lunedì 7 luglio 2025

Ritsuzen in Garfagnana

 Sono i monti della Garfagnana, il minuscolo lago di Vagli, un agglomerato di case in pietra e sassi, ad accogliere me, Monica e la fida Kalì per una settimana di stacco dalla metropoli.


Misterioso il lago, che nasconde sotto le acque il borgo Fabbriche di Careggine, intatto (1). Intensa e impenetrabile la distesa di verde che ci guarda dall’alto.

Adiacente la casetta che ci ospita, spalle al lago, pratico Kenpo Taiki Ken, che è anche Tai Chi Chuan e Pa Kwa, come vuole il ‘modo’ Spirito Ribelle.

Mi soffermo più a lungo su Ritsuzen.

No, non per aumentare il tempo di pratica statica, né per lavorare isometricamente i muscoli: Sono, per me, obiettivi di ben scarso interesse.

Pongo, invece, l’attenzione sul tessuto fasciale.





La fascia

Essa è vero e proprio ‘organo’ in grado di influenzare tanto la nostra salute quanto efficacia ed efficienza motoria, gestuale.

Mantenerla idratata ed elastica è parte integrante della formazione Spirito Ribelle, anche perché la fascia partecipa attivamente a sostenere la forza nei nostri gesti accanto al binomio muscoli e tendini.

Come ho imparato nel lavoro di Body Mind Centering (grazie Eleonora, docente impareggiabile!!), esplorare i tessuti fasciali consente di comprendere il legame mente / movimento.

Inoltre, la pratica di contatto propria delle Arti Marziali funge da canale di comunicazione per accedere a strati profondi del corpo e della coscienza.

Come può Ritsuzen essere questo?

Ecco alcune semplici (ho scritto ‘semplici’, non facili!!) passaggi:

  • Inizia portando l’attenzione a discernere tra impalcatura scheletrica, muscoli, organi interni e, seppur indistintamente, quel generico impasto che li avvolge, notando come cambia la sensazione di te - corpo. Questo stimola una consapevolezza incarnata, non solo teorica.
  • Entra in risonanza, attraverso il tatto, con la materia esterna che avvolge il te – corpo: L’aria sulla pelle nuda e le sue variazioni (temperatura, intensità ecc.); la stoffa dei vestiti là dove il corpo è coperto cogliendo la differenza tra i diversi tessuti e le loro specificità (peso, consistenza ecc.) aprendoti ad un ascolto sottile, lasciando che sia il corpo a condurre, esplorando la capacità di accogliere le sensazioni eludendo, per quanto possibile, ogni percezione (2). Questo approccio non direttivo stimola il rilascio e l’integrazione spontanea.
  • Usa l’immaginazione, la reverie (vedi il mio https://tiziano-cinquepassineldestino.blogspot.com/2025/06/corpo-e-immaginazione-le-pratiche.html ) per facilitare l’accesso ai diversi sistemi corporei. Ad esempio: “Permetti al tuo respirare di diffondersi come una nebbia sottile nella fascia”; “Ascolta il peso dei tuoi gomiti affondare dolcemente in una nuvola di bambagia”. Questo eccita l’immaginario e apre nuove facoltà di micro movimenti nella apparente fissità di Ritsuzen.
  • Porta il tuo essere consapevole al centro del corpo (psoas, diaframma). Da lì, lascia che ogni micro movimento spontaneo si propaghi per il corpo tutto. Ora sperimenta come è lasciarti muovere appena appena spinto dalla tua fascia: Lento, continuo, come onda e / o spirale, oppure a brevi scarti, brevi sussulti. Accogli tutto quello che ti arriva.

Interessante, poi, è sperimentare movimenti primitivi (3) come ondeggiare, pestare i piedi, scuotere le mani. Ma questo è andare oltre la rigorosa pratica di Ritsuzen.


Oltre la fascia

Guardando l’immagine che campeggia qui nel post di me in Ritsuzen, si nota la posizione dei piedi, con i talloni lievemente extra – ruotati rispetto alle punte. Sto cercando un ritorno all’animalità, laddove questa postura richiama quella scimmiesca, il selvatico dei nostri antenati, con ciò aiutando l’immersione in uno stato ‘spontaneo’, nel cervello primordiale, liberando la parte istintuale repressa alla ricerca di un connubio che non sia castrante con la parte ‘educata’, ‘civilizzata’ (4).

