venerdì 26 agosto 2016

Del vivere, del Tao e di una lotta che si fa sempre più dura


Nel cerchio vorticoso del Tao, che nulla fissa e tutto incontra, si è soliti vedere una parte nera ed una bianca, con un punto bianco nella prima ed uno nero nella seconda.
Raffigurazione di maniera, di comodo, come a dire pedagogica, androgica, che, appunto, Tao è segno e simbolo di eterno ingaggiare, incontrarsi, scontrarsi e riprendersi in tondo. Mutamento, insomma.
In questa visione, nero e bianco abbiamo da interpretarli come opposti complementari, non come contrastanti atti ad elidersi, che contengono al loro interno, una piccola ma significativa presenza dell’opposto.

Prendendo spunto da un eccellente articolo di Antonio Filippini, mi sento di scrivere del confronto tra qualità e quantità.
Laddove qualità prescinde dal fattore numerico, è l’essere / il fare in potenza, quantità si basa sulla progressione aritmetica, l’essere in atto.

L’una non può fare a meno dell’altra.
La qualità è colei che innesta, dà vita, all’aspetto apparente della realtà. Priva di qualità, nessuna forma potrebbe esserci. La forma esprime senso e significato, dunque la qualità ne è sempre gravida.
Utilizzo questo termine, “gravida”, per scrivere che concepimento è la qualità, mentre il parto ed ogni manifestazione visibile, è quantità.
Se il parto riesce, per essere tale, se la casa per essere costruita, se il gesto motorio per esprimersi nello spazio, hanno bisogno del concepimento, dell’architetto e del muratore, del sé fisicoemotivo.
All’inverso, senza parto, senza casa, senza azione, allora concepimento, architetto e muratore, sé fisicoemotivo, rimarrebbero privi di concretizzazione: inutili.

Possiamo anche riconoscere alla qualità un privilegio, una superiorità in quanto tendente alla logica verticale, in quanto portatrice di senso e significato, ma sarà la realizzazione, la “quantità”, a stabilire se tale senso e significato siano, per così dire, portatori sani.
E, all’inverso, possiamo affermare che è l’esistenza dei mattoni a permettere ad architetto e muratore di costruire la casa, e, in filogenesi, senza lo sviluppo che è partito dalla cellula non avremmo oggi l’uomo.

Attenzione, poi, a quel punto bianco nel nero e a quello nero nel bianco. Entrambi portatori di contraddizione sana, perché l’uno vigila su qualità, affinché non divenga delirio di onnipotenza, gerarchia autoritaria e non autorevole, tanto pretesa di superiorità dell’uno sui molti quanto onanismo, compiacimento narcisistico fine a se stesso. L’altro vigila su quantità perché, all’inverso, essa, nella sua logica orizzontale, non si accechi nella dittatura dei numeri, della massa, dell’uguaglianza indistinta.

Tra elitari di stampo snobistico, di destra o sinistra non fa differenza, e masse informi accalcate sul palcoscenico del buonismo e del “Qui nessuno è straniero” come del razzismo becero e ignorante, della scalata sociale attraverso il gioco d’azzardo autorizzato e sostenuto dallo stato (!!) come attraverso l’esposizione di culi e tette, si aggirano pochi ed isolati guerrieri.
Taoisti eretici, forti di una radicata consapevolezza sensoriale, sulla quale si forma un’intensa esperienza relazionale, emotiva e immaginativa; sperimentatori di una vitalità curiosa e di un erotismo prorompente. Adulti autodiretti, insomma, in costante e precario equilibrio nel vorticare del Tao. I quali, guerrieri dell’idea, guerrieri di una pace che può costruirsi solo sapendo stare nel conflitto senza demonizzarlo, si pongono come compagni di viaggio per chi vorrà condividerlo; un viaggio che è prima di tutto dentro di sé, quel Conosci te stesso che è apprendi quanto vali e riconosci chi vale più di te, e poi è viaggio nel mondo.

