domenica 16 febbraio 2025

L’umano e il bestiale

 La prassi, parto sempre da lì: Prassi, che è corpo che respira, si muove tracciando geometrie delicate nello spazio, si ferma immobile espandendo vibrazioni, donchu, e poi riprende la danza del corpo artista guerriero.

A volte mi sento una pozzanghera che tenta invano di riflettere il cielo, dove perfino il vento sulla pelle mi nega l’illusione mescolando sempre il tempo con lo spazio.

Oramai da alcuni decenni, come ben sa chi mi accompagna, ho, da quelli che furono gli anni iniziali, lentamente e radicalmente cambiato l’impostazione, la struttura del praticare e del proporre la pratica: Da una forma ed una sostanza consolidata e rigida, simile a quel che c’è tutt’ora in giro in Dojo e Scuole, ad una trans-forma ed una sostanza flessibile, aperta al cuore pulsante della vita ed ai mutamenti dell’ambiente. Solo così mi sento di non tradire l’autentico spirito del Bujutsu e del Budo che era ricerca continua e verifica di quanto appreso.

“Essere una comunità di apprendimento che favorisce l’imparare, la capacità degli alunni di acquisire competenze e di saper vivere le proprie risorse nel contesto del mondo moderno”

(D. Novara)

Un cambiamento avvenuto lungo la storia di quell’autentica, ed unica nel suo genere, Scuola che fu lo ZNKR (1980 – 2019) continuato nello Spirito Ribelle (2019). Così offro una struttura che

  • ·         va consolidandosi plasticamente, dunque senza mai irrigidirsi, sclerotizzarsi, attraverso le mie continue ricerche di corpo e movimento, da cui emergono strumenti per la relazione (anche conflittuale che di pratiche guerriere si tratta);
  • ·         viene realizzata dai praticanti stessi nell'atto del fare.

Prassi di scoperta ed assemblamento in tempo reale e riproduzione nel “qui ed ora”, il nostro fare guerriero è un gioco tanto efficace ed efficiente quanto estetico; è percorso di individuazione, di crescita del sé, che cela la sua intenzione perché la ricerca si nutre dell’agire dei sensi, la base fisica dell'immaginazione, di quella che il filosofo Bachelard chiamava reverie.

Io per primo dubito di me e di ogni mio fare, aperto così anche a verità incontrate al di fuori di ogni mio sapere, perché, come scriveva un poeta tedesco “qualsiasi cifra prima o poi partorisce un moloch che a tempo debito ci divora”. E lascio ai sacerdoti, agli esegeti, del dogma e dello stile l’ammuffirsi su certezze dalle fondamenta già incerte e che il tempo corrode (1); e lascio agli improvvisatori, agli “apprendisti stregoni” il gusto di inventare quel che nessun duello reale ha mai testato, di sommare tecniche a tecniche come se un castello di carte potesse essere riparo alle intemperie.

Qui, allo Spirito Ribelle, ogni personale composizione di corpo e movimento è composizione dei cinque sensi più uno, l’intuito, quella percezione che ci immerge nell’accadere degli eventi e decifrarne la portata senza essere a conoscenza di ciò che sta realmente accadendo; capacità di accogliere quel che ci arriva dall’agire nell’ambiente senza deformarlo con le nostre convinzioni, dunque accogliere le sensazioni senza gli occhiali delle percezioni. Come a dire, nel taoismo, zìrán: "autenticità naturale".

Nascono composizioni spontanee che incrinano le nostre certezze su come ognuno di noi si percepisce e dà un senso al movimento, avviando invece una ricerca appassionata su spazio, tempo, flusso, gestualità e con essa il gusto di comporre una nostra personale esperienza.

Esplorazioni di corpo in movimento che invitano persone di tutte le età ed abilità a partecipare alle domande che provocano. Adulti vitali ed erotici. Artisti marziali.

 

1. Leggi sostituendo terapeuti con Maestri / Sifu: “Cos'è una scuola, un orientamento o un modello di terapia e da dove trae origine? All'inizio, qualcuno o un piccolo gruppo ha avuto un'intuizione 'originaria'. E' nata un'idea di come dar senso al parlare agli altri in un contesto terapeutico. Da questa esperienza carismatica originaria, l'originatore (uno o un gruppo) ha sviluppato creativamente ulteriori deviazioni e implicazioni fino a che è stato determinato un tessuto ben definito di comprensione (e persuasione). A questo punto, gli studenti e i seguaci richiedono che l'intuizione originaria e il relativo tessuto ermeneutico siano formulati in modo compiuto e messi per iscritto. Seguono, quindi, testi su testi su come interpretare e una seconda generazione di terapeuti si mette a litigare sui significati e sulle intenzioni originali del caposcuola. La moltiplicazione dei testi e delle prescrizioni dei rituali genera allora le istituzioni. E' qui che terapeuti a metà tempo continuano a destreggiarsi per raggiungere una posizione nella gerarchia di una burocrazia il cui scopo primario è mantenere e aumentare la proliferazione di strutture burocratiche” (B.P. Keeney in ‘La terapia dell’improvvisazione’)



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