare Neijia Kung Fu.
L’animale Tigre, una rantolante fatica dalla una della notte tra Venerdì e Sabato, alle 07,30 del mattino.
A scoprire il carattere “orale”, denotato da uno scarso senso di indipendenza e scarsa aggressività predatoria che sostituisce con scatti collerici, con aggressività passiva (modi di relazionarsi che facciano sentire in colpa l’altro). A rivivere le parole non dette, le situazioni e le violenze subite supinamente e quelle che ci hanno forzatamente fatto ingoiare. Ad aprire la bocca, che è il primo mezzo del neonato che cerchi la madre e che è il primo strumento di conoscenza dell’ambiente esplorato attraverso la bocca stessa; che è organo espressivo fondamentale del linguaggio corporeo e mostra lo stato emotivo del’individuo.
Che è metallo (jin), si realizza nel polmone (fei) come organo; nel grosso intestino (da chang) come viscere.
Le ore del mattino a danzare i chakra e gli organi interni, a ritrovarsi cuccioli di predatore, cuccioli di tigre dai denti affilati e curiosi, dalla presa mandibolare decisa.
L’intenso pomeriggio a formare le coppie. Ovvero le relazioni, l’attaccamento, il configgere.
Le relazioni, che sono sempre connotate emotivamente. Il riconoscere, nel proprio percorso di vita, che la natura delle nostre aspettative gioca un ruolo decisivo nel determinare i tipi di persone che avvicineremo e come esse si comporteranno con noi.
Il confliggere come risorsa, come occasione per apprendere e formarsi adulti quanto permettere al gruppo una maggiore capacità integrativa.
Confliggere è sperimentarsi, è confrontarsi sui limiti, è tenersi lontano dalle generalizzazioni imparando a contestualizzare, è sentire il proprio senso di appartenenza al gruppo. E’ saper ascoltare, è non confondere il problema con l’individuo. E’ saper accettare le osservazioni le critiche altrui.
E’ Tigre che sa affermarsi apertamente. E’ Serpente, la cui polarità opposta, il carattere schizoide, è ipersensibile, tende a rifuggire le relazioni intime, usa a sproposito la forza di volontà per motivare le azioni sottraendo loro la qualità della sincerità, dell’emozionarsi. E’ Gru, la cui polarità opposta è iper controllo, è trattenere, è vedere  nella passività sempre e comunque (patologicamente) una vulnerabilità.
Lavoro tanto intenso e profondo che l’orologio ci coglie alle 20,30 e … finiamo lì: chi  vorrà comunque lavorare fisicamente in coppia, lo farà dopo cena, liberamente e come meglio vuole, eventualmente (su richiesta) assistito dallo scrivente.
Alle 06,30 della Domenica, siamo ancora riuniti per emettere suoni ( ) e chiudere con il contatto, che è con – tatto: “Il lavoro in Gestalt si ancora generalmente sul sentito corporale ‘qui ed ora’, ma quest’ultimo evoca spesso delle scene passate che risalgono in superficie e sono quindi rivissute nel presente” (S. Ginger.  “La terapia del con – tatto emotivo”)

A tavola, lo sciorinarsi spontaneo di un fluire di emozioni, di dolori, di gioia per i risultati raggiunti e, laddove raggiunti non lo fossero, la consapevolezza della propria “cantina”, della propria parte Ombra con cui fare i conti.
E gli abbracci finali, di commiato, che le strade, almeno quelle del vivere di tutti i giorni, inevitabilmente si separano.
Satollo di vino e cibo ottimi (“Il Fienile” e l’ospitalità della proprietaria sono indescrivibili) salgo sul treno che mi allontana fisicamente da quei luoghi, da quelle persone, da quell’esperieenza. Ma, emotivamente, sono ancora in me.
Alla prossima !!
 
(1) Sapere del Profondo” è percorso di consapevolezza, crescita e potenza, attraverso le pratiche taoiste di Tai Chi Chuan e Chi Kung e le esperienze fisico emotive della pratica corporea contemporanea.

sabato 3 settembre 2011

Perché scegliere me, perché scegliere Z.N.K.R.


