Pensieri d’Agosto in un crogiuolo in cui:
“Metti ordine nei
tuoi pensieri, fantasie, sentimenti. Altrimenti essi ti sconvolgono, ti
lacerano, ti buttano in direzioni opposte e tu rimani, senza accorgertene,
privo di forza”(in ‘Esorcismi di Gesù nel vangelo di Marco’ di G. Burani)
Che sono le piccole imprese quotidiane, le sconfitte come le vittorie, a reggere il timone. A dare la direzione alla nave di ogni eroe, vele gonfie dal vento, simili a enormi mammelle di una gigantessa procace, oppure smunte vele fiacche, penduli seni inerti di un’anziana viaggiatrice.
Non importa. Importante è solcare il mare aperto.


E siamo io, Lupo ed Emma, la cugina coetanea, al parco
faunistico Cappeller.
Concentrato di animali esotici, alcuni di cui nemmeno
sospettavo l’esistenza: cane procione ? Altri conosciuti proprio qui la mia
prima visita: orso gatto, vorace predatore notturno dalle movenze di velluto.Tra curiosità di vedere, osservare ed un alone di tristezza per l’ossessiva – compulsiva traccia sul terreno che lascia l’ocelot nel suo ripetuto andare da destra a sinistra, da sinistra a destra.

Forse sarebbe meglio usare articoli determinativi al plurale, che ognuno ha la sua verità, la sua legge, la sua etica e la sua morale: mille di ognuna in ogni onda che corre sul letto del mare, in ogni spuntone di pannocchia che il vento fa tremare davanti a me.
Come le buone azioni, che sono buone per alcuni e non per altri.

Ogni momento mi stupisco dell’imbecillità di chi, chiuso nell’armatura del “pensiero unico”, predica IL bene, IL certo, senza alcun pensiero per le conseguenze, per il tessuto di relazioni che lo circonda e che ne fa mondo, ambiente. (1)
“No, non sono ateo” rispondo a mio figlio Lupo “sono taoista”, come a dire lo sforzo fragile e spesso impotente di comprendere il tutto e nel tutto anche di criticare, combattere, affermare, ingaggiare assumendomi piena responsabilità di essere solo una parte di questo tutto e non LA giustizia, LA legge, LA morale, LA verità; non quel “pensiero unico” ottuso e prepotente che ha la pretesa insana di essere IL Giusto, di essere IL TUTTO.
Mi pare fosse Bertold Brecht a scrivere che “Quando l’ingiustizia si fa legge, la resistenza è un dovere”.

1. Azzardo a sostenere che tra i fondamenti del “pensiero
unico ci siano i tratti narcisistici.
“Narciso, il
protagonista della società d’oggi, è ipnotizzato dalla propria immagine. (…) La
fissazione narcisistica fa sparire
dall’orizzonte di chi ne è catturato la realtà delle altre persone e
l’intera realtà materiale; rimangono solo le immagini di riferimento, la
propria e quelle degli idoli del collettivo, sottratte a ogni verifica
materiale e a ogni autentica relazione fisica e affettiva. In questo vuoto i
sensi, intermediari del rapporto tra il soggetto e il resto del mondo,
progressivamente si atrofizzano e perdono forza, espressione e vitalità. Anche
la loro immagine, nei sogni, gradualmente svanisce, diventa segno, cicatrice,
ricordo”.(C. Risé)

Sussurri di vento, appena percettibile, in ascolto di un silenzio assordante che origina da un dove lontano, dieci anni e più lontano, eppure lo ricordo ancora distintamente. Sono senza parole e mi sento urlare. Amici, poi intimi, saranno gli atti e le cose e le danze traballanti di gambe malferme che reggono un cuore dal ritmo sempre più stanco, a mostrarci estranei.
Nessuna vergogna, solo pudore e tanto, infinito dolore.
Nessuno potrà mai sostenere che il campo di battaglia è giusto. Tanto meno io, che di formazione, esperienza, passione e insieme disciplina, faccio struttura portante del mio vivere quotidiano. Sfrontatamente però sostengo che sì, puoi perdere con la vulnerabilità, l’inquietudine, dunque anche quando ti affidi a fragilità e debolezza. Ma preferisco di gran lunga la violenza terribile di un’irrequietezza che si fa tempesta cieca ad ogni raziocinio, di una tristezza che esplode in mille pugnali affilati e sanguinari lanciati a vorticare tutt’intorno che la maschera greve dell’autoritarismo arcaico o lo sfuggente camminare rasente i muri dell’apatia che si fa distacco o, peggio, sottomissione.
L’acciaio del katana è tanto sottile quanto letale,
mortale.
Da qualche parte, ora non ricordo, ho letto che “Chi pronuncia la sentenza, dovrebbe essere
anche colui che cala la spada”. Ma non sempre è così semplice.
Poi, nei giorni a seguire, il dolore e le fatiche dei
gesti a precedere le parole necessarie. Quelle che ricongiungono, che ricuciono
lacerazioni e ferite slabbrate. Dentro e fuori. Nel terreno di ognuno e dei
campi coltivati insieme.