Non si notano, invece ed ovviamente (!!) mille altre particolarità, come l‘attenzione posta alle dita delle mani, il lavoro continuo dei muscoli dei piedi, il contatto con gli elementi della Natura e tanto altro ancora. Tutto quello che è bagaglio proprio dello Spirito Ribelle e del nostro unico ed inconfondibile modo di praticare Arti Marziali. Perché Spirito Ribelle è

Uguali a nessuno

 

 

1. https://www.idealista.it/news/vacanze/mete-turistiche/2024/10/08/183517-il-borgo-fantasma-che-vuole-riemergere-cosa-c-e-sotto-il-lago-di-vagli#:~:text=Lago%20di%20Vagli-,La%20storia%20del%20villaggio%20di%20Fabbriche%20di%20Careggine,vita%20prima%20della%20modernizzazione%20industriale.

2. ‘Sensazione’ è accogliere uno stimolo fisico da parte dei nostri sensi, mentre ‘percezione’ è interpretare queste sensazioni, dunque dare loro un significato. In pratica, la sensazione è ricevere un'informazione, mentre la percezione è il comprendere (secondo i nostri canoni) cosa significa quell'informazione.

3https://www.manuelcastro.it/danzaterapia-expression-primitive/

4. Questa postura ricorda quella abituale del Wing Chun. Purtroppo, nel Wing Chun essa è estremizzata e cristallizzata, il che, unitamente alla non consapevolezza dei suoi risvolti tra filogenesi ed ontogenesi, la depaupera di ogni significato e di ogni possibilità di crescita del praticante.

 

 









 

venerdì 4 luglio 2025

Più lento, più profondo: Il potere della quiete nel gesto.

 ...solo quando rallentiamo possiamo ascoltare quella voce interiore che ci orienta verso ciò che conta davvero...

...la lentezza ci espone al vuoto, all'assenza di distrazioni...

... la lentezza invita a riconciliarci con la nostra interiorità...

Questi sono pensieri dell’antico e venerabile Maestro...NO!! Sto scherzando.

Sono alcune frasi enucleate dall'editoriale, a firma Elisa Giraud, che apre il numero di Giugno - Ottobre 2025 della rivista

" La chiave di SOPHIA"

dedicato alla " lentezza".




Ma guarda un pò come calzano perfettamente alla pratica autentica, Tradizionale, delle Arti Neijia Kung Fu / Naido come il Tai Chi Chuan, il Pa Kwa, il Taiki Ken!!

Scoprii " La chiave di SOPHIA" diversi anni or sono, trovando, in un numero dedicato al ‘corpo’, una serie di riflessioni che contribuirono a completare l'impalcatura teorica della pratica corporea e marziale che esploravo da tempo.

Fedele al motto ‘prassi - teoria - prassi, la lettura fu attrezzo utile per costruire un completo sapere organico originato dal ‘ fare’ e che su quel fare avrebbe poi riversato intuizioni e riflessioni feconde per esplorare ulteriormente corpo e movimento. 

Un sapere ‘organico’ ancora oggi del tutto ignoto al panorama marziale contemporaneo (come pure al mondo del fitness escludendo le poche correnti del ‘movimento generalista’), goffamente fermo ad unire corpo e mente, dunque ignorante dell'essere questi un tutt'uno, la cui sfida è, invece, il rapporto corpo e mondo.

Il numero dedicato alla ‘lentezza’ offre la possibilità di costruire una solida teoria che affianchi e permei la pratica dell'immobilità e dei movimenti lenti propri delle Arti Neijia Kung Fu / Naido.

Più che le affermazioni dei testi taoisti, più che le riflessioni dei Maestri di quelle Arti, espresse in modi che a noi ‘occidentali del terzo millennio’ appaiono ostiche, quando non oscure fino all' incomprensibile (1), paiono giovare le parole di Luciano Mainardi, Paolo Pileri, Beatrice Cristalli e tutto il gruppo di pensatori contemporanei che a quel numero hanno contribuito.

Ci risuonano certamente empatiche e in grado di sollecitare le nostre personali riflessioni.

A meno che non si voglia fingere una comprensione sincera e consapevole a pensieri originati in culture lontanissime da noi per tempo e contenuti, espresse in forme volutamente oscure e con l'uso abbondante di espressioni immaginifiche che non abitano la cultura del mondo occidentale. (2)

Personalmente, da anni non sono più attraversato dall'ansia di capire tutto sempre e comunque. Accetto ben volentieri, di fronte a queste espressioni culturalmente così estranee, di percepirne il senso approssimativo, riservandomi spazio e tempo che verrà, se mai verrà, per incontrarle sul piano della fantasticheria e dell'intuizione (3): Nessuna adesione supina e fideistica come nessuna ansia di comprensione intellettuale forzata e forzosa.

Invece, coltivo il piacere di scoprire teorizzazioni e riflessioni che provengono da una cultura e maneggiano un linguaggio di cui io sono figlio, che io stesso abito.

Ecco, il numero di La chiave di SOPHIA’ titolato " A passo lento" può essere una ghiotta occasione per confrontarsi e crescere sollecitato da chi, come me, come noi, è un ‘occidentale del terzo millennio’, e, come tale, più facilmente comprensibile.