 

“La qualità di questo viaggio è la delicatezza. Entrare in contatto con il sé istintivo è qualcosa di potente. Non cercare mai di forzarlo. Prendetevela comoda. Prendetevela con calma”
(P.A. Levine)

 

 
Post illustrato con due immagini delle opere di Escher.
Con Monica e Lupo abbiamo visitato la mostra dedicatagli, a Palazzo Reale, aperta fino a Gennaio 2017. Esperienza coinvolgente, a tratti perturbante. Da vedere !!

 



venerdì 19 agosto 2016

Agosto 2016



 

Monologhi sul corpo

 

Lunedì 1

 
“Il corpo è enigma e non soluzione. E’ il corpo che crea il problema”
( Marc Augé)

           

La tavolata è allegra, rumorosa.
Ore 07.00 tra i prati di Bassano.
Tra questi, e le parole scivolano subito sulla palestra che stanno frequentando, chi, cinquantenne, è passata con disinvoltura dall’allenamento intensivo svolto in tempi ristretti (High Intensity) al Pilates, ora alla tonificazione corporea mediante pesi ed elastici; chi fa della pallavolo la propria professione, giocando in A2, e sta svolgendo in palestra la preparazione pre-agonistica, chi fa del calcio un diletto costante giocando in “seconda categoria”.

Ci provo a spiegare due cose semplici sui rischi e gli effetti controproducenti di quegli esercizi, di quella ginnastica che tanto va per la maggiore.
Ore 07.00 tra i prati di Bassano
Ci provo, ma non ci riesco. Anche perché, pensiero unico e dominante, l’immagine collettiva degli addominali scolpiti “a tartaruga” e dei bicipiti gonfi, non ammette contradittorio; il volto U.S.A. dell’effimero e dello sperticato elogio dell’apparire, dettano legge in questa povera italietta provincialotta e sottomessa; poi, se tutti (tutti? Qualcuno no, si salva !!) da anni fanno pesi e balzi e crunch, un motivo ci sarà !!

Viviamo in anni in cui l’organizzazione fisicoemotiva dell’individuo sottostà al sistema visivo.
La stazione eretta, faticosamente conquistata nei secoli, e la civiltà, ci hanno condotto ad affidarci alla vista, con cui ispezioniamo l’ambiente circostante anche a distanza di chilometri, svilendo udito e olfatto, ridotti a segnalazioni che non varcano le poche centinaia di metri.
Per non parlare del tatto / contatto, che tra repressione punitiva indotta dalla religione e realtà virtuale (dai videogiochi alle ultime disgrazie della caccia ai pokemon) è praticamente morto.
Il contatto fisico è erotizzazione, intimità, aggressività, incontro e scambio di emozioni, confronto di supremazie.
Come scrivono i più attenti, e liberi, autori che si occupano di corpo e movimento, da un lato la propriocezione e il senso cinestetico, in qualità di sapere del nostro continuum corporeo, sono l’ineludibile base per organizzare l’identità personale; dall’altro, viviamo in un habitat in cui sopravvivere non dipende più dal discernere odori e rumori, strisciare o balzare, financo il godimento sessuale non richiede capacità cinestetico – propriocettive: è sufficiente chattare o centrare il sito giusto sul web: “video ergo sum”, scrive Vincenzo Bellia.

Gli escursionisti
Così, noi “sé corpo” diventiamo invece individui che parlano e trattano di “mio corpo”: realtà esterna, persino estranea. Con ciò dando vita a quelle nevrosi, quando non psicosi, che percorrono massicce uomini e donne: “Homo Omer” (Simpson), altro che “Homo Sapiens”.

