martedì 23 novembre 2021

Una giornata di intense emozioni

Danzamovimentoterapia espressivo relazionale

Milano 19 e 20 Novembre 2021

 

La vulcanica Michela, mia mentore e amica da oltre vent’anni, nonché capace professionista a cui mi rivolgo per una “messa in bolla” quando violenze e falsità della vita mi sballottolano qua e là, organizza un seminario con Vincenzo Bellia. (1)

I suoi libri li scoprii dieci anni fa circa, divorandoli letteralmente; la voglia di raggiungerlo nei suoi interventi dalla Sicilia a Torino per studiare con lui, finì smorzata da una situazione economica non florida.

Oggi, a Milano per la presentazione del suo ultimo libro a cui, l’indomani, succede un seminario pratico di

Danzamovimentoterapia espressivo relazionale (2)

non manco né all’una né all’altro.

Al seminario siamo in ventiquattro; al solito esorbitante la presenza femminile: si sa, il maschile del sé corpo non sa nulla, se non farsi gli addominali a tartaruga, gonfiarsi i bicipiti e, i più cool (!!), smaltarsi le unghie inanellando smorfie e mossette alla Maneskin.

by S. Canetti
Il cuore ritma basso e tranquillo, colori di abbigliamenti femminili, promesse di movimento ed emozioni.

E' bizzarra questa sensazione che ho dentro e nemmeno sono uno di quelli che ama nascondersi. Anzi.

Così, subito vengo inondato, travolto, da un’accoglienza aperta, sincera, gentile. La musica, i corpi a disegnare traiettorie ed incroci, mentre Vincenzo e la sua assistente, Barbara, conducono il gruppo, ci accompagnano fuori e dentro il labirinto delle emozioni vissute, masticate, scambiate.

Occhi che non si abbassano né fanno abbassare i miei, aperti sorrisi che si dileguano nella bocca mentre il sudore affiora sulla pelle. Emerge qui il ritratto senza trucchi né ritocchi dell'uomo che io sono, della donna che ho davanti.

by H. Matisse
Ogni fanciulla diversa: quella che gioca accettando con stupore e un filo di apprensione il mio incedere ingombrante, predatorio (beh, quarantacinque anni di Arti Marziali preceduti da una adolescenza sul filo e oltre la legalità sono me sempre e fino in fondo); quella, occhi chiari che non so se di ghiaccio o di cielo, che regge il confronto, quasi mi sfida in un gioco di predazione e fascinazione reciproca, uniti e separati da un sottile filo di cotone; gli occhi scuri e sereni di una giovane ai primi mesi di gravidanza; il corpo che scivola lieve di una rossa minuta e vivace. I pochi maschi, tre oltre a me, che si muovono accanto, mi incontrano, senza alcuna stupida sfida, senza alcun “celodurismo”.

Vi sembra ovvio? A me no. Comprendo il maschile fallocratico, il “celodurismo” che impregna ogni gruppo di Arti Marziali che ho frequentato, e lo impregna spesso anche nelle componenti femminili presenti; lo comprendo perché la cultura dominante lì è sempre fatica, muscoli e forza, in una accezione del combattere peraltro monca, sciocca, che ignora la forza del flessibile, del cedere, dello sferzare della frusta e della sottigliezza letale di un tagliente affilato. (3)

Ma quando il volere emergere, la sfida continua, l’esibizione orale o di corpo la incontro nei vari gruppi di pratiche motorie “dolci”, la vedo sbattuta in faccia da fanciulle che si issano sulla cattedra di pochi libri letti come fossero vangelo e su corpi tanto agili quanto friabili e scadenti nel confliggere, prigionieri di una vitalità di facciata, o incontro fanciulle distanti, quasi schifate alla sola ipotesi di essere avvicinate da un corpo di maschio, beh, come posso non apprezzare, di più, essere riconoscente verso tutte e tutti i partecipanti a questo seminario di Danzaterapia?

in fotoservice.it/blog
Sono danze, e balzi e avvitamenti e giravolte, senza fine; una distesa di emozioni che si estende, si impossessa del corpo mio, suo, di quell’altra, del corpo unico e pure variegato che è ora il gruppo.