Possibili tracce di apprendimento dell'autenticità e della forza di un atteggiamento ‘lento’. Condivisione di una solida impalcatura teorica della ‘lentezza’ che affianchi la pratica fisica, carnale.

Per marzialisti e cultori del movimento curiosi, entusiasti ed appassionati.

 

1. “Le uova hanno piume.

Il gallo ha tre piedi.

Il cavallo depone uova

(Chiang Tzu)

2. A questo mi piace aggiungere un’esperienza vissuta su pagine ‘social’ dedicate alle Arti Marziali: Ogni volta che un praticante o Maestro riportava una qualche frase roboante del tal saggio o del tal antico Maestro sul potere di queste di portare l’allievo alla saggezza, alla pace interiore ecc. mi permettevo di chiedere in che modo, il ‘come’ un gesto fisico potesse far approdare a tanto. Mai avuta nessuna risposta. Restavano bellissime frasi, intense massime, di fatto avulse dal contesto, dalla pratica fisica, dalla realtà, piuttosto simili a quei bigliettini che accompagnano il gusto di cioccolato di un ‘bacio Perugina’ e regalano un momento di sogno a qualche impacciato adolescente. Disarmante nella sua vacuità il silenzio di nessuna risposta, nessuna teorizzazione pedagogica / androgica, nessuna proposta didattica.

3. “E se qualcuno, come qui, dice qualcosa che non capiamo, tanto meglio: forse lo sogneremo, o forse ci ritorneremo su” (D. Gaita ‘Il TAO della psicoanalisi’).

 


mercoledì 2 luglio 2025

Tre piccole insignificanti cose fondamentali da sapere quando pratichi Arti Marziali.

Tre piccole insignificanti cose fondamentali da sapere quando pratichi Arti Marziali.

  •  La prima, sapere cosa ti serve per uscire di casa ed arrivare puntuale a lezione.
  • La seconda, sapere ‘cosa’ stai facendo e soprattutto ‘come’ lo stai facendo.
  • La terza, sapere quando è arrivato il momento di smettere.


Chiunque pratichi Arti Marziali sa (o dovrebbe sapere) che la formazione (e chiamatelo pure ‘allenamento’ anche se io dissento dal definirlo così) non inizia quando entri in Dojo, ma già quando non menti a te stesso ergendo il mal di testa a insormontabile ostacolo che ti impedisce di uscire di casa o quando non gingilli per casa aspettando il momento per dirti che ormai è tardi per uscire.

Tra il frusciare accattivante della tenuta di pratica ed una percossa sferrata con più o meno dimestichezza, ci sono piccole, apparentemente insignificanti accortezze che fanno la differenza tra il Sensei che annuisce soddisfatto e quel suo sguardo rammaricato che parla di tempo sprecato.

E sì, anche quando saper smettere (che non è per forza "mollo tutto e mi dedico al divano”) è parte integrante del percorso.

  • Perché, al punto 1, il praticante sincero ed appassionato affronta audacemente quel primo avversario che è il dolorino alle costole mellifluo nel suggerirti “stai a casa, curati, riposati” ed è pure in grado di organizzare gli impegni di casa e lavoro così da salire per tempo sul bus senza lasciare che gli sfili sotto il naso.
  • Perché, al punto 2, non basta lanciare un pugno con determinazione, gesto che qualsiasi tamarro di strada fa, ma nessuno lo chiama artista marziale.
  • Perché, al punto 3, quando ti accorgi che l'unico gioco di gambe o di mani che ti appassiona è "alzarsi pian piano dal divano cercando il telecomando del televisore" forse è il momento di fermarti.


In fondo, a torto o a ragione, riempiendosi solo la bocca o praticando davvero nei modi adatti per riuscirci, le Arti Marziali ti accompagnano a capire educazione, rispetto e autodeterminazione.

Ma, ammettiamolo, pure ricordarsi dove hai riposto l'asciugamano per la doccia è già mezza via per l'illuminazione.

Fondamentale è sapere ‘cosa’ stai facendo, ‘come’ lo stai facendo e quando è arrivato il momento di lasciar perdere, prima che siano le rimostranze della moglie (o marito) o il tuo annoiarti a decidere per te.







 

lunedì 30 giugno 2025

Tai Chi Chuan e Taiki Ken tra gli alberi

 



L’asd DAO -Spirito Ribelle (già ZNKR), prosegue la sua opera di divulgazione gratuita dell’antico Sapere Taoista e del Movimento Intuitivo nelle aree verdi di zona quattro in Milano.

Nel mese di Luglio, un docente sarà presente per coinvolgere nella pratica chiunque voglia cimentarsi in queste affascinanti arti del corpo in movimento.