Un corpo privo di significati informativi sul delicato e complesso mondo viscerale? E’ un corpo ipocondriaco che, per dare qualche timido e sporadico segnale di esistenza, si offre ad una ipersensibilità morbosa.
Un corpo sconosciuto, persino nemico in un’immagine alterata di sé? E’ un corpo anoressico che vuole annullarsi.
Un corpo che rifiuti la vitale e impetuosa sfacciataggine estetica? E’ un corpo imbarazzato, spinto a nascondere le forme in una corpulenza indistinta fino all’obesità.
Gli escursionisti
Un corpo usato per esporre tratti distintivi quali tatuaggi e piercing, come a segnare, a rendere riconoscibile un territorio, sorta di oggettivizzazione che chissà cosa e quanto copre di assente capacità autoaffermativa, di autonomia personale.
Un corpo spremuto e plasmato in palestra per somigliare sempre più ai modelli collettivi, sorta di facciata che grida “Sono come voi”, “Faccio anche io parte del gruppo”, in un crescente terrore di essere soli, di non essere riconosciuti e accettati dal gruppo, di non essere alla moda e voler restare ossessivamente giovani. C’è una palestra, nel trevigiano, che si chiama “Dorian Gray”, (il personaggio dell’omonimo racconto di Oscar Wilde) in un orripilante omaggio all’eterna giovinezza.

E, nel gruppo, ci si distingue non per le scelte autonome di vita, per il personale percorso di individuazione, di trasformazione, di crescita, ma per le diverse immagini esibite: il tatuaggio più “fico”, il bicipite più gonfio. Purché il gruppo ci ammiri, ci invidi, non ci escluda.
L’estraneità del corpo è sempre manifesto di una vita relazionale asfittica e inautentica dominata da un’omofonia passiva. Ognuno di fatto solo, nel mucchio indistinto.
Per non parlare dell’intimo e forte legame che c’è tra ciò che fai e ciò che sei. “L’uomo è ciò che mangia”, scriveva Ludwig Feuerbach. Che tu mangi di cibo o di musica o di motricità, tu sei ciò che mangi.

Gli escursionisti
Difficile da capire, lo so, per chi ha scarsa o nessuna intimità con se stesso; chi fatica ad essere soggetto; chi rifugge dal corpo come primaria evidenza sensomotoria del suo esserci (per non scrivere di chi è ben contento di essere un obbediente autonoma e se ne vanta !!); chi ignora (o vuole ignorare) che postura ed agire è dispiegarne i significati in modo leggibile a sé ed agli altri. Per chi è alienato, insomma.

 
“L’idea di kalokagathia greca accompagna idealmente il nostro approccio alle discipline del corpo. Quest’ultimo diviene così l’espressione e la manifestazione della forma interiore e dell’autodisciplina che ci si è dati nella propria interiorità. L’inesorabilità e l’inarrestabilità di una volontà indomita, che incanala il furore e gli istinti nella creazione di un corpo d’acciaio, così come d’acciaio sarà lo spirito che lo anima”
(Andrea Anselmo)
Kalokagathia, ovvero bello e sano, inteso come valoroso e virtuoso

 
Martedì 2

 
Che, a rileggere le parole di Anselmo, non si cada nell’errore, ancora una volta, di trattare di un corpo esterno a sé; di escludere il sé fisicoemotivo.
La meta !!
Se per Platone kalokagathia è ciò che distingue il colto dalla massa informe ed ignorante, nel mio piccolo io sto con chi legge “valoro e virtuoso” riferito ad un sé fisicoemotivo integro ed autodiretto, anche nelle scelte che coraggiosamente vanno contro l’ordine dominante; leggo “corpo e cuore d’acciaio” nella sua accezione più completa di corpo/cuore efficace ed efficiente. Che, per me, è affidarsi alla vulnerabilità, alla percezione sensomotoria più fine, ad un agire corpo visto attraverso articolazioni e muscolatura profonda, nonché apertura al sistema viscerale.
Altrimenti si corre il rischio, di nuovo, di subire l’elogio dell’apparenza.

