“I
nostri figli sono nel tempo di una libertà di massa nella quale l’isolamento
cresce esponenzialmente insieme al conformismo. La loro responsabilità cresce
precocemente, ma sempre più raramente possono incontrare negli adulti incarnazioni
credibili di cosa significa essere responsabili”
(M.
Recalcati)
Schegge di tristezza, lembi di sradicamento.

Giorni intensi, questi.
Questi in cui ho
visto “The grey”, film di forte
impatto emotivo. Tra lupi, oscure e feroci presenze dentro ognuno di noi e che mi rimandano al bellissimo
“Il richiamo della foresta”, libro
per ragazzi che dovrebbe invece stare sul comodino di ogni adulto maschio. Tra
un cacciatore, un predatore uomo la cui preda finale è se stesso, in un culmine
d’amore e tenerezza verso la donna che gli è accanto e di maschio altruismo
verso i compagni di disavventura.
Sullo sfondo, l’ululato del
lupo.
Questi in cui, in un casolare tra le colline bergamasche,
ho guidato un gruppo di maschi a sentirsi branco, a riconoscere le reciproche
differenze come risorsa per essere maschi insieme. Come risorsa per fare
gruppo, per “cacciare” insieme. Li ho condotti, mano nella mano, tra le spire
delle corporeità fisico emotiva, della motricità intelligente ed efficace che
attinge al sapere “dentro”.

Dodici uomini adulti che si stanno cercando come maschi
consapevoli ed auto diretti in un percorso di terapia intensa.
Con loro, Giovanni, che mi
ha accompagnato nell’impresa. Insieme, ora che il buio della sera è diventato
il padrone assoluto, lasciamo il casolare, le colline gonfie, il silenzio delle
ombre immobili, per tornare nell’affollato deserto di cemento della nostra
Milano.
Questo di giorno, in cui osservo, a troneggiare sul
Katanakake, “Lupo di Settembre” e “Lama Danzante”. L’acciaio che dona la
morte.
Sì, è Domenica, sono solo in casa. Perché Monica e Lupo
sono a Bassano del Grappa, certo, ma sono solo di una solitudine dentro, che sa
di stanchezza e disorientamento. Mentre mastico schegge di tristezza, lembi di
sradicamento.
E mi assumo la responsabilità di questo mio vivere, per
quanto lo sarà.
“A
noi dispersi dal tempo
non
è rimasto altro che
una
traccia
lasciataci
dalla natura.
A
noi – navigatori solitari –
non
è concessa
la
stella dei ricordi,
solo
un lieve palpito all’imbrunire.
Lasciate
che il mio cuore
non
gema
per
le piaghe infette
da
cui è ricoperto.
Ridete
pure della mia solitudine
perché
a noi, dispersi dal tempo,
non
è concesso altro che
il
turpiloquio”
(N.
Fanizzi)
Le immagini, a parte quella raffigurante i miei katana,
mostrano opere di Art Brut.
Sono giorni che voglio postarti una riflessione... tu scrivi qui ma quando siamo vicini non dici niente, questo mi ha fatto metter giù un paio di pensieri
RispondiEliminaChe strani siamo noi, pronti a ricevere, ma difficili a chiedere e nello stesso tempo accettare da chi e cosa ricevere. Anche dare ci risulta difficile, un po' per paura di esser rifiutati un po' perchė non sappiamo se riusciremo a dire no quando ci sarà chiesto di più. Esser disponibili a volte viene scambiato come voler avere una relazione amorosa o fare un contratto: mi hai dato, in futuro non potrai fare di meno. Perché? Cosa mi obbliga a dare di più e cosa mi obbliga a esser in debito, con chi mi ha donato? Mai stati abbandonati? Quanto abbiamo disprezzato la persona che l'ha fatto, ci ha fatto soffrire eppure... essa ci ha regalato il ricordo di splendidi momenti vissuti e quindi la nostra maturità, se siamo ancora qui anche la nostra forza. L'essersi allontanata da noi equivale ad un abbandono o un voler crescere da sola? Certo cosa diversa è l'allontanamento forzato... Un'altro pensiero, non si vive di soli ricordi ma essi ci aiutano ad apprezzare la nostra vita e se usati con abilità a migliorarla così come accade attraverso le relazioni (conflitto e accordo) con le persone che ci stanno accanto o che si sono dovute allontanare.
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