Per conoscere in quali giardini, con data ed orario, è sufficiente scrivere a

tsantambrogio@yahoo.it

Sarà, inoltre, possibile concordare incontri per singole persone o piccoli gruppi dove e quando sarà loro più comodo.

Non è richiesto alcun contributo economico, alcuna quota di partecipazione.

Il corpo non è una cosa che abbiamo, 

ma un’esperienza che siamo”

(C. Caldwell)


 


 


lunedì 23 giugno 2025

La saggezza del Maestro Wang Xiang Zhai: Antichi insegnamenti per il mondo moderno

 



Quattro proposte di esercizi, di movimenti, di “danza”, secondo gli insegnamenti del fondatore dello Yi Quan, da praticarsi da fermi o in movimento.

Attenzione: Come al solito,

importante è il “cosa” si fa, ma

ancor più importante è il “come”.

Imitarli per come si vedono non è il praticarli. Praticarli richiede una gestualità costruita sulle onde cinetiche, le spirali e le torsioni; alcuni accorgimenti quali l’opposizione corpo / bacino ed arti, unica in grado di costruire un corpo e delle percussioni “a molla” ed altro ancora. Praticarli allo Spirito Ribelle.

Comunque, ecco a voi La Gru o Gru bianca; il Serpente curioso o sorpreso; il Drago; la Grande Onda.

E per chi volesse saperne di più sul rapporto

tra antiche pratiche marziali e mondo moderno ….

Introduzione

Al Maestro Wang Xiang Zhai (1885 – 1963) si deve la creazione dello Yi Quan / I Chuan. E’ generalmente considerata arte di sintesi e radicale trasformazione di arti e pratiche salutistiche e di combattimento secondo il Maestro cadute in disgrazia in quanto fossilizzatesi e sclerotizzate formalmente con conseguente perdita delle peculiarità salutistiche e combattenti. Secondo Il Maestro Tokitsu “Mi sembra più corretto pensare che Wang Xiang Zhai abbia fondato il moderno Yi Chuan negli anni Venti sulla base dell’antico Yi Chuan le cui radici risalgono a più di 2500 anni fa”. (K. Tokitsu ‘Yi Chuan. Metodo energetico di Wang Xiang Zhai’).

Dalla sua creazione, il Maestro Kenichi Sawai (1903 – 1988) ha fatto nascere il Taiki Ken, l’arte che noi pratichiamo qui, allo Spirito Ribelle.

1.     Che c’azzecca una pratica marziale antica con l’oggi,

con il nostro vivere quotidiano

nel terzo millennio?

C’azzecca eccome. A cominciare dal recupero di una profonda pratica corporea.

Scrivo da anni di come il corpo e la corporeità purtroppo siano letti con una concezione alienata del corpo: non Leib, corpo vissuto, abitato, ma Korper, corpo oggetto.

Per non ripetermi e fare solo qualche esempio:

  • I corpi contemporanei non sanno nemmeno dove si trovano: fisicamente stanno in un posto ma la loro consapevole presenza è altrove. Seduti in metropolitana, inchiodati allo schermo del cellulare o a camminare per strada l’udito totalmente avvolto da musica o podcast, non odorano, non gustano, non odono, non sperimentano i loro sensi, potrebbe persino camminare loro accanto un enorme unicorno rosa e nemmeno se ne accorgerebbero e, nell’eventualità, si affretterebbero a filmarlo per postarne le immagini sui social.
  • Sui social non è importante la persona, ma il suo profilo, che è sempre materia di manipolazione. E proprio grazie ai social si può comunicare senza mai confrontarsi di persona.
  • Il corpo, con la pratica diffusa dei tatuaggi, è diventato una sorta di cartellone pubblicitario che raccoglie insulsaggini, errori e sgorbi di ogni genere, dall’acquiescenza alle mode con gli anni del tribale sul polpaccio alle scritte in lingue incomprensibili al soggetto (si va di fiducia!!), dalle frasi motivazionali a versi di poesie del tutto avulse dal contesto, dalle immagini aggressive di animali feroci tatuati sul corpo di innocui e titubanti studenti ed impiegati ai toraci scarabocchiati a tal punto da ricordare i banchi di scuola della nostra adolescenza. Disordinato vaniloquio a mostrare narcisismo incontinente quale coperta di Linus di insicurezza tardo adolescenziale?

D’altronde, una persona che di successo se ne intende, ebbe a dire di sé e del suo essere priva di tatuaggi: “Mettereste mai un adesivo su una Bentley?”. Quante Panda vecchie ed obsolete, Fiat Cinquecento truccate Abarth, Opel smarmittate ridondanti di fanali circolano, mostrando adesivi di ogni genere per nascondere (non accettare, non saper valorizzare) quello che sono e invece apparire altro da sé!!