Non a caso, restando nella storia e nella cultura italica, l’immagine collettiva del gladiatore romano è quella di un forzuto, asciutto e muscoloso, ipertrofico e possente a dismisura.
Il che è impossibile, data l’alimentazione dell’epoca, poco probabile, dato che una buona massa adiposa è fondamentale per assorbire i colpi e soprattutto rallentare la penetrazione di affondi e tagli con le armi. Insomma, per durare più a lungo nell’arena, meglio cicciottelli che con il ventre piatto e il busto a “V”.
Per inciso, la riesumazione dei cadaveri di questi combattenti, ha mostrato che le ferite letali erano quelle inferte alle gambe, obiettivi più facilmente raggiungibili di testa e tronco, il che spazza via ogni sembianza di veridicità anche ai duelli che siamo soliti vedere nei film.

E’ la pratica sportiva eccellente da raggiungere in pochi anni che ha spinto all’uso di carichi esterni. E in quel ristretto ambito professionistico dovrebbe restare, che, certo, per la “pagnotta”, come già scrissi, uno fa questo ed altro. Che c’entri ciò non solo con il combattimento per la sopravvivenza, ma anche con la salute psicofisica non è assolutamente chiaro. Salvo leggere queste pratiche alienate ed alienanti, ossessivo compulsive, nell’ottica critica delle mie precedenti riflessioni.

 

Mercoledì 3

 
Tintarella
Una vigorosa biciclettata, su e giù per le strade, femori ad inanellare cerchi su cerchi isolando il più possibile il pigiare delle gambe sui pedali.
Il fiume Brenta scorre lento, enorme serpente verde dalle squame luccicanti al sole.
Seminascosto su uno spiazzo, tra alberi e cespugli, l’acqua appena sotto, danzo la mia formazione marziale.
Non certo un colosso, anzianotto che i prossimi saranno 65 anni, una simpatica rotondità ventrale ad affermare la supremazia del buon bere e del buon mangiare, braccia snelle.
Un corpo ormai dimentico di crunch e stretching, pesi e trazioni alla sbarra, esercizi con gli elastici e piegamenti sulle braccia.

E’ dalla fine degli anni ’90 che, piano piano, ho svoltato, riappacificandomi con il mio corpo fino a diventare “io corpo””.
La mia storia personale narra di essere stato tra i primi, nel novero degli sconosciuti e dopo i pionieri poi diventati famosi, a studiare di pesi, forza massimale e forza resistente da applicare alla pratica delle Arti Marziali; a studiare e praticare stretching; poi allenamento con gli elastici, poi gli esercizi pliometrici, poi, soprattutto, tra i primi, nel novero degli sconosciuti e dopo i pionieri poi diventati famosi, ad avere abbandonato tutto questo.

Per questo, io colpevole di chilometri di corsa per le strade o su sentieri sterrati (in pista, se non si vogliono rovinare le articolazioni, correte in pista, magari dopo aver imparato come si corre !!), di crunch e balzi e piegamenti sulle braccia fatti ed insegnati, sono contento di essermene affrancato.
Così, guardo con un po’ di altero distacco chi ancora, nel 2016, ve ne è invischiato.
D’altronde, non è da tutti essere eretici ricercatori.
Non è da tutti cacciare fuori dalla massa, quella dedita alla ginnastica dell’obbedienza. E chissà, mai smessi i panni di avanguardista onesto, sempre pronto a provare in persona prima di proporre agli allievi, cosa mi attende negli anni a venire !!

 

 Martedì 9

 
“Ogni fase del movimento, ogni minimo trasferimento di peso, ogni singolo gesto di qualsiasi parte del corpo, rivela un aspetto della nostra vita interiore”
(R. Laban)

 
Kalì l'audace
KKalì, boston terrier di sei chilogrammi, sguazza sulle rive del Brenta, giocando di agguati e spintoni con un grosso simil Rottweiler. Accanto, un gigantesco alano arlecchino è trattenuto a stento dal giovane padrone. Coraggiosa la piccolina, anche se di giochi si tratta e non di lotta vera e propria.
Se la stazza, la mole, ha il suo peso nel decidere le sorti di uno scontro tra animali della stessa specie, cosa ben diversa è nella lotta, quella autentica, tra due esseri umani.

