Piove, ed acqua come manrovesci nient’affatto materni a
sbattere su case, alberi e figure umane.
Il verde, come tinto d’intenso.
Mi muovo rapido.
Non è che la pioggia la scansi.
E’ un furtivo e insieme potente agire nello spazio.
E’ il danzare Kenpo
Taiki Ken, che sprigiona energia pura, falciate e percosse letali.
Il corpo marziale si costruisce giorno dopo giorno,
esercizio dopo esercizio, e pure atteggiamento quotidiano: seduto a tavola,
camminando a zonzo per incantevoli borghi antichi, incrociando le chiacchiere
di un vicino curioso.
Mani rapide, mani svelte.
Amo
il Kenpo
Taiki Ken,
la sua animalità selvaggia, percussioni prepotenti che si
coniugano con una dolce flessibilità; la sua innocente vulnerabilità che ti
sorprende schiantandoti al suolo, facendoti a pezzi.
I pugni fioccano in ogni direzione, calci bassi ed alti si
alternano senza sosta; schivo, evito, balzo in avanti tagliando diagonalmente,
soffocando ogni via di fuga.
Amo
il Kenpo Taiki Ken.
Le prime ombre della sera ammutoliscono grevi; il
silenzio, la calma tranquilla si espande, fagocitando i piccoli rumori senza
senso.
Pochi semplici gesti a lasciar scemare le onde
tempestose, il vento fattosi bufera, gli artigli del predatore, le mani
misteriose, che compongono il Kenpo
Taiki Ken.
Come un illusionista soddisfatto dell’incanto creato, del
velo di stupore steso tra gli attoniti astanti, chiudo il mio gioco marziale.
Mistero e potenza.
Io
amo il
Kenpo
Taiki Ken
Agosto:
Immagini tratte dalla mia formazione marziale e dalla gita ad Arquà Petrarca.
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