Usciamo
dal Mudec, alle spalle la mostra dedicata a Bansky,
A visual protest. The art of Bansky
il
misterioso graffitaro britannico, ormai di fama internazionale.
Parte 1
Le
domande di Monica, preziosa compagna di viaggio, si susseguono rapide.
Così,
alla rinfusa, ecco quel che le rispondo:

- Il
suo stile è ormai non più sorprendente: crea un’immagine e, dentro l’immagine
stessa o nello sfondo, inserisce un elemento dissonante, a volte critico a
volte disturbante a volte semplicemente carico di “nonsense”.
Molto
provocatorio e molto bravo lui nelle sue intense realizzazioni ma, prima di lui
ci furono altri, per esempio un tal René Magritte (1898 – 1967), che “voleva
che i suoi quadri provocassero nell’osservatore una frattura rispetto
all’insieme delle nostre abitudini mentali per portarlo ad interrogarsi sulla
natura della realtà che lo circonda senza affidarsi agli automatismi dati dall’esperienza”
(G. Favero in “La chiave di Sophia” n.5
anno III).

- Infine,
che senso ha avuto spendere soldi e recarmi in un museo a vedere le opere di un
artista che boccia implacabilmente ogni raccolta di opere, ogni luogo deputato
a mostrarle, che si considera un integerrimo detrattore della mercificazione
dell’arte e del collezionismo, che rifiuta ogni esposizione museale?
Non
è che, recandomi al Mudec a vedere una raccolta di suoi lavori, sia stato come
dare del “pirla” a lui e, ohibò, pure a me?
Parte 2
Per
altro, la visita al Mudec
è stata l’occasione per sperimentare
un
modo di relazionarmi alle opere artistiche
affidandomi
consapevolmente al mio essere corpo,
alla mia corporeità.
Mi
sembrava davvero giunto il momento per me, che sono un convinto sostenitore
dell’uomo come individuo fisicoemotivo, del corpo come “matrice di segni”, io
che lavoro sull’osservazione dei comportamenti psicosensomotori e sulla lettura
delle ‘tracce espressive’, di
affacciarmi
su delle opere d’arte attraverso me
corpo.
Sono
stati semplici gesti, primi approcci di una pratica che avrò da sperimentare
più e più volte e che, ne sono sicuro, sarà sempre in grado di sorprendermi nel
suo evolversi con me, con me individuo necessariamente in sintonia e sinfonia
con gli altri esseri viventi e con lo scorrere del tempo che influisce su cosa
e come io sia.
Un
ponte, una relazione tra essere, osservare, stare nel corpo in cui
l’avvicinarsi ad un’opera d’are sia anche un affondare nei meandri della mia
corporeità.
Una
Sinestesia (3), che è capacità
innata, involontaria e inestinguibile in tutti gli esseri umani, di vivere
simultaneamente diverse sensazioni alla stimolazione di una qualunque di esse,
quanto anche dispositivo psicofisiologico con cui una qualsiasi
rappresentazione sensoriale può collegarsi a una data emozione attraverso altre
rappresentazioni sensoriali.
Allora
una volta provo, tento, piccoli gesti, piccole intenzionali differenze
posturali, tra mani rilasciate e aperte con i palmi rivolti in basso oppure
braccia conserte davanti a sé; peso ad affondare nel terreno quanto, invece,
l’oscillare avanti ed indietro.
Un’altra
lascio che sia quanto vedo consapevolmente con gli occhi ad influenzare il mio
tono muscolare, il ritmo del mio respirare.
Scopro
e riscopro come la struttura delle tensioni muscolari condizioni i movimenti,
il portamento e i tratti momentanei del mio umore; faccio della postura un
indizio di un certo stato emotonico.
Insomma,
ho provato, in un rapporto sano che come tale è sempre di influenza reciproca
la cui quantità / qualità sempre varia, ad accostarmi alle opere di Bansky
fondando tale approccio sul mio bagaglio di esperienza e pratica corporea,
quella che, in vario modo, mi fa operare nella veste di Body Counselor (4) e praticante docente - facilitatore
di pratiche del combattimento, di Arti Marziali.
Inevitabile per chi, come me, sia convinto
dell’importanza
della consapevolezza nella propria fisicità in ogni momento,
in
ogni gesto ed incontro della vita quotidiana;
che
di questa consapevolezza faccia un percorso
di
individuazione, crescita e trasformazione.
Per
sapere sempre meglio di me e di come io stia al mondo assumendomene la
responsabilità, individuo adulto autodiretto ed aperto, non servo, ai Misteri.
1. Epistemologia:
“Il termine, coniato dal filosofo scozzese J.F. Ferrier, designa quella parte
della gnoseologia che studia i fondamenti, la validità, i limiti della
conoscenza scientifica ( episteme). Nei paesi anglosassoni il termine è
prevalentemente usato per indicare la teoria della conoscenza o gnoseologia.”
2. Cappuccino:
Latte e caffè danno origine al cappuccino. Una volta tale, è impossibile
separarli di nuovo. Il diverso dosaggio dell’uno e dell’altro, invece, cambia
il sapore del cappuccino stesso.
3. Sinestesia:
“In medicina e psicologia, fenomeno per cui alla stimolazione di un senso
corrisponde la percezione da parte di più sensi distinti; figura retorica che
consiste nell'associazione di parole relative a sfere sensoriali diverse” (in https://unaparolaalgiorno.it/)
4. Body
counselor: Il counselor, professione diffusa nel mondo anglosassone e solo da
una dozzina d’anni operante anche in Italia, è un esperto di comunicazione e
relazione in grado di facilitare un percorso di autoconsapevolezza nel cliente,
affinché trovi dentro di sé le risorse per aiutarsi affrontando momenti di
crisi e difficoltà sia personale che relazionale, quanto problemi specifici
(claustrofobia, tabagismo, aerofobia ecc.). Il “body counselor”, nella
relazione col cliente, si avvale principalmente di un accesso corporeo che fa
uso del contatto fisico, della respirazione, del rilassamento / rilasciamento
muscolare, di pratiche vivificanti.
Mudec,
Milano
21.11.2018 14.04.2019

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