“A
me non interessa il mondo. Mi
interessano le persone con le quali vivo: il resto del mondo è tutto nei
giornali. La mia famiglia, i miei vicini, sono loro la mia vita”
(C.G. Jung)
Gli
allievi che sono passati di grado nel Wing Chun Boxing e nel Tai Chi Chuan e
chi è passato nel Kenpo ma aveva “mancato” i festeggiamenti “estivi”. Sono loro
i protagonisti e, con loro, chi ha condiviso le botte e le sudate o chi,
semplicemente, comunque gravita attorno alla Scuola.
Porte
aperte, come aperta è l’accoglienza, lo scambiare idee ed esperienze.
Grandi
bevute, ottimo il mangiare, intense le chiacchiere.
Mi
ritrovo a sorridere, sbirciando le semplici movenze femminili di Angelica,
l’espressione sorniona di Giovanni, il gran daffare di Tina, lo sguardo intenso
di Renato, il volto sereno di Roberto.
Ripenso
alle parole di Jung che ho messo “in testa” a questo post.

L’ho
volto convinto che la mia di maturazione e trasformazione passi attraverso la
relazione con chi mi è accanto; convinto che, per dirla “alla grande”, anche la
comprensione e la trasformazione del mondo più lontano, sia possibile solo attraverso
la maturazione, il confronto, la trasformazione di ogni singolo individuo.
Allora
la pratica marziale, intesa come via di apprendimento all’equilibrio, alla
semplicità; come pratica di individuazione e crescita attraverso il
confliggere.


Allora
questa minuscola Scuola, che vive da più di trent’anni proponendo a chi vi
entra di costruire insieme una cultura adulta e guerriera ( “che sa stare nei
conflitti” ), in cui ogni praticante, tra queste mura e nella sua vita privata,
sia artefice del proprio vivere. Un adulto che, come ricordo spesso,
quand’anche non potrà sempre scegliere liberamente cosa gli accadrà, sarà però
in grado di scegliere liberamente cosa fare di quel che gli accadrà.
E,
allora, per questa sera, dopo il gioioso “casino” ludico del corso Bimbi /
Ragazzi, dopo l’aggressività esplosiva del Wing Chun Boxing, dopo le avvolgenti
pratiche guerriere del Kenpo … “E’ qui la
festa?”
“Siamo
nell’era dell’uomo mediocre, che è ottuso, noioso, incolore: ma inevitabilmente
vittorioso. L’ameba vive più a lungo della tigre perché si divide e continua
nella sua immortale monotonia”
(Trevanian)
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