sabato 2 agosto 2025

I polsi nelle Arti Marziali: Sensibilità e potenza

Nella Medicina Tradizionale Cinese (MTC) il polso è molto più di un semplice battito cardiaco: E’ una finestra sull’energia vitale (Chi / Ki) e sullo stato interno dell’organismo.

Esso è letto come un ponte tra il mondo interno e quello esterno, intimamente collegato a meridiani come Cuore, Intestino Tenue, Pericardio e Triplice Riscaldatore.

Anche in alcune interpretazioni ‘occidentali’ il polso riveste grande importanza, sia come parte integrante della mano (mano di cui parzialmente ho già trattato in precedenti post) che come luogo energetico in sé.

Cominciamo col dire che “con la nostra struttura psicocorporea, riattraversiamo tutte le fasi di aggregazione dell’energia in materia, e quindi le abbiamo registrate dentro di noi come sensazioni primarie” (S. Guerra Lisi in ‘Il metodo della globalità dei linguaggi’).

Dunque, nella Medicina Tradizionale Cinese, il polso è una sorgente pregiata di informazioni. Non è solo battito cardiaco: E’ vibrazione della vita, specchio dei movimenti dell’energia interna. I tre livelli di profondità e le dodici posizioni del polso ci parlano del respiro degli organi, del flusso del Chi / Ki, delle modificazioni delle emozioni.

Anche nella Globalità dei linguaggi, il polso ha voce. Attraverso il corpo come ‘parola incarnata, la posizione, la tensione e l’orientamento del polso sono segnali della relazione tra sé e il mondo. Il polso che si chiude o si apre, che si torce o si rilassa, è un frammento della narrazione corporea che parla prima ancora delle parole.

Assodato che spazio, tempo ed intensità sono gli elementi che sorreggono il nostro agire, possiamo specificare che:

  • Spazio è la sensazione di avvolgimento che, progressivamente, si fa egemone con il muoversi della mano nell’aria.
  • Tempo è il ritmo personale che caratterizza ciascuno di noi nelle diverse occasioni dell’agire quotidiano.
  • Intensità è la scarica che applichiamo sulla materia in formazione.

L’intensità del tono muscolare cresce con il crescere della densità della materia. Lentamente, praticando con entusiasmo e costanza, passa nello sfondo la propria parte di spazio esclusivamente personale e sale in figura il comunicare direttamente con l’ambiente e chiunque / qualsiasi cosa sia altro da sé: In questo momento la mano prende a pulsare mostrandosi in contrazioni ed estensioni.

Per questo, nelle pratiche in solitario, a partire da quelle specificatamente costruite per la scoperta e la padronanza dell’energia interna (pratiche di Chi Kung / Kiko) proseguendo con quelle in coppia, come Suishou e Maki, è fondamentale che i polsi siano tanto antenne dell’ambiente dentro e fuori di sé quanto canalizzatori energetici, anche e forse soprattutto oltre le mani.

Ecco, nelle antiche concezioni asiatiche come nelle moderne concezioni ‘occidentali’, si osserva il polso in movimento per comprendere lo spazio del sentire. In entrambe, il polso non è solo arida anatomia, è linguaggio energetico, emotivo e simbolico.

Praticare sempre con attenzione ai polsi, non certo per modificare di 1 o 10 gradi la loro inclinazione nello spazio (come pretendono i soloni dell’insegnamento che spostano i polsi dei loro allievi in obbedienza a chissà quali astruse teorie!!) quanto per entrare in connessione con il sé profondo dando spazio a tutto il vociare interiore trovando in esso i luoghi del silenzio potente.

Intuire il non detto, che palpita nei movimenti, nei ritmi, nei gesti fluidi liberi come in quelli controllati, nelle diverse espressioni del peso pesante o leggero o collassato. Perché i polsi ci parlano. Sta a noi saperli ascoltare.

 

“Abbiamo più capacità di quanto pensiamo”

(L. Reed) 




domenica 27 luglio 2025

I denti nelle Arti Marziali: Efficacia e consapevolezza

 

I gesti scorrono lenti e fluidi, qui in un piccolo giardino alla periferia nord di Milano. Il Maestro mi guida con pazienza e fermezza ed io mi dispongo ad assorbire quanto più riesco del suo insegnamento. Poi, verrà il tempo di trasmettere quanto appreso ai miei di allievi.

Oggi, tra le altre cose, lavoriamo sui denti e su come atteggiare la bocca.

