martedì 26 maggio 2015

Il seme inquieto


Raduno ed Esami Kenpo Bimbi – Ragazzi
23 e 24 Maggio 2015

Agriturismo Il Bivacco
 Sono proprio loro, gli stessi, eppur così diversi.
Diversi, perché strappi, capricci, boriosi atteggiamenti, ansie che si fanno scatti d’ira, noia che diviene piattume intellettuale, nel gruppo scompaiono da subito.
Qualcosa, inquieto e sotterraneo, ora viene alla luce, nel verde dell’accogliente Agriturismo “Il Bivacco”, che ci ospita per questo evento.
Qualcosa, uno spirito di gruppo, quel JITAKYOEI che è “io insieme agli altri in armonia”, “amicizia e mutua prosperità”, si fa largo a spallate.

Costruiamo le tende
Si mostra mentre il Maestro Giuseppe li guida nella costruzione delle tende, ponendoli ogni volta di fronte a problemi concreti, al necessario connubio tra progetto teorico e realizzazione materiale, al dover lavorare in gruppo perché solo in gruppo, insieme, la genialità di uno acquista maggior vigore con l’intuizione dell’altro, perché solo dieci, dodici mani  insieme possono sostenere e manovrare aste di tre metri o rotoli di venti metri.

Piccoli boscaioli crescono
Si mostra mentre Giovanni li guida a far legna, in una solida catena umana, poi a manovrar di accetta perché i ceppi più grossi si spacchino divenendo utili al fuoco. Manualità antica, probabilmente persa ai più, anche tra gli adulti, che nei cuori di questi bambini non può che risvegliare l’eco del selvatico, dell’uomo che doveva, per sopravvivere, misurarsi ogni giorno con la potenza, questa sì sovraumana, delle Natura.

La curiosità dei bastoncini da sfilare dalle mani del Maestro Giuseppe. E il risultato sono i gruppi che faranno i turni di notte a guardia dei compagni che dormono.
Insieme, tutti, a preparare i giacigli sotto la tettoia, mentre il cielo nero versa in terra le prime gocce d’acqua.
La sorpresa ...
Cartoni che vengono stesi, a ripararsi dall’umidità, i sacchi a pelo e gli spontanei gesti d’aiuto a chi ha meno, a chi manca del k way o di un maglione pesante, che, fuori, la notte si è fatta fredda e la pioggia scrosciante.

Il saluto e via: l’Insegnante Celso e il Maestro Giuseppe a guidare giovani ombre guerriere.
Due ore di formazione marziale. Alla mezzanotte, chi è di guardia accende il fuoco nel braciere. Lingue rossastre lottano per distinguersi dal nero della notte.
Generazioni e generazioni di uomini e donne si sono scaldate, per non morire, al fuoco della legna. Antichi echi di un mondo lontano che siamo pur sempre noi. Ancora gesti sconosciuti ai bambini e ai ragazzi e la magia, potente e pericolosa, del fuoco e delle fiamme.

Accendere un fuoco
I gruppi di guardia si susseguono regolari. Rumori, fruscii, ombre distorte … in lontananza, versi animali, forse l’ululato del lupo, forse il bramire di un cervide, la vista lunga interminabili secondi di un coniglio selvatico. Brandelli d’autentica paura e semplici giochi di bimbo attorno al fuoco.

Giovani guerrieri dormono
Il chiassoso vociare delle tortore accompagna la sveglia. Questa volta il sole regna incontrastato nel cielo azzurro.
La colazione, e che colazione di dolci e dolcetti fatti in casa, di latte questo sì cremoso e denso !!
Poi, a smontare i giacigli, ad accatastare i cartoni, a smontare le tende e a mettere al riparo ciò che resta del fuoco.

Due ore di formazione marziale mentre arrivano i primi genitori, nonni e parenti.
La  veglia attorno al fuoco
I colpi secchi dei guantoni e lo sfilare rapido dei calci. Così insisto, ben coadiuvato da Donatella, perché la “guardia” non sia la goffa imitazione di un nerd incollato al telefono cellulare, di un modesto pugile dei giorni nostri, ma disveli il coraggio degli artigli mostrati all’avversario, dello spazio occupato ad affermare “io ci sono”.
Le combinazioni, l’attività multipla e simultanea, tra chi cede alle primi crisi pavide e chi getta il cuore oltre l’ostacolo.
Intanto gli altri giocano e lottano, con l’Insegnante Celso e il Maestro Giuseppe ripercorrendo quanto tracciato la notte prima.
Sveglia !!
Poi, tutti insieme, a praticare di Ju, la cedevolezza, la flessibilità, a smussare spigoli caratteriali, paure che sono duro quanto fragile vetro, gesti irosi che sono altrettante paure annidate dentro il cuore, dentro la pancia.
Di pugni e di calci
Perché noi siamo la Scuola della vulnerabilità, del mostrarsi nudi in quanto consapevoli della stupidità e dell’autentica sofferenza che ci infliggiamo attraverso maschere e ruoli con cui ci proteggiamo e ci mostriamo agli altri; delle resistenze di ognuno qui accettate e trasformate, a fatica certo, a tentoni, in risorse eccezionali.
Perché, allo Z.N.K.R., praticare Arti Marziali è praticare di sé per conoscersi e crescere .