Ecco, riappropriarsi di una pratica corporea che si basa sulla consapevolezza, sull’immaginazione (vedi il mio https://tiziano-cinquepassineldestino.blogspot.com/2025/06/corpo-e-immaginazione-le-pratiche.html), sulla spontaneità dell’agire, è davvero coraggiosa e salutare pratica salvifica contro il debosciato mondo di non – corpi che ci circonda: “ L’Occidente ha abdicato all’esplorazione coraggiosa dell’esistenza: Il corpo esce da sé non per entrare in altri mondi ma per sottrarsi a questo in cui si sente così spiazzato” (W. Siti ‘C’era una volta il corpo’).




2. La Filosofia di Wang Xiang Zhai

Il Maestro propose la sua Arte con modalità estremamente sovversive: Dalla grande attenzione data alle posizioni statiche (che statiche non sono), al rifiuto di gestualità codificate, alla ricerca di un atteggiamento vigile ed attento all’ambiente, interno ed esterno, ovvero non reagire, che è una risposta obbligata ad uno stimolo, ma capacità di interpretare quello stimolo agendolo di conseguenza. Altro che “Pugilato dell’Intenzione”, questo è proprio “Pugilato della spontaneità”. Altro che ripetizioni a raffica, che sono pure un tratto ossessivo compulsivo, ma personale ed appassionata ricerca di una propria strada corporea e motoria.

Assurge ad importanza fondamentale (Hon) la sensibilità, l’adattabilità e la consapevolezza nel movimento che è consapevolezza di pensiero.

 


3. Applicazioni nella Vita Quotidiana

La pratica dello Yi Quan (e del Taiki Ken), come la intendiamo qui allo Spirito Ribelle, si basa sull'idea che il corpo sia integralmente tale, ovvero comprensivo della mente. Non si tratta di unire mente e corpo perché sono già un’unica realtà. Noi enfatizziamo l'importanza della percezione interna, piuttosto che della forma esteriore.

Sosteniamo che la forza migliore non origini dalla tensione muscolare, ma dalla capacità di armonizzare tra di loro tutti i componenti del corpo, nessuno escluso. Dunque, ancor prima che la muscolatura superficiale, l’attenzione e la cura è posta alla muscolatura profonda, al tessuto miofasciale, ai tendini, alle articolazioni, fino agli organi interni e al registro emozionale.

Questo approccio, traslato nella gestualità quotidiana, comporta l’essere presenti in ogni azione (l’esserci nel qui ed ora), la gestione dell’ansia, l’uso corretto del mondo emozionale, l’adesione ad uno stile di persona che sia vitale ed erotica. Questo è davvero allenarsi (ma per noi è “formarsi”) h 24, proprio perché la pratica corporea, fisicoemotiva marziale, diviene consapevole pratica di vita.

Questo è un approccio olistico alla salute, dove il movimento Yi Quan / Taiki Ken diventa un potente mezzo per coltivare la serenità interiore e la coraggiosa presenza nel mondo.



4. Yi Quan / Taiki Ken e qualche domanda per saper stare bene

nel mondo moderno

  • Sei consapevole della tua postura, di come respiri, di cosa e come metti in atto per avviare il tuo muoverti nello spazio?
  • Stai attento ad evitare movimenti rigidi e forzati, trovando, invece, uno scorrere fluido ed aggraziato ascoltando le sensazioni di te – corpo?
  • Quando agisci, sei sempre presente in ogni tuo movimento?
  • Sai muoverti stando sul terreno dei diversi ritmi richiesti o ti fai sopraffare dall’ansia e dalla fretta?



 

Conclusione

Credo che chi pratichi Yi Quan / Taiki Ken nel modo succitato e faccia del praticare marziale un modo di vita quotidiano si ponga autorevolmente fuori dalle logiche distorte ed aberranti che oggi imperversano. Sarà presente di corpo, corpo fisicoemotivo, in ogni suo agire, in ogni sua relazione. Prenderà contatto con il sé corpo allontanando, almeno per se stesso, il tristo futuro che ci attende tra corpi deboli perché logorati dal contrastare ossessivamente la debolezza, corpi in difficoltà nel sapersi riprodurre, corpi perennemente alienati dalla relazione fisica con l’altro da sé, corpi incapaci di percepire lo spazio e il movimento nello spazio, corpi estranei alla consapevolezza emozionale ed alla educazione sentimentale, corpi esibiti per piacere, corpi – cosa.

 

 

 

sabato 21 giugno 2025

L’intelligenza del corpo: Viaggio tra Movimento, Propriocezione e Arti Marziali



Esiste il sesto senso?