Come per le nazioni.

A degustare vini
Se gli U.S.A., con il loro dispiegamento di forze, ebbero la meglio sull’altrettanto potente Germania, ben diverso fu l’esito quando vollero affrontare il piccolo e modesto Vietnam.
Per restare, ancora una volta, alla nostra italica storia, i lusitani, pochi e male armati, per anni tennero testa all’esercito romano e furono sconfitti solo grazie ad oro e monete impiegati per finanziare il tradimento dei luogotenenti di Viriato, il capo delle rivolta lusitana.
Per inciso, a Viriato ed ai lusitani viene attribuita l’invenzione della tattica di guerriglia.

A degustare vini
I pochi video che ritraggono Ip Man, uno dei “padri” del Wing Chun, mostrano un ometto fisicamente insignificante danzare rapido e velenoso attorno all’uomo di legno. Uno spettacolo di grazia e potenza insieme.
Alla faccia degli energumeni con le braccia grosse come paracarri, come dei mingherlini legnosi e “scattosi”, che tanto imperversano nel mondo Wing Chun.
Io stesso rimasi fulminato dalle capacità combattive del Maestro Yoshio Sugino, uno “scricciolo” prossimo agli 80 anni, quando me lo trovai davanti ad un seminario di spada. E per fortuna (mia!!) che tutti i colpi erano controllati.

A degustare vini
Insomma, c’è un modo che si fa sempre più profondo, di interpretarsi corpo, di abitare il corpo, di sviluppare la molteplicità dei sensi del corpo. Altri modi, sono tutti, chi più chi meno intelligente, chi più chi meno efficace, corpo inteso come macchina, svilito e spogliato del suo interiore, un corpo altro da sé, catena di passi e gesti separati che non danno alcuna informazione sul soggetto, se non testimoniare la su estraneità.

 “In genere apprendiamo solo quello che ci serve per funzionare in modo efficiente, ma la nostra capacità di funzionare con una maggiore facilità e abilità non viene sviluppata”
(M. Feldenkrais)

 
Venerdì 12

 
“Abbi buona cura del tuo corpo, è l’unico posto in cui devi vivere”
(J. Roch)

 
Aperitivo da Nardini
A zonzo in bici, per le strade di Bassano. Nessuna meta.
Alle mie spalle, una signora probabilmente più anziana di me, mi supera, indifferente.

Scatta l’orgoglio maschile: adatto il ritmo della mia pedalata al suo, innesto il cambio più duro ed in alcune decine di metri, femori a ruotare come pale di un mulino percorso dal vento, la raggiungo. Mentre la supero, fingo indifferenza, guardandomi qui e là, tutt’attorno… come se niente fosse.
Infantile, lo so. Ne sono consapevole.

Modeste abitazioni bassanesi
Chissà se altrettanto consapevole del suo infantilismo, chiamiamolo così, è chi imperversa per Face Book, inondandolo di sciocchezze e kazzate.
Sì perché, tra ore d’ozio ed altre di pigrizia, questi sono giorni in cui vado su FB, grazie alla dolce condiscendenza di Monica.

Nel vasto campionario di sciocchezze, mentre ora sono seduto sulle rive del Brenta, mi vengono in superficie:

Modeste abitazioni bassanesi
Modeste abitazioni bassanesi
-       Chi, all’indomani della notizia sul possibile caso di doping attribuito a Schwazer, già lo proclamava innocente, già aderiva al “Io sto con Schwazer”. Non importa se costei era un’assoluta estranea al mondo dello sport, tanto meno professionistico; se non era nemmeno un medico sportivo; se nemmeno aveva letto le carte dell’inchiesta, ma solo i titoli dei giornali. Lei (o lui) stava con Schwazer. Non ne sapeva nulla, proprio nulla, ma già dichiarava la sua ferrea opinione, anzi, la sua  ostinata ed indiscutibile sentenza: innocente.
Tra l’altro, negli stessi giorni e sulla sua pagina FB, una di questi innocentisti subito e a prescindere, condivideva un post che dichiarava apertamente la necessità di informarsi, di controllare attentamente ogni notizia, di ascoltare le diverse voci, prima di esprimersi, di emettere un giudizio insindacabile. Elogio della coerenza, vero ?!