Le pene, i dolori non si cancellano, solo diventano leggibili, persino apprezzabili nel diario del quotidiano di ognuno che non può non essere Yin nello Yang, Yang nello Yin.

Non incontro alcuna paura nel cammino, so che occorre fare, si può fare, ciò che si vuole nelle profondità delle emozioni e poi tutto andrà bene: Sarà il dio di ognuno a guidarci.

Il commiato finale, Michela sempre vivace, sempre entusiasta, Vincenzo, umile come sa e può essere solo chi conosce di sé prima ancora che della materia, umile come ricordo pochi Maestri e docenti incontrati in decine e decine di appuntamenti di corpo, che fossero marziali, di combattimento o di pratiche “dolci”.

E’ proprio finita, e spero davvero, al prossimo appuntamento, di incontrare ancora tanta calda ed aperta accoglienza: in questi anni di separazione, in questa società di malaffare e vanità, di ostentazione e falsità, percorsa da uomini e donne ladri e insinceri, predoni e capricciosi, fa bene al cuore trascorrere così, insieme, una intera giornata.

 

1https://www.bellia-psicoterapia.it/chisono-studiodipsicoterapiaepsichiatria-catania

 

2http://audiation-rivista.it/images/articoli/4/25_39.pdf

 

3. Che splendida eccezione noi, ai tempi dello ZNKR. Là dove la porta, ed il cuore, era aperto a tutte e tutti, dove la pratica stessa sapeva di incontro rispettoso della qualità, dell’energia di ognuno.

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

lunedì 15 novembre 2021

Un tramonto rosso di passione, rosso di sangue

Si assopisce e non ha pensiero del presente la mia compagna di viaggio, tutto è semplice adesso. Ogni domani è scritto, ma lei non volta mai le pagine.

Ti ha portata Settembre. Io, un caro amico d’Ombra e mio figlio Lupo, ai margini di un bosco tra spari di pistole alla ricerca di un effimero successo: una gara, ogni gara, è solo un gioco che si ubriaca nel delirio autentico della vita dove o vivi o muori, non giochi mai.

Quanti anni durerà la dolceamara narrazione di due sguardi, di due mani, di un lucido tagliente acciaio? Che io sono solo il testimone di una narrazione che viene da un luogo lontano, da un secolo lontano; non sono, non posso essere, il padrone, solo il testimone.

Se io calpestassi una saga tutta scritta, direi che questo tempo che ci attraversa ci appartiene da sempre. Ma non sono che un uomo, un testimone, tra mille e centomila, e tu non sei che una femmina incontrata a Settembre, so che un mese e un taglio dona e un altro ci deruba.

Ogni uomo che si fa guerriero arriva da inferni lontani, terrificanti, e lungo questa strada di passione e di sangue non sa mai se sorridere o gridare.

La pratica di Kenshindo, “La Via dello spirito della spada” si strugge nei suoi orgasmi, diffonde semi di morte perché il miracolo della vita affiori a galla, si espanda, sia persino prepotente.

Il dubbio, nell’orgia dei diritti individuali, della vetrinizzazione (1), delle unghie pittate e degli ammiccamenti ambigui, delle fragilità costruire ad arte e in quelle che puzzano di marcio; il dubbio, tra la bulimia di sessuologie di consumo e sesso virtuale (che rischiare di corpo è troppo per queste e questi codardi), tra il godimento che si consuma e il godimento che si abbandona; il dubbio, davanti ai diktat governativi che limitano ogni dissenso, alle furfanterie di politici asserviti alla finanza; il dubbio, stritolati da un potere di repressione e di controllo sociale che offre però un uso smodato e viscido di ogni piacere; il dubbio è che non meritiamo più niente, che ai nostri figli e nipoti non doneremo più niente se non carne morta e individualità pulsionali asservite al dio del consumo.