Certo che esiste e noi esseri umani siano predisposti in un certo qual modo a percepire che qualcosa sta per accadere e a comportarsi di conseguenza. Qualcuno la chiama intuizione’.

Certo che esiste e fuor di sproloqui di fantasia, mistici o new age, è ben identificabile con la propriocezione.

Propriocezione origina dal latino (proprium – proprio) e significa “intercettazione di segnali propri”, originati da strutture proprie. I segnali propriocettivi nascono infatti dai sensori che abitano i muscoli, i tendini e le articolazioni ed esprimono il canale sensoriale più rilevante.

Sono segnali in contatto col cervello rettile, le parti più antiche del sistema nervoso (midollo spinale, tronco dell’encefalo e parte primordiale del cervelletto) che operano sottotraccia rispetto ai livelli di coscienza (sottocorticali)

La propriocezione è dunque un “sesto senso” del corpo: La capacità di percepire la posizione e il movimento di articolazioni e muscoli senza doverli guardare.

Nelle pratiche di movimento, nelle Arti Marziali,

quanto è importante la propriocezione, ovvero il sesto senso?

Proprio perché i segnali propriocettivi si concludono nel cervello cosiddetto profondo, le parti primitive del sistema nervoso, essi sono deputati alla fluidità, alla precisione dei movimenti, alla gestione dell’equilibrio.

Tutte pratiche di corpo e movimento generalmente:

  • obsolete nella vita quotidiana, dove camminiamo su marciapiedi lisci e gridiamo allo scandalo per ogni buca o dislivello; saliamo e scendiamo (quando non prendiamo l’ascensore!!) scale e scalini ben uniformi; guidiamo l’automobile su strade perfettamente asfaltate ecc.
  • trascurate nelle pratiche fitness che di volta in volta la moda ci propone nei supermercati del corpo esibito e impegnato sempre e comunque su pavimenti lisci, salendo e scendendo da un gradino (step) con la stessa altezza, allenandosi in attività cicliche (ovvero gesti uguali ripetuti e ripetuti e ripetuti…), usando macchine che isolano i muscoli coinvolti impedendo così un coinvolgimento globale, pedalando su biciclette fissate al pavimento dunque prive di ogni tensione alla ricerca dell’equilibrio, ecc.
  • dimenticate nella gran parte delle pratiche marziali dove si usa imitare un gesto comandato e mostrato e ripeterlo all’infinito sempre uguale a se stesso, spostandosi su parquet, tatami e comunque sempre superfici lisce e piatte.

Chiunque si occupi di salute e prevenzione non può trascurare

il ripristino delle funzioni del cervello ‘profondo’.





Infatti ha poco senso aspirare ad una vita più lunga se questo prolungarsi non si accompagna ad una buona salute che è anche “efficienza da un punto di vista motorio (e psichico – relazionale)” ed una indagine che tenga conto di “una età media biologica di ‘funzionalità motoria’ che ne qualifichi il livello di efficienza”. (1)

Tutto questo mentre la qualità del nostro agire quotidiano è vieppiù minata da una deficienza motoria sempre più marcata, dato riscontrabile e ampiamente riscontrato nelle nuove generazioni (2) probabilmente le più indifese davanti alle innovazioni tecnologiche, capaci di fare della pigrizia e della passività uno stato abituale.

Pensiamo solo, come ci fa notare Dario Riva (3) nel suo eccellente “Ghepardi da salotto” alle ossa che si rinnovano ogni anno, tanto che, per esempio, le ossa che abitano un cinquantenne non sono le stesse di quando avrà settant’anni. L’inevitabile scadere della loro qualità sarà maggiore o minore soprattutto in relazione al cibo con cui ci si è nutriti e all’attività motoria, la quantità ma soprattutto la qualità della stessa. Pratiche motorie di equilibrio, condotte in situazioni di instabilità, con una incessante diversificazione e modulazione delle forze messe in atto per affrontare la forza di gravità, dipanano un’azione rimodellante come farebbero “le mani di un vasaio che lavorano la creta al tornio”. (4)

Massima attenzione, per esempio, alla muscolatura profonda la cui efficienza consente di muoversi abilmente e fluidamente, di contrastare abilmente situazioni di squilibrio accidentale o imposto, e pure di rimodellare le ossa. 

L’importanza fondamentale (hon) nelle pratiche marziali

Nelle Arti Marziali occuparsi di propriocezione che, come abbiamo visto, è agire fluidamente ed efficacemente (vedasi il mio https://tiziano-cinquepassineldestino.blogspot.com/2025/06/le-tre-qualita-che-fondano-una-buona.html) è abitare il “sesto senso”, è attingere alle risorse istintuali del cervello “profondo”, costituisce una parte fondamentale nella formazione di ogni praticante.

