Con Piero, amicizia pluri-cinquantennale, al Mudec.
Sensazioni profonde, dove il mondo mostra un’ombra che
taglia e ferisce dentro la carne. Pare che quelli che sanno le cose non
parlino, piuttosto gridino, lacerando la calma piatta di chi, ordinariamente, è
sonnambulo ma crede di vivere sveglio.
“Il
partito preso dell’Art Brut è quello che si oppone al partito preso del sapere,
ciò che l’Occidente chiama (piuttosto rumorosamente) la propria ‘cultura’. E’
il partito preso della tabula rasa. Le sue truppe non indossano alcuna
uniforme, non vestono toghe o ermellini e non si fregiano di titoli gloriosi
(…) Vagabondi, veggenti dagli ostinati soliloqui, non brandiscono diplomi bensì
stampelle e vincastri; sono gli eroi dell’arte, i santi dell’arte”
(Jean
Dubuffet)
In ogni tempo, in ogni area
artistica, ci furono e ci sono anche ora le minoranze ribelli.
Anche, è certo, nel campo del corpo e del movimento, nomi e
metodi diventati famosi, almeno nella nicchia dei ricercatori, o rimasti
sconosciuti. Per restare al secolo scorso e agli inizi di questo, ecco Moshe
Feldenkrais, Milton Trager, Josef DellaGrotte, Rudolf Laban, Bonnie Bainbridge
Cohen, Orlando Cani, Linda Kapetanea e Jozef Frucek, Ido Portal; pure nel vasto
campo delle Arti Marziali pochi pionieri ed esploratori, ognuno a loro
modo, e, alcuni decenni, ci siamo anche noi, ZNKR ora Spirito Ribelle.
E mi riconosco nell’intenso forgiare dionisiaco e
demoniaco, di irrefrenabile tormento ed estasi, di queste opere…Art Brut.
Queste opere hanno voci basse, a volte appena sussurrate,
solo, improvvisamente, urlano “Pietà di me”, per poi maledire il mondo
attorno accogliendolo in un abbraccio. Artisti disastrati, feriti nell’anima,
privi di quella insensibilità che protegge mediocri e prepotenti, chiamati a
pagare le colpe di altri. Zittiti, spaventati, stritolati in maldestre posizioni
ambigue.
“Con
questo termine Art Brut intendiamo opere eseguite da persone immuni da
qualsiasi cultura artistica, persone dunque per le quali, contrariamente a
quanto vale per gli intellettuali, il mimetismo conta poco o nulla; questi
autori, pertanto, traggono ogni cosa (soggetti, scelta dei materiali,
strumenti, ritmi, stili di scrittura, ecc.) da dentro se stessi e non dai
cliché dell’arte classica o dell’arte che va di moda”
(Jean
Dubuffet)
Cosa significa muoversi, agire,
accarezzare il corpo e affrontare il corpo in uno scontro, cosa significa in
quanto esperienza, non certo in quanto tecnica da memorizzare, gestualità da
mostrare. Senza questo fare esperienza si perde ogni comprensione. Si
affoga dentro la mediocrità rigidamente apollinea della mente moderna,
ossessionata dal controllo e spinta dal narcisismo egocentrico, che ogni spazio
di cultura e creatività avvelena con gli strumenti della “lista della spesa” e
del “menù di fatti”, avvolgendo in questo senso triviale e stecchito anche il
mondo del corpo e della corporeità, il mondo delle Arti Marziali.
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