Per questo, e diversamente dai tanti gadget dei discorsi psicologici, il padre incrocia a più riprese, non solo la luce, ma anche l’oscurità, non solo la salute, ma anche la malattia. Perché un padre è vero, e non un gadget da vetrina psy, e perché nell’anima dell’uomo c’è la luce, ma anche la tenebra.”. (C. Risé)

Quello mai sopito di volare, che, probabilmente, è dentro ogni uomo sulla terra. Quello di librarsi in cielo sospeso e affidato ai voleri del vento. Insieme fragile e potente.
Il minuscolo seggiolino a volte mi fa sobbalzare,
inquieto come un’animale folle, instabile come sabbia che ti scivoli sotto i
piedi. Altre pare sostenermi tranquillo e solido nella sua pienezza,
permettendomi di scorrere lieve tra le pareti della montagna, di innalzarmi sui
boschi come se la volta del cielo non finisse mai.
Sono i miei quarantacinque minuti di volo in parapendio:
sorprendente regalo di Monica e Lupo che hanno afferrato .. “al volo” un paio
di mie esclamazioni quando vidi volare le grandi ali di questi aquiloni un paio
di mesi fa. Afferrate “al volo” allora e tramutate nella sorpresa di un regalo,
oggi Martedì 4 Agosto.Volo, sono unico nel cielo, rassicurato dalla presenza vigile di Roberto, l’istruttore, a condurre le ali dell’aquilone.

Lo sento sulla pelle e nel cuore, mentre il vento mi sfida la faccia, mentre so, sento, che sono solo un piccolo uomo su un seggiolino minuscolo dentro uno spazio infinito.
Me ne vado a zonzo in cielo, seduto su un seggiolino e sotto le ali di un aquilone, vagando tra luci azzurre e macchie lontane di verde. So che se il tempo davvero rappresenta qualcosa, ho il dovere e il piacere di cavalcare il vento nei miei giorni quotidiani. Se non voglio precipitare al suolo.
I quarantacinque minuti finiscono. Adrenalina, respiro, le gambe rese malferme dall’inattività. I volti sorridenti di chi mi aspetta a terra.

Come a dire la stupidità, la superficialità e forse …
altro, di intellettuali e mass media che stigmatizzano pesantemente la presenza
di armi (da fuoco, da taglio) in occasione di stragi di massa o delitti
familiari e fatti di cronaca nera in genere, come se queste ultime fossero
dotate di vita propria, soprassedendo sulle deficienze,, quando non le
devastazioni, psichiche ed emotive, che spingono la mano umana ad armarsi e ad
uccidere.
Dettagli elargiti a volontà sul tipo di arma: il fucile a
pompa calibro 12, la semiautomatica calibro 38, il machete dalla lama di oltre
40 cm, il coltello da guerra, la pistola mitragliatrice MAC – 10. Ma poco o niente a scandagliare l’animo disturbato e ferito dei protagonisti, gli umani. Nessuno che cerchi di capire da dove nascano quelle cariche represse di odio e sofferenza mentale, di complessi persecutori e violenze paranoiche e come si nutrano di squilibri e traumi che psicoanalisi e neuropsichiatria ci dicono sorti, spesso, già durante gravidanza e periodo perinatale, poi nutriti di distorti legami di dipendenza dalla madre, ombra nefasta a soffocare, avvelenare, la crescita del fanciullo; ci dicono dell’assenza di un padre, di una figura genitoriale maschia ed adulta che indichi all’adolescente le strade per entrare nel mondo , o all’esatto ed altrettanto devastante opposto, la presenza minacciosa di un padre prepotente e violento.

Personalmente trovo stomachevoli, poi, le esternazioni del presidente USA Obama in occasione delle varie stragi che affliggono questa nazione.
“Stomachevoli” perché in esse, nel loro colpire genericamente le armi, vedo sia la logica strumentale del duello politico con il partito repubblicano, da sempre vicino alle lobby delle armi; sia la precisa volontà di non affrontare la disgregazione familiare e poi sociale che caratterizza gli USA e la loro malsana società del profitto a tutti i costi e dell’individualismo sfrenato.

Nel mezzo, una visita alla coltelleria del centro, che magari mi regalo un neck knife, dopo aver con lui scambiato un paio di pareri sulle lucide ed affascinanti lame esposte in vetrina.
Torniamo a casa, le mie orecchie straziate dalla voce di tal Chiara espulsa a tutto volume dallo stereo dell’auto e Lupo ad assecondarne la voce: va bé, sono i suoi gusti !!
Come sono io lo stesso che stasera impugnerà nuovamente la morte nera del mio coltello, della mia arma.
E’ l’arma, qualunque essa sia, il problema o la mano che
la impugna ?


A seguire, la gita in quel di Pedavena, a mangiare e bere tra i tavolacci dello storico birrificio.
E le montagne alte, dove ogni malga vende formaggi, questi sì che sanno di latte e formaggio, con buona pace dei sapori plasticoidi in stile supermarket della città; le distese dei boschi che si aprono su prati tranquilli; lo scorrere lento e deciso del fiume Brenta.


Le mie vacanze, insomma.


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