Nel contesto delle Arti Marziali asiatiche, i denti non rappresentano soltanto un elemento fisico da proteggere, ma incarnano un simbolo di forza interiore e consapevolezza. Il gesto di “stringere i denti” è universalmente riconosciuto come manifestazione di determinazione e resistenza: per i praticanti, significa affrontare il dolore, superare la paura e mantenere la concentrazione anche nei momenti critici.

Secondo la Medicina Tradizionale Cinese, i denti sono strettamente collegati all’energia dei Reni, organi considerati fonte della forza vitale (Ki / Chi). Una dentatura sana è quindi espressione di equilibrio energetico e di una forte volontà, elementi centrali nella pratica marziale.

In alcune Scuole Tradizionali, il controllo del corpo include anche la mandibola, usata per regolare il respiro e canalizzare l’energia durante le fasi di combattimento e meditazione. Il morso non è solo riflesso: diventa strumento di consapevolezza e disciplina.

Nel Taoismo, la flessibilità è vista come suprema forza: Pur duri, i denti devono essere governati con saggezza ovvero in modo semplice e gentile. Laozi, nel Tao Te Ching, scrive: “Il più cedevole vince il più duro”, ricordando che anche la mandibola, se gestita con equilibrio, contribuisce alla padronanza di sé.

Nel Bushidō, il codice del guerriero giapponese, il volto e la tensione della mascella sono segnali del livello di autocontrollo. Una mascella rilassata non è debolezza, bensì dimostrazione di calma strategica.

Anche in alcune Scuole del pensiero occidentale, i denti rivestono un ruolo importante.

Secondo le memorie ancestrali della nascita (1), i denti sono espressione di pulsioni aggressive primordiali che riemergono in superficie nell’inconscio, per esempio nel sonno, digrignandoli.

Queste pulsioni aggressive primordiali, dallo sfondo arrivano in superficie quando svegli operiamo inconsciamente uno slittamento in avanti della mascella in modalità difensiva, sfidante, in una chiusura che porta tensione nei muscoli mascellari, il che comporta una perdita di mobilità dovuta alla postura fissa.

Loro funzione principale è la presa sulla realtà, e dunque di dominio ed assorbimento, nella forza della masticazione. Ciò comporta l’aggressività (dal lat. aggrĕdi, comp. di ad- «verso» e gradi «camminare») del desiderio, che quando impossibilitato a scaricarsi viene frenato e frustrato.

Il Maestro insiste molto su come posizionare denti e labbra. Quanto vado imparando si amalgama con ciò che, nei tanti anni di pratica, ho imparato sulla lingua e la sua importanza anche in relazione alla struttura tendinea e fasciale del corpo umano.

Già, non si finisce MAI di imparare. Almeno per chi non si crede mai arrivato, mai padrone di tutta la materia e si assume il compito di sempre dubitare e sempre cercare, animato da passione autentica per il vivere, vivere di corpo. Per chi abita lo Spirito Ribelle.

 

1. ‘Il corpo matrice di segni’. S. Guerra Lisi e G. Stefani

 

 

 

 

 

mercoledì 23 luglio 2025

Dove il silenzio fa sparring

A Luglio, ho scoperto il segreto per ottenere silenzio assoluto durante la formazione marziale: Mettere a disposizione lezioni gratuite di Arti Marziali. Un successone, se il mio obiettivo era praticare in solitudine, a parte la presenza, ad una sola di queste, del nostro Silvano.

I miei allievi hanno fatto pratica di sparizione senza lasciare traccia (quello che nella sciagurata neolingua è il “ghosting”) con una precisione da assassini invisibili e gli sconosciuti... beh, sono rimasti tali. Forse pensavano che “gratuite” fosse un’Arte Marziale esotica, troppo esoterica o violenta per loro.

Ma io non demordo! A settembre proporrò corsi su “Come evitare le lezioni gratuite”. Anticipazione: Sono già tutti iscritti.

"L’unica cosa che non si apprezza mai abbastanza è ciò che non costa nulla" scriveva due secoli or sono Gustave Flaubert. Io potrei, molto modestamente e ricordando una vecchia pellicola del grande Bruce Lee, riscriverla così: “L’arte del combattimento gratuito è quella che non combatte affatto perché nessuno si presenta.”

 

 



 

 

 

domenica 20 luglio 2025

Dal bilanciere al combattimento

 

Sollevare pesi? Ottimo… se il tuo avversario è un bilanciere!  Hai forza da mostrare, ma nel Dojo e sicuramente in strada non c’è nessuno che si muove come un disco da 20 kg. La realtà del combattimento, quello ‘amichevole’, tutto sommato ‘finto’, tra compagni in Dojo, in palestra. ma soprattutto quello animalesco, brutale, sanguinario, reale, in strada, è un coacervo di confusione e improvvisazione, non una filastrocca di movimenti lineari e ripetitivi.