La certezza è che i tagli, i fendenti che vado menando certo non mi servono a niente, ma io li tengo comunque che non si sa mai, li tengo comunque perché solo tagliando dentro di me, tramonto rosso di passione, rosso di sangue, posso capire e mostrare il mio essere diverso, essere contro, il mio essere guerriero di pace e di buon futuro in questo mondo di prepotenti e delinquenti, di servi ed ignavi. E questo essere guerriero lo posso offrire a chiunque voglia camminare al mio fianco.

“Meglio regnare all’inferno che servire in paradiso” (J. Milton)

 

1. “Il processo di progressiva spettacolarizzazione e valorizzazione che negli ultimi due secoli ha investito i principali ambiti delle società occidentali: gli affetti, la sessualità, il corpo, l'attività sportiva, i media, il tempo libero, i luoghi del consumo, gli spazi urbani e persino le pratiche relative alla morte” (https://www.bollatiboringhieri.it/libri/vanni-codeluppi-la-vetrinizzazione-sociale-9788833917412/)

 

 


 

mercoledì 3 novembre 2021

Perché stiamo così bene

In definitiva il Tai Chi è molto di più di una mera serie di movimenti corporei. Alla base del Tai Chi vi è una unica teoria, basata sull’antica cultura Cinese, riguardo l’importanza di muovere l’energia vitale, altrimenti detta qi, attraverso il corpo. Difficilmente si potrà praticare il Tai Chi in assenza delle sue radici culturali

(citato in https://www.zenon.it/tai-chi-chuan-esercizio-fisico-o-pratica-terapeutica/)

Ma, come già ho scritto più volte, noi sappiamo che nessun modello ha legittimità descrittiva generale e metacontestuale. Ogni modello è culturalmente definito: ha senso all’interno delle condizioni (antropologiche, culturali, sociologiche) in cui è nato, in relazione ai bisogni ed alle aspettative della comunità che gli ha dato vita. Stiamo parlando di una pratica cinese, dalle fondamenta taoista, che la leggenda vuole nata nei primi secoli dopo Cristo, mentre le prime notizie storiche documentate risalgono ai primi decenni del 1800.

by Mavuriku
Alla faccia, in Italia negli anni 2.000, di Maestri e praticanti in vestitino simil-cinese di raso, che snocciolano termini cinesi pronunciati con inflessione dialettale pugliese o milanese, che frullano in un unico mischione teorie New Age, cosmogonia taoista, gesti e movimenti copiati da uno schema dato, a volte nozioni spicciole di neuroscienze e sempre quant’altro faccia vendere il prodotto al Sifu e faccia apparire come simil – monaci ed alfieri della salute e della saggezza gli incauti praticanti. Qui, in questa fiera della vanità e della superficialità, in totale assenza di una antropologia culturale studiata e vissuta, dove stanno le “radici culturali” del Tai Chi Chuan, del Chi Kung?

Difficile, credo, far convivere fino ad amalgamarle, la visione taoista “passiva”, assecondante, in cui tutto ha un senso in sé e che non prevede l’intervento manomettente dell’uomo, (“Il Tao è quindi associato alla vita e all’uomo, è come un fiume che scorre a cui l’uomo dovrebbe abbandonarsi con fiducia, lasciandosi modellare dalla sua naturalezza e dalla sua armonia, in modo da realizzare con spontaneità la propria vita ed il proprio destino Ming. https://www.scuolatao.com/approfondimenti/il-tao-nelluomo-o-luomo-nel-tao/) con la nostra visione di causalità lineare di causa ed effetto che non solo prevede ma auspica l’intervento dell’uomo.