Provare da noi

         Sul prossimo numero di SHIRO ( disponibile in cartaceo già nei prossimi giorni e, a metà Settembre, pure in versione “informatica” qui sul blog – un grazie enorme ad Angelica e a Gilda ! -) troverete un paio di pagine in cui, in forma ben argomentata, scrivo di noi, del nostro modo di praticare. Scrivo citando come esempio il nostro “riscaldamento” e le sue varie fasi, così diverso dal perché e dal come delle altre Scuole, palestre & co. di Arti Marziali.
Scrivo, tra l’altro, con l’intento di catturare l’attenzione nei nuovi lettori, ovvero chi si presenterà alla porta del Dojo per chiedere informazioni, perché gradiscano provare, fare qualche sera di “viaggio marziale” insieme a noi. Poi, decideranno se continuare il percorso insieme o tentare altre strade.
Da giorni, però, una vocina insistente, dentro di me, mi propone un modo più diretto, più “brutale”, meno diplomatico e meno profondamente argomentato per mostrare chi e come siamo, per mostrare il senso di quel e come pratichiamo.
E allora, chiedendo perdono per la mia franchezza…

A.    Cerchi di vincere una coppa ? Vuoi fare dello sport ?    
Io, noi, non facciamo per te.  
Lo sport non mi interessa. La pratica ginnicosportiva, soprattutto agonistica, la trovo noiosa, deleteria per la struttura fisica dell’individuo e deludente /deleteria / ammorbante per l’individuo unità psicofisica. (1)
Insomma, non propongo attività sportiva e, in ogni dove, troverai decine di insegnanti che la amano, la insegnano e, nel loro campo, sono ben meglio di me. (1A)

B.     Ti interessa imparare uno stile ? Ti interessa imparare un’Arte Marziale ?
Io, noi, non facciamo per te.
Non esiste (e posso dimostrarlo) un’Arte o una stile “tradizionale”, se per esso si intende immutato nel tempo e negli insegnamenti.
Mi fa sorridere immagine un milanese o un napoletano, impiegato, operaio, studente, fidanzato con Clara o Assunta o Samantah (!!!), che riprende con la telecamerina Sony o Samsung il figlio Nando o Tommaso o Nicolò sguazzare nel mare di Rimini o della Sardegna, che addenta di gusto spaghetti, costata alla fiorentina o cozze, che guida una FIAT o una Volvo, che timbra il cartellino in azienda, guarda in TV il telegiornale o X Factor,  si veste alla Decathlon o alla Oviesse, ecc ( andate a vedere ,se non l’avete visto, quel capolavoro che è “Un americano a Roma” con Alberto Sordi ) tutto convinto di essere un samurai, un “guerriero”, perché va in palestra due o tre sere alla settimana a ripetere gesti, ad “imparare” questa o quella Arte Marziale.
Non è imitando, copiando, addestrando un “corpo macchina” e insieme filosofeggiando intellettualmente che si crea quella composizione di gesti e movenze atti a svelare cosa si muove interiormente, a creare nuovi significati. Si resta nell’apparire, mai nell’essere. (2)


Ce ne qu'un debut ...

C.     Sei preoccupato di subire un’aggressione ? Vuoi imparare a difenderti ?
     Io, noi, non facciamo per te.
Perché qui allo Z.N.K.R., da subito, capisci che questa è una tua paura. Paura sulla quale io, a differenza di simil marines, di istruttori (veri o presunti…) dell’esercito, di profeti del Krav Maga o del Systema o di quant’altro inventato ad hoc ( ah, il business !!), non intendo lucrare né approfittare.
Fino ad oggi, quante volte sei stato aggredito ? (aggredito realmente, brutalmente, a scopo distruttivo, non scrivo di kazzeggio giovanil-superomistico !) (3)

Se invece, ti interessasse crescere, capire chi sei veramente, divenire individuo adulto autodiretto, imparare a stare nei disordini e nella violenza dei conflitti ( tutti i conflitti, quelli relazionali quotidiani come quelli da “strada”), tenere alta la testa, costruire una tua personale visione delle cose e saperla confrontare apertamente con gli altri, vivere coraggiosamente ogni momento presente, allora qui allo Z.N.K.R., tra botte, sudore, fatica del corpo a corpo, emozioni struggenti buttate nella mischia, poi riuscirci.
Qui sei nel posto giusto, con le persone giuste.