Tanto che persino un praticante di Muay Thai e K1, dunque  duri sport di ‘combattimento’ a contatto pieno, scrive:

La vostra efficacissima thai boxe e i vostri venti incontri a tibie nude in classe A sicuramente vogliono dire tanto... ma è molto probabile che non dobbiate schivare il diretto preciso di un altro avversario con un guantone, bensì un ‘ganciontante’ con una bottiglia di un ubriaco che nell’aggredirvi vi cascherà pure addosso.” Con ciò evidenziando a chiare lettere la differenza tra uno scontro sportivo, duro purché sia, e il combattimento da strada: Figuriamoci se a dover sostenere un’aggressione sia chi si è principalmente formato a sollevare pesi!! (https://www.kombatnet.com/blog/difesa-personale-e-sport-da-combattimento/)



Allenarsi solo con i pesi è come prepararsi a un esame di matematica alle medie superiori studiando solo le tabelline. Serve? Certamente. Basta? Assolutamente NO. Sollevare pesi, isolare esercizi muscolari alle macchine, è come preparare la valigia per le vacanze: Ordinata e senza sorprese perché la riempiremo con quello che sappiamo serve in quella località. La pratica marziale, quella autentica, invece, è come praticare asana di Yoga su un tappeto volante durante un tornado!!

“Dobbiamo sforzarci senza sosta di sviluppare tecniche di simulazione sempre più realistiche affinché nel suo addestramento ogni guerriero possa interiorizzare un insieme di abilità che potrà poi esprimere in situazioni reali”. (Colonnello D.Grossman)

Molto più utile, per la salute quotidiana come per l’eventualità (per fortuna generalmente remota) di un’aggressione, è formare un sé - corpo che sappia agire, risolvere criticità, attivare stimoli sensoriali contestualizzati (1) non solo e non tanto resistere a carichi esterni.

E’ quello che facciamo qui, allo Spirito Ribelle.

Allenati a stare nel caos, 

non per fare sfoggio di muscoli davanti allo specchio

 

1. “Una persona che sale su un terreno instabile, che afferra, slitta, riorganizza il peso in tempo reale, attiva più reti neurali – e costruisce più competenza – di quanto accada in una seduta ‘programmata’ su una macchina isotonica. Perché l’apprendimento non è nel gesto in sé, ma nella complessità da risolvere” (R. Agus)

 


mercoledì 16 luglio 2025

Davvero l’allenamento spasmodico e focalizzato sulla forza è un buon allenamento?

 Ormai è tutto un pompare, sollevare pesi, sfinirsi alle ‘macchine’. E’ tutto un dissertare di trazioni, curl, panca piana, crunch. E’ tutto un confrontarsi su cedimento muscolare, stripping, ripetizioni negative, rest-pause. E’ tutto un mostrare muscoli.

Lasciamo ora stare il disastro culturale di giovani e meno giovani ridotti a credere di avere desideri personali mentre sono sotto il giogo di un ‘desiderio collettivo’ con origini e scopi ben precisi.

Lasciamo stare che l’esposizione sociale ossessiva, la vetrinizzazione, crea disagi alla psiche e alle relazioni sociali. Infatti “Il bisogno di apparire può alimentare forme di narcisismo digitale, ma anche ansie legate all’autostima. Cosa accade quando nessuno guarda, quando un contenuto “non funziona”? L’identità rischia di diventare fragile, appesa al giudizio altrui, condizionata da standard estetici e sociali non sempre raggiungibili” (https://sociologicamente.it/la-vetrinizzazione-sociale-lidentita-nellera-dellesposizione/)

Prendiamo, invece, questa straripante moda che è l’allenamento della forza. Ipotizziamo che Tizio, accanto al bisogno di sicurezza personale e riconoscimento sociale, al bisogno di mostrarsi secondo i canoni modaioli imposti, alleni la forza muscolare per il desiderio di mantenersi in salute anche negli anni a venire e per aumentare le sue prestazioni in questo o quell’altro sport.

Davvero l’allenamento spasmodico e focalizzato sulla forza è un allenamento efficace ed efficiente?

L’autentico quesito non è quanta forza hai, ma quanta ne riesci ad impiegare nella gestualità che ti interessa.

Essere forti nei muscoli non è sufficiente. Occorre essere fluidi, aggraziati, precisi, stabili e reattivi (1). Perché il corpo non è fatto di soli muscoli, ma di una rete interconnessa di tendini e fascia ed organi, di emozioni (che sono emos – azioni).

by Gian Galang
Credi che il motore Ducati ‘Desmosedici Stradale, V4 a 90°’ montato su un telaio di un ‘cinquantino’, con la ciclistica di un ‘cinquantino’ e guidato da un neo patentato dia grandi prestazioni?

