A volte mi sento una pozzanghera che tenta invano di
riflettere il cielo, dove perfino il vento sulla pelle mi nega l’illusione
mescolando sempre il tempo con lo spazio.
Oramai da alcuni decenni, come ben sa chi mi accompagna, ho,
da quelli che furono gli anni iniziali, lentamente e radicalmente cambiato
l’impostazione, la struttura del praticare e del proporre la pratica: Da una
forma ed una sostanza consolidata e rigida, simile a quel che c’è tutt’ora in
giro in Dojo e Scuole, ad una trans-forma ed una sostanza flessibile, aperta al
cuore pulsante della vita ed ai mutamenti dell’ambiente. Solo così mi sento di
non tradire l’autentico spirito del Bujutsu e del Budo
che era ricerca continua e verifica di quanto appreso.
“Essere
una comunità di apprendimento che favorisce l’imparare, la capacità degli
alunni di acquisire competenze e di saper vivere le proprie risorse nel
contesto del mondo moderno”
(D. Novara)
Un cambiamento avvenuto lungo
la storia di quell’autentica, ed unica nel suo genere, Scuola che fu lo ZNKR
(1980 – 2019) continuato nello Spirito Ribelle (2019). Così offro una
struttura che
- ·
va consolidandosi plasticamente, dunque senza
mai irrigidirsi, sclerotizzarsi, attraverso le mie continue ricerche di corpo e
movimento, da cui emergono strumenti per la relazione (anche conflittuale che
di pratiche guerriere si tratta);
- ·
viene realizzata dai praticanti stessi
nell'atto del fare.
Prassi di scoperta ed assemblamento in tempo reale e
riproduzione nel “qui ed ora”, il nostro fare guerriero è un gioco tanto
efficace ed efficiente quanto estetico; è percorso di individuazione, di
crescita del sé, che cela la sua intenzione perché la ricerca si nutre
dell’agire dei sensi, la base fisica dell'immaginazione, di quella che il
filosofo Bachelard chiamava reverie.
Io per primo dubito di me e di ogni mio fare, aperto così anche
a verità incontrate al di fuori di ogni mio sapere, perché, come scriveva un
poeta tedesco “qualsiasi cifra prima o poi partorisce un moloch che a tempo
debito ci divora”. E lascio ai sacerdoti, agli esegeti, del dogma e dello
stile l’ammuffirsi su certezze dalle fondamenta già incerte e che il tempo
corrode (1); e lascio agli improvvisatori, agli “apprendisti stregoni”
il gusto di inventare quel che nessun duello reale ha mai testato, di sommare
tecniche a tecniche come se un castello di carte potesse essere riparo alle
intemperie.
Nascono composizioni spontanee che incrinano le nostre certezze
su come ognuno di noi si percepisce e dà un senso al movimento, avviando invece
una ricerca appassionata su spazio, tempo, flusso, gestualità e con essa il
gusto di comporre una nostra personale esperienza.
Esplorazioni di corpo in movimento che invitano persone di
tutte le età ed abilità a partecipare alle domande che provocano. Adulti vitali
ed erotici. Artisti marziali.
1. Leggi sostituendo terapeuti con Maestri / Sifu: “Cos'è una
scuola, un orientamento o un modello di terapia e da dove trae origine?
All'inizio, qualcuno o un piccolo gruppo ha avuto un'intuizione 'originaria'.
E' nata un'idea di come dar senso al parlare agli altri in un contesto
terapeutico. Da questa esperienza carismatica originaria, l'originatore (uno o
un gruppo) ha sviluppato creativamente ulteriori deviazioni e implicazioni fino
a che è stato determinato un tessuto ben definito di comprensione (e persuasione).
A questo punto, gli studenti e i seguaci richiedono che l'intuizione originaria
e il relativo tessuto ermeneutico siano formulati in modo compiuto e messi per
iscritto. Seguono, quindi, testi su testi su come interpretare e una seconda
generazione di terapeuti si mette a litigare sui significati e sulle intenzioni
originali del caposcuola. La moltiplicazione dei testi e delle prescrizioni dei
rituali genera allora le istituzioni. E' qui che terapeuti a metà tempo
continuano a destreggiarsi per raggiungere una posizione nella gerarchia di una
burocrazia il cui scopo primario è mantenere e aumentare la proliferazione di
strutture burocratiche” (B.P. Keeney in ‘La terapia dell’improvvisazione’)
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