(1)   Giorni or sono, mi è stato chiesto un parere su un video dove alcuni praticanti, indossando protezioni varie, si scambiavano energiche “ mazzate” di bastone in rattan. Video intervallato da foto machiste di un paio di energumeni ripresi in pose truculente ed espressioni da duro del cinema.
In sintonia con il clima “diretto” ma scherzoso di questo mio scritto, commento così:
A vent’anni ( di anagrafe e di testa) questo e quant’altro ci sta, eccome. Sbronzarsi a rischio pronto soccorso per un amore perduto, gareggiare in moto sull’autostrada a 180, “prendere a pugni un uomo solo perché è stato un po’ scortese sapendo che quel che conta non sono le offese” come cantava il poeta, ed altro ancora.
A quaranta di anagrafe, magari pure tenendo famiglia, farlo, agognarlo, invidiare chi lo fa mi induce a dubitare della corrispondenza tra età anagrafica ed età “di crescita” ( a meno che non lo si faccia di professione, per “la pagnotta”, s’intende). Mi fa pensare a qualche mancanza nel proprio percorso di adulto, mancanza di riti che segnino il passaggio all’adultità, come di un’adolescenza / gioventù spesa poco, spesa “per benino”.
Guardo il video e penso: Dove sono i “membri maschili” in erezione ? Quando c’è la parte a chi ce l’ha più grosso ? E la gara a chi piscia più lontano ? Tutto OK, ovviamente, se e quando lo fanno  ventenni, trentenni, col testosterone giustamente a mille. Nulla da eccepire.
E penso pure a quel saggio del conte Uguccione, che calcio o kali è lo stesso ….ma, è pur vero, io venti, trenta, quarant’ anni, non li ho più da un pezzo.

(1A) d- “Che cosa le ha dato il Judo in termini di autostima e sicurezza ?”
r- “Mi ha educata, mi ha insegnato il rispetto verso gli altri, mi ha insegnato ad aspettare il mio turno per agire. Molto dipende dal carattere, io sono riservata e un po’ insicura nella vita ma sul tatami trovo la determinazione necessaria”.
Praticare uno sport agonistico ad alto livello, dunque ore ed ore ogni giorno, e non essere in grado di trasferirne i pregi al tuo carattere, al tuo vivere quotidiano ? Uno che lo fa a fare ? E c’è da crederle, trattandosi di Giulia Quintavalle, oro a Pechino e testimonial  di “Difesa in rosa”, ovvero il Judo come difesa personale per le donne (non c’è limite all’ignoranza o impudenza che sia !) e di una intervista fatta ai giorni nostri (Famiglia Cristiana, 4 Settembre 2011)

(2)   Ottimo il forum “Forumartimarziali.com”, sezione “Armi Bianche” per trovare un folto popolo di “americani”, pardòn, “giapponesi a Roma”. Ma anche in altre sezioni, non si scherza.
Poi, se Tizio intende collezionare gesti e forme, reificare movenze, collezionare reperti museali, ben venga. Ma ciò, di per sé, non significa nulla in termini di simboli. Nulla in termini di agire che si relaziona all’esperienza interiore, ad intrecciare corpo, immaginazione ed emozioni.  Nulla in termini di posture ed andamento, ovvero modo di portare la propria storia personale intessuta di sentimenti in relazione con il fare simbolico delle Arti Marziali.

(3)   Personalmente, ricordo il combattere, l’aggredire ed essere aggredito, come un folle turbinio di paura e incontrollata pulsione a spaccare, infilzare, uccidere. Ricordi che associo ad aggettivi come sporco, scuro, schifoso, maleodorante e, purtroppo, a tratti inebriante. Sono passati alcuni decenni dai miei anni violenti, ma il ricordo “emotivo” mi è ancora accanto. E sono pure convinto, ahimè (ahivoi) che per imparare a difendersi, bisogna saper attaccare, aggredire, sentire dentro la pelle il malsano odore del prevaricare, la malsana gioia del sottomere con la forza. I miei allievi che mi hanno fatto da assistenti ai corsi di DP al femminile, credo avrebbero qualcosa da confessare …..
Chi crede al combattimento come una roba “pulita”, chi crede ciecamente ai corsi ed ai professori della DP, chi crede alle tecniche di DP, chi  pompa il fisico perché così saprà difendersi, dia una bella lettura a “On Combat” di D. Grossman.
“Napoleone diceva che in guerra ‘il morale sta al fisico come 3 a 1’” (ibidem).




Strapotere fisico con i kettlebel