Questa abilità fondamentale opera su più livelli:

  • Controllo del corpo: Migliora l’equilibrio, la coordinazione e la stabilità, elementi essenziali per eseguire tecniche precise e fluide anche in condizioni di crisi e di stress fisicoemotivo quale è uno scontro.
  • Reattività e adattamento: Aiuta a percepire ed agire rapidamente ai cambiamenti di posizione, sia propri che dell’opponente cercando subito le soluzioni migliori.
  • Prevenzione degli infortuni: Una buona propriocezione consente di correggere movimenti sbagliati prima che diventino lesivi per la salute del praticante.
  • Consapevolezza marziale: Sviluppa una connessione profonda tra le vari parti del corpo tutto, amplificando la capacità di percepire il combattimento, non solo di vederlo o pensarci.



 Qui allo Spirito Ribelle, ormai da alcuni decenni, facciamo della propriocezione un compagno di viaggio assiduo. Lo facciamo sia dedicando domande (5) che koan zen fisicoemotivi, corporei, adatti allo scopo in ogni momento della formazione o anche praticando in condizioni di instabilità quali l’uso di superfici instabili, gli occhi chiusi, le improvvise pressioni e spinte / trazioni di un compagno. Da quando, poi, abbiamo scelto di praticare all’aperto per tutto l’anno o quasi, il lavoro di affinamento ed approfondimento della propriocezione si è fatto dii standard elevato; pensiamo solo al terreno irregolare di un parco, agli elementi di disturbo e distrazione presenti in un luogo pubblico, alle numerose ed imprevedibili sollecitazioni sensoriali.

No alla ripetitività, all’omologazione dell’“uguale per tutti”, alla ricerca della copia perfetta; ad una pratica che investa l’attività multipla e simultanea, l’intelligenza del corpo, quella fisicoemotiva; convinti che più offri variabili, fino anche a creare disordine dentro di te, più ti evolvi allo scopo di muoversi bene, muoversi meglio, muoversi a lungo.

Dunque, per ogni praticante intelligente di movimento, certo, ma anche e forse più per ogni artista marziale, quanto sopra DEVE essere materia masticata sempre.

“Come dimostrano lo studio della percezione e le neuroscienze moderne, ogni stimolo che si ripete con costanza riduce gradualmente il proprio effetto a causa dell’assuefarsi dell’organismo allo stimolo stesso”.

(G. Nardone)

 

1. D. Riva, medico chirurgo, specializzato in pediatria e medicina dello sport, esperto di movimenti antigravitari ed entropia del movimento, in ‘Ghepardi da salotto’.

2. In “Current Sports Medicine” December 2023, citato da Fanpage Dicembre 2024. Le nuove indicazioni nazionali 2025 a cura del Ministero dell’Istruzione e del Merito, citato in Orizzontescuola Giugno 2025

3. La prima edizione di questo eccellente libro è del 1966. Giunto recentemente (2018) alla quarta ristampa, mantiene tutt’ora l’intelligenza della ricerca e l’acume nelle proposte.

4. Ibid

5. Per esempio, uso la "informazione d'anticipo". Chiedo ad un allievo "Al prossimo gancio che porterò alla mascella, ti chiederò quale componente del movimento di schivata che devi fare per evitarlo ti crea maggiore disagio, maggiore difficoltà". In questo caso, sto equiparando la sensazione di fluidità nel movimento e l'efficienza biomeccanica, dal che consegue che qualsiasi inefficienza biomeccanica verrà sperimentata come una sensazione di disagio localizzata nel punto interessato dal movimento. Mille volte meglio che correggere io o fargli ripetere e ripetere sperando che impari!!




 

giovedì 19 giugno 2025

Muoversi come Acqua: Il fascino e il potere del Pa Kwa / Hakkeshou

 



Liquido, flusso, fluire … continuo, corrente … gravità, discendente, immersione, sprofondare… massa, informe … avvolgente, sinuoso … adattabile, aderente … onda, cerchi, mulinelli …

L’andamento Acqua è sinusoidale, metamorfico, avvolgente, capace di disegnare su qualsivoglia forma psicofisica. E’, come ricordano Stefania Guerra Lisi e Gino Stefani, il Viandante d’Acqua, capace di dilatare, sospendere, velocizzare, franare, giocare con il Tempo e che in stati di coscienza espansa sa scivolare sull’Acqua rincorrendo la sua melodica aspirazione verso il Viandante d’Aria.

Come già scrissi, e a qualcosa varrà pure quasi mezzo secolo di pratiche corporee e motorie come di pratiche artistiche marziali, l’Acqua ovunque appare, mostra la tendenza ad assumere la forma sferica. Avvoltola la Terra come corpo cosmico sferico e circonda ogni cosa con un sottile strato. Cadendo come goccia d’Acqua barcolla intorno alla forma sferica; come rugiada distintasi nella notte, modifica un manto erboso in un cielo stellato di luccicanti sfere d’acqua.