Ho già scritto di una possibile sintesi che rintracci nella causalità circolare la prassi secondo cui le azioni in un sistema si influenzano reciprocamente e dunque si legittimi l’intervento umano come espressione altra ma comunque inscritta nel mutevole equilibrio dell’ambiente e di ciò che accade. Non più “un inizio e una fine ma solo un sistema interdipendente di reciproca influenza tra i fattori in gioco” (G. Nardone). Ogni variabile, dunque anche l’intervento umano, si esprime in funzione del suo rapporto con le altre variabili ed il contesto situazionale, senza egoismo o delirio di onnipotenza.

Con gli anni, gli oltre quarant’anni di pratica di corpo, movimento e Arti Marziali,  mi sono convinto che nella pratica corporea intuitiva (Movimento Intuitivo, così ho chiamato la mia ricerca)  come nella pratica marziale e di bellessere propria anche del Tai Chi Chuan, come io la propongo, se colta nell’autentica origine e interpretata con la consapevolezza di essere nel XXI secolo, prende corpo una pulsione, una direzione di potenza che, in perenne convivenza, per dirla nei termini della nostra cultura che sa di Grecia antica, tra Eros e Thanatos (amore e morte) ci invita sfrontatamente a misurarci con un’energia interna (Chi o Qi, che alle origini della nostra cultura “occidentale” era pneuma) impossibile da captare in toto, una forza tanto tumultuosamente libera quanto perentoriamente attraente, sorta di irresistibile richiamo.

Questa pulsione si strugge per l’opposizione che incontra o provoca, per la propria tensione, insomma per il continuo strapparsi a se stessa in cui consiste: ancora Thanatos che non si oppone ad Eros, ne fa parte.

Sorta di grido ad affondare nel silenzio, personalmente colgo qui la possibilità concreta di

un movimento intuitivo, dunque del tutto lontano, alternativo, alla ginnastica, al fitness, alle pratiche di benessere estetico e consumistico ora tanto in voga,

quanto di

una pratica di combattimento (Thanatos) e salutistica e generosa verso sé e gli altri (Eros) come era il Tai Chi Chuan

che rintracci le origini millenarie della cultura d’Asia coniugandole con le esigenze dell’uomo moderno.

Un uomo che voglia partecipare attivamente del mondo suo interiore e del mondo, dell’ambiente che lo circonda; che sappia coraggiosamente e sinceramente abitare, per dirla ancora nella nostra di cultura: xenos (che è ospite ed ospitato, amico e nemico … così come yang è anche yin!!) sia l’amalgama delle sue diverse personalità interiori che il confrontarsi con le diversità fuori di lui, anche opponendosi quando sia convinto di essere nel giusto.

Lascio così andare il ricordo di una situazione ridicola, ad una festa del Tai Chi Chuan, in cui un Maestro ostentava nel suo stand la bandiera dello stato cinese, quello stato repressivo allora con il Tibet che, anche oggi, perseguita gli uiguri o i praticanti Kung Fu della Falun Gong o attenta alla libertà di Taiwan: che c’azzecca col taoismo il sostegno alla politica dello stato cinese?

Lascio andare i vari praticanti in abitino simil – cinese che imitano gesti e movenze senza alcuna consapevolezza di sé corpo, sé fisicoemotivo. I quali pure ignorano che ogni esperienza umana sopravvive, si arricchisce e trova fecondità solo se capace di continue trasformazioni, solo rischiando continuamente di “perdersi”, senza una destinazione prefigurata, ma godendo del viaggio, di una destinazione che forse è destinerranza.

Che c’azzecca col taoismo, con “La parte migliore del Taiji non è la forma esteriore, ma la crescita interiore” la ripetizione pedissequa di forme e figure, l’avere un corpo invece di ESSERE CORPO, l’andare in palestra a praticare Tai Chi due ore la settimana dentro una vita quotidiana tra ufficio, università, moglie o marito, rate per l’automobile? Quanto sanno e come provano a coniugare l’essenza taoista con il loro essere umani del XXI secolo?

Io, noi Spirito Ribelle, invece andiamo incontro a Poteri Potenti.

O, almeno, io, noi Spirito Ribelle, ci proviamo. Anche per questo stiamo così bene!!