
Ma ognuno di noi sa, anche se fatica ad ammetterlo, che è unico in questo mondo.
Qualcuno, ci prova a tenere testa, a vivere una vita di confine, fuori dalle consuetudini, ad attraversare il mondo incidendo segni e segnali in ogni cosa, in ogni relazione che incontra. Che appaia agli sguardi o si nasconda nell’antro della penombra, qualcuno c’è ancora a camminare solitario tra noi.

Impugnare un katana nel terzo millennio, italiani
di nascita e di paese armati di acciaio
medioevale che viene dal Giappone: pare
una follia, è uno sberleffo al conformismo imperante.
E’ imperio a mai dimenticare chi sei, perché sicuramente
il mondo attorno a te non lo dimenticherà. Allora trasforma chi sei nella tua
forza, riconoscendone l’Ombra, così non potrà mai essere la tua debolezza.
Nel Dojo, i guerrieri in keikogi si muovono piano,
portando in superficie, cuore che pulsa forte e mani potenti, il meglio che possono.
Una pratica d’acciaio mortale che prende la mano, frugando in un cuore
solitario che batte solo per ognuno di noi, per poi concedersi al cuore grande
del gruppo. Minuscolo gruppo di ultimi rimasti a combattere per conoscersi, crescere e donarsi adulti consapevoli.
Come probabilmente, da qualche parte, fanno altri gruppi a noi sconosciuti, ai
più sconosciuti, perché anche loro come noi privi di belletto e cipria a fingersi
star. Quel “belletto e cipria”, comunque li si chiami, atti a mistificare una
qualità, a vendere un prodotto, come società dei consumi reclama.
“Belletto e cipria” per giustificare una
personalità che non si è liberata di un padre castrante e disconfermante e
perciò abbisogna di gonfiare il proprio ego e di squalificare chi ha accanto,
figli, partner o allievi che siano, nella ripetizione di un “copione” servo e
modesto; di celare la propria vulnerabilità dietro un trucco osceno e pesante,
invece di farne la fragile forza intima del proprio cuore.
Se, come recitano i testi di scherma, la lama è un prolungamento del tuo braccio,
allora puoi forse lasciar cadere il tuo braccio ? Certo che no !

“Esiste un solo dio e il suo nome è morte. Ed
esiste una sola cosa da dire alla morte: non oggi”
(G.R.R. Martin)
un paradosso della vita stessa, che per quanto ognuno di noi è solo, nel compiere le proprie scelte ha bisogno dell'altro per conoscersi. Ma questo include grandi responsabilità, che se non è facile scegliere lo è ancor meno pagare in prima persona il prezzo delle proprie scelte. In un mondo in cui tutti delegano altri per le proprie azioni :
RispondiElimina"è colpa tua"
"chiamo il mio avvocato"
"il medico non le ha salvato la vita"
sempre colpa di qualcun altro...io stesso, ancora a volte,sempre meno per fortuna, incolpo le mie spalle che si contraggono, come se han vita propria...e quando subito ci penso mi dico "ma Io sono le mie spalle".
E l'acciaio scintilla nelle remote profondità del bacino, come nelle buie curvature del cuore e mostra verità e menzogna tra la melma del Nigredo e l'acqua sulfurea che bagna gli zoccoli dei satiri, ai piedi di quel vulcano dove crescono i fiori di loto.
Acciaio, che catalizza pulsioni, ti rivolta le viscere come un calzino,che mostra limiti invalicabili, e a volte altre direzioni per aggirarli.
e quel belletto e cipria assente che fa spaventare i più quando ti guardano come fossi un folle: "lame affilate?" . Folli sì, caotici ed erranti e non, comodi giocatori di playstation, masturbatori cerebrali tra le mura "protette"(?) del divano di casa.
Il kissaki, dove posa il kokoro..il cuore pulsante dell'acciaio che è lo stesso del guerriero, nudo di fronte alla morte e alla vita. E cadute e nuove ferite, e sempre in piedi, comunque cosciente che potrai cadere ancora, scevro da deliri di onnipotenza..che l'acciaio sibila, come una serpente pronto a divorare..per po tornare tra le spire solitarie e avvolgenti.