-       Chi, nel redarguire i critici della Pellegrini, la nuotatrice, scriveva che costoro erano poveretti smutandati sul divano, stolidi bevitori di birra, del tutto avulsi da ogni pratica sportiva. Ma cos’ha, costui e costoro, la “sfera di cristallo”? Conosce tutti, uno ad uno, i detrattori della sua protetta?
Mi sorge, poi, un dubbio, seguendo il ragionamento di costoro. Se a criticare una nuotatrice di professione sono autorizzati solo i professionisti e gli agonisti in genere del nuoto o, tutt’al più, dello sport in generale, capite subito cosa questo significhi esteso ad ogni individuo ed alle limitazioni sui campi su cui può esprimersi.
Beh, certo, questo ridurrebbe il fiume di critiche e giudizi superficiali che inondano non solo FB.
Però… chi deciderebbe ed in base a che, gli argomenti su cui Tizio può esprimersi?
E soprattutto, conoscendo di persona, o dal profilo FB, alcuni di questi, non mi pare proprio che essi limitino i loro giudizi ai campi di loro pertinenza. Anzi !! Anche per costoro, evidentemente, la coerenza non è un valore, o, per dirla in altro modo: “Sono tutti finocchi col culo degli altri”.

Passeggiata sul Brenta
A me è successo, in un mio post su questo blog, di citare una frase di un noto personaggio, che poi è risultata falsamente attribuitagli.
Ma l’ho lasciata, perché la condivido e mi spiace che non sia stato lui a dirla !!
La prossima volta starò più attento. L’importante è che, quando esprimo le mie di opinioni, io sia sempre attento e ci rifletta. Soprattutto, sono opinioni, anche critiche e dure, espresse sempre a partire da me e dal mio vivere quotidiano.

D’altronde, questo superficiale e stolido modo di esprimersi e fare, pare essere la regola, oggidì.
Prendiamo i tristi fatti del capodanno a Colonia, dove numerosi extracomunitari hanno palpeggiato e, in alcuni casi, usato violenza (stando alle denunce fatte alla polizia), a decine di donne tedesche.
L’ineffabile Boldrini, riportano i mezzi di informazione e non mi risultano smentite, ha subito sminuito l’accaduto definendolo “Mancanza di rispetto”.
Sia mai che qualcuno punti il dito accusatore contro i suoi protetti !!
Il dito accusatore l’ha invece puntato chi ha criticato i tedeschi che “non hanno difeso le loro donne”. Le “loro donne”? Ma se sono anni che femministe della tarda ora e pavidi maschietti consenzienti se la prendono col potere maschile, inneggiano alla libertà ed autonomia delle donne oppresse dai maschi, poi, quando scende in campo la “legge del più forte”, quelle stesse donne pretendono protezione dallo stesso maschio vilipeso e schernito ripetutamente ?!?!

Passeggiata NEL Brenta
Potrei continuare in questa vetrina del femminismo becero e dell’inane servilismo maschile, che fa il paio con una cultura del corpo esteriorizzato ed alienato, citando lo scandalo per la vignetta sulle “coscione” della ministro Boschi.
Scandalo che ha saltato a piè pari la conoscenza dell’autore, da sempre impegnato ad usare la nudità dei potenti come arma di sberleffo. Quando denudati e ridicolizzati furono Bersani o Berlusconi, le e gli stessi schierati a difesa della Boschi non gridarono allo scandalo.
Ed ho il dubbio che se a essere definiti “cicciottelli” fossero stati degli olimpionici maschi, tutto sarebbe passato inosservato.
Però, ricordo che quando Brunetta venne definito “nano”, ben poche voci scandalizzate si alzarono a sua difesa, mentre molte lo fecero per … difendere la categoria dei nani.
D’altronde, ad un’atleta che tira con l’arco o con la carabina, non è certo richiesta la prestanza fisica. Dunque, alterarsi per un “cicciottelle” mostra un profondo lato di insicurezza e fragilità caratteriale nelle stesse e in tutte le donne e gli uomini che con loro si sono schierati.