Il Pa Kwa (Bagua) è un'arte marziale cinese basata sui principi taoisti e sugli otto trigrammi dell'I Ching. Hakkeshou è la versione giapponese, adattata con influenze locali ovvero delle diverse minuscole e frammentate Arti che abitavano le isole di Hokkaido, Honshu, Shikoku e Kyushu.

Impossibile, a voler essere onesti e a non millantare documentazioni inesistenti, datarne esattamente luogo, data di nascita e Maestro o Maestri creatori.

Mi piace, piuttosto, scriverne così, citando il Maestro Erle Montaigue nel suo ‘Baguazhang. The complete system; volume one’: “Si dice che il Baguazhang sia la sorella del Tai Chi Chuan, la madre dei tre sistemi interni. È una delle più recenti arti marziali/salutistiche cinesi del sistema interno e racchiude il meglio delle arti marziali Shaolin, così come il meglio delle arti di combattimento del Buddhismo o Taoismo. La sua complessità è enorme e permette di scoprire continuamente nuove tecniche all'interno delle complesse posture e movimenti che si uniscono per formare il sistema che chiamiamo forma o kata del Baguazhang

(la traduzione dall’inglese è mia).

La sua particolarità più evidente balza subito all’occhio: Camminata e movimenti circolari in cui mai, dico MAI, si è fermi.


Questa è per me la discriminante assoluta: Ho visto praticanti abilissimi, elastici, sinuosi, mille e mille volte più capaci di me, muoversi nella camminata in cerchio caratteristica del Pa Kwa / Hakkeshou, e praticare eleganti e fluidi cambi di mano e direzione ma farlo stando fermi nello stesso identico posto. Con tutta la mia ammirazione per le loro abilità, che invidio tantissimo, sono convinto che ogni cambio di mano, ogni simulata di percosse e leve articolari e proiezioni per essere autentico Pa Kwa / Hakkeshou debba essere SEMPRE effettuato spostandosi nello spazio. Altrimenti non è Pa Kwa /Hakkeshou, che è Arte del movimento continuo come metafora fisica, carnale, dell’interpretare la vita, il vivere, come eterno movimento.

Anche per questo, unitamente alla mia concezione sobria delle Arti Marziali (a questo proposito, leggere il mio https://tiziano-cinquepassineldestino.blogspot.com/2025/06/le-tre-qualita-che-fondano-una-buona.html) la versione che io propongo del Pa Kwa / Hakkeshou è estremamente essenziale: Otto animali, otto cambi di mano semplici ed otto complessi; questi ultimi vanno a costituire la “forma” Pa Kwa / Hakkeshou praticata allo Spirito Ribelle.

All’interno della pratica, con l’intelligenza motoria e la sensibilità tipiche di quest’arte, vivono specifici giochi di coppia di “mani che premono” (i push hands), sono occultate alcune particolari posture di Chi Kung, sono esercitate alcune sequenze di Dim Mak, l’arte di colpire i punti vitali, vengono studiati ritmi di respirazione diversi a seconda dell’animale praticato e dello scopo fisicoemotivo ricercato, si trovano collegamenti con il tesoro di antico sapere che è il libro dell’I Ching. Mica poco!!

Propongo una sintesi, insomma, tra l’approccio cinese Pa Kwa, strettamente legato alla filosofia taoista e alla trasformazione energetica attraverso il movimento, e quello giapponese Hakkeshou, più pragmatico e orientato al combattimento.

Cerco una pratica realistica, potente, efficace ed appassionante.

Cerco di stare bene, di stare meglio.

 

L’Acqua è l’elemento associato al Pa Kwa / Hakkeshou. In Natura una sorgente d’Acqua che sgorga non si ferma davanti ad alcun ostacolo sia esso roccia o legno: lo elude, lo leviga, solca un tracciato di opportunità, nel senso etimologico di ‘portare (verso)’ tutta se stessa con le proprie qualità, di accomodamento liquido a qualunque forma, di penetrazione flessuosa, di tenacia corrosiva anche della dura roccia verso l’obiettivo, che sia valle, fiume o mare. Smussamento inarrestabile di ogni rigidità, di ciò che si è indurito oltre misura nell’illusione di restare immutato e durare nel tempo.

Così, tanto essa trasforma ciò che incontra lungo il suo percorso, quanto si trasforma essa stessa, senza però mai ricusare l’obiettivo.

Autentico percorso di crescita, conoscenza e trasformazione per individui che si vogliano autodiretti, entusiasti, vitali ed erotici. Autentico Spirito Ribelle.

“Scorre il torrente,

mani danzano leggere,

eco nel vento”

(Anonimo)