Lo sguardo sornione del Sensei
Il saluto finale.
Io ripeto, ancora una volta, che “Ogni nostro gesto, qualsiasi esso sia, nel giocare come nello stringere amicizie, nel lottare, nello scegliere, nel lasciare, nell’allacciarsi le stringhe delle scarpe, nel cucinare, nel leggere un libro, in ogni gesto grande o piccolo che sia, portiamo sempre la nostra firma. Per questo, in esso, noi abbiamo il dovere di dare sempre  il meglio, il massimo, perché esso ci rappresenta, esso parla di noi”.
Darle e ... prenderle
L’Insegnate Celso consegna le cinture, consapevolezza ed orgoglio dei propri progressi quanto orizzonte sulle prossime sfide, le prossime avventure, che ci attendono.
Abbracci, pacche sulle spalle, sorrisi.

Ancora darle e ... prenderle
Una gran tavolata, siamo quasi una trentina, a chiacchiere, cibo e vino.
Io mi concedo, con Donatella preziosa risorsa, poi coinvolgendo Annalisa, Monica, Rossana, di rovinare l’aria e le orecchie di chi mi sta accanto, stonando a squarciagola le canzoni degli anni ’60: karaoke per tutti sotto la regia di Mario, gestore dell’Agriturismo.

Lentamente il gruppo si scioglie, non prima che genitori e nonni contattino chi ha guidato bimbi e ragazzi in quest’evento. Perché se è vero che il gruppo è stato magnifico, è stato davvero un clan vincente, qua e là  sono emerse le smagliature, le malevole ombre acide del carattere ( della personalità ?) di alcuni.
Immancabili, le mamme
Ma, tutti insieme, JITAKYOEI, ci si può lavorare.
I nonni e anche un paio di papà
I genitori soprattutto, perché loro è la presenza quotidiana come la responsabilità prima verso i propri figli, contando, se lo vorranno, sulle competenze della nostra Scuola. Perché, pur nel risicato tempo a disposizione, possiamo dare il nostro contributo alla crescita di questi giovanissimi “guerrieri”. Perché, allo Z.N.K.R., praticare Arti Marziali è sana e coinvolgente terapia, è cammino, BUDO, di lotta e di trasformazione, di vita da vivere

 Ah, un enorme grazie a Teresa ed alla sua famiglia tutta, per la calda accoglienza: come essere a  casa !!

 “I desideri dei bambini, danno ordini al futuro”
(E. De Luca)
 













 

martedì 12 maggio 2015

I guerrieri del blu e del nero


Kenpo Raduno
Milano 9 Maggio

 Diciotto i colori del blu e del nero.
Il blu dell’acqua, che sempre muta e si trasforma, si adatta ad ogni recipiente ma anche rompe, travolge, ogni argine, ogni limite. Acqua che è insieme calma e violenza, superficie e profondità. Acqua che si trasforma per divenire vapore e poi tornare liquido. Acqua di cui è composto in gran parte il nostro corpo.
Il nero che è oscurità delle origini, dei primordi, informe “buco nero” da cui tutto origina: “degli occultamenti nella loro fase germinale, precedente l’esplosione luminosa della nascita” (G.G. Jung). Nero che è inconscio e tenebre, che è arte dell’occulto, del subdolo e dell’agguato improvviso.
Il blu e il nero che erano i colori del clan del Maestro Yamazaki Ansai.

Kenpoka alla luce del sole, nei timidi giardini di una piazza milanese, caos e traffico intorno, e cemento e case. Luogo di mai rassegnata resa al groviglio  meccanico della metropoli.

Sono mani che danzano l’una dentro e contro l’altra, in una distanza che respira sul volto di chi ci sta di fronte. Sorta di Chi Sao a briglia sciolta, di relazione in cui io e te diveniamo noi.