Un po’ a malincuore mi allontano dalla riva del fiume, ascoltando il fragore delle acque che si stempera tra i massi e defluisce sotto la mole del Ponte Vecchio.

Ascoltarsi corpo, ascoltarsi sé fisicoemotivo. Sapere che la mia identità, come quella di tutti, sta nel centro della mia rappresentazione del mondo e che ambedue fondano sul terreno dei flussi percettivi, devono essere connotate di senso, ovvero l’identità è il senso di sé. E giocarsela a viso aperto.

 
“… c’è un suono del vento che è melodia e non superficiale rumore di fondo, del mondo. Ascoltatelo”
(Alessandro Caredda)

 
Sabato 13


“Chi ignora Marte, non ha conosciuto l’Arte”
(Confraternita cavalleresca del V Vangelo)

 
L'ultimo arrivato
La lama, nera lingua assassina, fende l’aria, tracciando volute di sangue e strazi di carne.
Salire su ogni onda che monta, come fosse possibile cavalcarla, come fosse possibile scordare il bruciore degli aculei nostalgici della memoria, quelli che parlano di scontri e nemici affrontati negli anni accesi del mio ’68.
Non sono certo un’anima scontenta, solo perché le briciole di una melanconia più vasta mi grondano addosso. Pago ogni giorno il sapore di stare fuori dal gregge, di non reiterare l’abitudine, di sfuggire alle fauci del consumo senza uso.

Il coltello scivola svelto, tiri di scherma nella mia ora di formazione marziale, seminascosto tra i cespugli del fiume.
Cerco la posa, la mira precisa, la finta che inganna. Brucio ricordi e mi avvento su un futuro da costruire.
Tirar di coltello, agire d’acciaio, non puoi farlo davvero se non te la giochi in prima persona, se ti spaventa farti male nel cuore, se col coraggio delle tue azioni ti manca pure quello dei tuoi pensieri, se parli bene e nel coro e pensi male perché fa moda.

Sopra di me, il cielo sembra una volta messa a rovescio. Respiro, un angolo di lotta e di scontri in gola.
Ogni assalto di coltello è un’impresa, nervi saldati nell’acciaio.
Maniago città dei coltelli
Altro che corsi sul coltello e le lame tenuti dal solito, energumeno o fighetta che sia, che mai si è giocato la vita in uno scontro reale di strada.
Non è mai stato, per me, il tempo degli stili e delle mode o del facile business ad accalappiare nerd imbruttiti o “combattenti” da palestra.
E’ il tempo in cui far morire ogni speranza, perché il tempo è fatto di occasioni. E uno le occasioni se le crea.

Poi, per chi voglia danzare, sarà leggero e potente, o prepotente, il farlo sul pavimento impervio della vita.
Purché sia, fino in fondo, la vita tua, la mia.
Perché, come sa chi questa strada percorre già, Marte non è divinità che possa facilmente essere conosciuta, che a conoscerla sono solo coloro che contengono dentro di sé impronte del ferreo metallo e questo metallo sanno forgiare.

“Gli antichi si dilettavano a cantar la natura: fiumi, montagne, nebbia, fiori, neve, vento, luna. Bisogna armare d’acciaio i canti del nostro tempo. Anche i poeti imparino a combattere”
(Ho Chi Minh)

Incantevole Spilinbergo
 






Incantevole Spilinbergo







Lupo, aperitivo con gli adulti











Ciclisti lungo il fiume