Avere potenza non basta. Serve sapere dove e come applicarla. La forza che si costruisce in palestra, tra pesi e macchine, deve diventare movimento efficiente in azione. Se in azione la gestualità è impacciata, appesantita da movimenti parassiti, imprecisa, allora quella forza è solo un potenziale inespresso, allora quella forza va ricondotta ad un modo di espressione che realmente migliori le tue prestazioni.

Se davvero tu volessi migliorare le tue prestazioni sportive

(e la tua salute) dovresti immediatamente chiederti:

  • La forza muscolare che costruisco in palestra mi rende davvero più efficace nella gestualità quotidiana e sportiva?
  • Sto costruendo forza o prestazione?


Se qualche dubbio ti si fosse insinuato, allora è arrivato il tempo di accostarsi ad un approccio olistico, integrato, del tuo allenamento.

Un atleta efficace ed efficiente integra forza, mobilità, coordinazione, respirazione e l’allenamento deve sempre rispettare ed affrontare questa complessità.

Allenarsi non è solo e tanto costruire muscoli più grossi, muscoli più forti, è invece costruire un sistema capace di immettere energia nei gesti desiderati, nelle azioni semplici e complesse del quotidiano come dell’attività sportiva scelta. Ottimizzare la prestazione è allenare ed amalgamare tra di loro le diverse componenti del sé – corpo. Più che quanto sollevi in panca, conta quanto sai muoverti ed agire con prontezza e fluidità.

by R. Delaunay
Allora, dedica tempo ed attenzione ad un allenamento neuro – motorio più che alla meccanica delle ripetizioni; fa sì che il sistema nervoso aderisca immediatamente al contesto, magari cogliendo anticipatamente le ‘domande’ che questi gli pone così da rispondere prontamente; eccita diversi stimoli sensoriali contestualizzati: Sei un sé – corpo complesso, non una macchina!!

 

“La mente è come il vento e il corpo come la sabbia:

se vuoi sapere come soffia il vento puoi guardare la sabbia”

(B. Bainbridge Cohen)

 

 

1.  https://tiziano-cinquepassineldestino.blogspot.com/2025/06/le-tre-qualita-che-fondano-una-buona.html

 


domenica 13 luglio 2025

Il mio pensiero di Luglio 2025


L’energia non va in vacanza, il tuo Taiki Ken nemmeno!

L'energia non va in vacanza… e nemmeno la tua  crescita! L'estate è il momento perfetto per continuare a coltivare la forza interiore, affinare i movimenti e mantenere viva la connessione con il Taiki Ken. Che tu sia in spiaggia, in montagna o in città, ogni luogo può diventare un Dojo. La pratica appassionata e costante porta equilibrio, potenza e consapevolezza: Non lasciare che la pausa estiva sia una pausa per il tuo spirito guerriero!

Beh, almeno per chi, tra di voi, lo “spirito guerriero” lo coltiva.

Ciò che è “cattivo”, inteso come negativamente originatore di disarmonia e malessere, è ciò che è “inattivo”, statico, che si pretende immobile. Praticare Kenpo Taiki Ken, praticare Spirito Ribelle, significa rimettere in moto le energie fisicoemotive di contro a fuggirle o bloccarle o ritenerle inarrestabili o comunque sedarle con metodi coercitivi fino all’uso di sostanze (alcool, fumo, droghe), farmaci o atteggiamenti ossessivo compulsivi ed alienanti (scrollare insistentemente il cellulare, stordirsi di immagini del televisore, fantasticare di fughe dalla realtà).

Se una Verità esistesse davvero, essa risiedereb nel corpo, il corpo Leib, abitato, esperito, e non Korper, il corpo – cosa, oggetto, manipolato nel fitness dei protocolli, umiliato nei corsi di gruppo, stordito nelle pratiche corporee cicliche, ripetitive.

Se una Verità esistesse davvero, essa risiederebbe nel corpo, che comunque cresce, cambia, matura, invecchia e che, se sopravvive, sviluppa grazie all’unità fisicoemotiva strategie di sopravvivenza e supplenza viste e svalutate come deformazioni e non già come informazioni sul solitario tentativo di trasformazione che, nonostante l’imbecillità culturale dominante, l’evoluzione sempre pre – vede.

“Il valore di un uomo si misura dalle poche cose che crea, non dai molti beni che accumula”

(Gibran Kahlil Gibran)