Un noi necessario per percorrere gli  squilibri (Kuzushi) che sono il preludio alle proiezioni al suolo, Nage Waza, di fattezze ruvide e potenti.
Il manto erboso accoglie corpi in caduta libera. Insieme terra d’origine ed odore del cemento urbano.

Gli spostamenti a vuoto sfruttando gli angoli (Sumi) ad occupare spazio, a saccheggiare territori altrui e poi ritrarsi, predoni lesti e feroci.

Le combinazioni di pugni e calci e proiezioni al suolo, scorrere di violenze mute e rapaci.

I cerchi nell’aria, l’accoglienza profonda, irreale, del bacino: luogo sacro di pulsioni e selvaggia natura umana.

In Dojo, sudati e stravolti, la consegna delle cinture  per i kenpoka che hanno fatto un altro passo nel loro personale percorso guerriero.
Il saluto e poi, ma dai !?!?, pizza e birra per tutti !!

 “Conoscere non è abbastanza: dobbiamo applicare. La volontà non è abbastanza: ci vuole azione”
( Bruce Lee )

 Prossimamente, su SHIRO Aprile – Maggio, altre foto ed i commenti di alcuni dei partecipanti.
 





 

 

lunedì 4 maggio 2015

Il Monumentale


“A me la morte fa una gran paura, si lasciano troppi sorrisi, troppe mani, troppi occhi, i treni, le strade, quei sentieri di montagna che portano ai rifugi, i mari che ho visto e che non ho mai attraversato”
(A. Daolio)

 Da ragazzo e fino ai trent’anni circa, mi prendevo sempre del tempo  per visitare i cimiteri. Dovunque fossi, facevo “un salto” al cimitero di quella località.
Un modo per isolarmi dalla confusione quotidiana; per stare tranquillo, per meditare forse ?; per sentire sulla pelle e nelle viscere la fragilità della vita e il dramma ineluttabile della morte, del non esserci più.
Particolarmente destabilizzante era quando la lapide parlava di numeri ridotti, ridottissimi: un bimbo, un ragazzo strappati alla vita e gettati nell’inutile oblio della morte.
Poi, ho abbandonato quest’abitudine.

Venerdì 1 Maggio, con Monica, Lupo, un’amica di Monica e Kalì, raggiungiamo il cimitero Monumentale di Milano.Patrimonio dell’Unesco, è un autentico museo a cielo aperto, dove l’arte dello scolpire, del cesellare, si piega alla volontà di ricordare i defunti.

Vi sono sepolti nomi illustri, di importanza ormai storica quali Carlo Cattaneo e Alessandro Manzoni, o di fama più recente e incerta, come Guido Crepax, Giovanni D’Anzi, Ambrogio Fogar, don Giussani, Alda Merini, Bruno Munari, Giovanni Pesce, o famiglie di rilievo nella storia milanese e d’Italia tutta quali Falck e Treccani, più una lunga serie di individui e famiglie poco o nulla noti ma comunque li sepolti.

Ad onorarli hanno contribuito decine artisti come Giulio Ulisse Arari, Giò Pomodoro, Giovanni Broggi, Francesco Messina, Luca Beltrami che ne hanno fatto un concentrato di templi dal sapore greco, obelischi arzigogolati, “edicole” funerarie di ogni tipo, intrecciando stili e correnti che vanno dal tardo eclettismo al liberty, alla scapigliatura.

Un pugno di ore , troppo poche in verità, a girare stupito (al Monumentale c’ero stato una volta sola da ragazzo) e incantato. Tanto da farmi passare in secondo piano quell’oceano di emozioni che, ogni volta, mi investe quando incontro quel balletto folle che abbraccia vita e morte insieme.
In fondo, il cimitero è una funzione dell’immaginario, specie di “teatro dell’anima”, luogo in cui proiettiamo quanto di emotivo vive e si dispiega dentro di noi.
Certo, qualche momento di commozione, lo spuntare di una lacrima ma .. troppo bello questo “museo a cielo aperto” perché l’incanto dell’estetica non prendesse il sopravvento sul fiume delle emozioni, del dolore, del senso di provvisorietà in terra.

Ancora una volta Milano mi ha mostrato un bellissimo aspetto di sé. Città che sa, a cercarli, offrire luoghi e spazi meravigliosi.
Se non ci avete ancora fatto visita, mi permetto di consigliarvi una mezza giornata, meglio ancora una giornata intera, al cimitero Monumentale di Milano.

 “Darei la vita per non morire”
(J. Morrison)