Kenshindo
incontra il Judo
del
Tokyokodokan Milano
Tutti i cinque sensi danzano dentro la mia anima come la terra fa con il sole, e l'aria, che ad ogni respiro assaggio, ha preso il suo ritmo naturale.
Tutto
quel che pensavo lei fosse, tutto, proprio tutto, esplode potente saturando di
sé ogni particella attorno.
Sono,
siamo, con gli allievi ed amici i Maestri Valerio e Giuseppe, gli yudansha
shodan Donatella e Giovanni, ospiti presso il
Tokyokodokan
Milano,
in via Lattanzio,
a proporre il nostro
Kenshindo
“la
Via dello spirito della spada”,
ad un gruppo di judoka.
Mai
ho sognato che avrei incontrato qualcosa come te, mai ho mai sognato che avrei messo
in conto di poter perdere qualcosa come te, te che sei arma regina, sei letale
strumento di morte e, insieme, leggero strumento di passione.
Questo
controverso sentimento guida i miei passi, i miei gesti, le mie proposte ora
che sono a coinvolgere in Kenshindo
chi mai ha incontrato il katana nel suo percorso.

Il
riscaldamento, ogni BUON
riscaldamento, sintonizza il circuito percettivo – motorio (che poggia
abitualmente intorno all’asse visivo – verbale) sul canale sensoriale
cinestesico – propriocettivo, a partire dal quale mutano conseguentemente anche
le rappresentazioni del corpo – visto e del corpo – parlato.
In
sintesi, questa è la funzione psicologica del riscaldamento: promuovere l’investimento soggettivo, personale, del movimento.
Allora,
poiché comunque l’apertura di ogni lezione, di ogni allenamento, agendo sul
corpo, modifica lo stato psicologico dei
praticanti, è fondamentale farlo facilitando il passaggio:
• dallo
stato di coscienza ordinario a “stati di coscienza secondi”;
• dal
linguaggio verbale al linguaggio non verbale;
• dal
pensiero logico – analitico al pensiero analogico e associativo;
• dalla
disposizione difensiva ordinaria a una maggiore disponibilità alla circolazione
delle emozioni;
• dalla
dimensione concreta – operativa alla dimensione immaginativa, espressiva e
creativa;
• a
un buon bilanciamento extra / intraintensivo.
(Dove danzavano gli sciamani di V.
Bellia)

E
tutti a provare quanto lo stesso Paolo ci ha suggerito.
Starà
poi a me, forte di un uso del corpo “interno” fatto di articolazioni leste e
muscolatura profonda potente, migliorarne il gesto, mostrarne le lacune. Lasciar
testare l’evidente differenza tra uno sforzo fisico ancora grezzo, fatto di
muscolatura superficiale condotta da un sé corpo ancora sconosciuto a se
stesso, ed il gesto in cui i movimenti invece fluiscano svelti e sinuosi perché originati dall’ordine in cui le parti del
corpo si mettono in movimento.

Continuiamo
e sarà il giovane Lorenzo, sguardo sveglio e vispo, a proporre la sua risposta
al suichokugiri (il fendente a spaccare il cranio) di Paolo.
E
insieme lo lavoriamo, lo mondiamo dei gesti, degli atteggiamenti che ne frenano
l’efficacia.

Ancora
Emanuela, decisa nel suo voler imparare, curiosa nel suo interrogarsi in tutta
onestà e Sebastiano, anche lui yudansha,sempre attento a voler capire.
Erano
i primissimi anni del terzo millennio quando scoprivo che mentre i movimenti degli animali sono
istintivi e generalmente attuati in risposta a stimoli esterni, quelli
dell’uomo sono intrinsechi di qualità umane, poiché ogni individuo, con i suoi movimenti, esprime se stesso e comunica qualcosa del suo essere interiore.
Allora
l’individuo ha la possibilità e la capacità di prendere coscienza degli schemi
creati dai suoi “impulsi di sforzo” (così li chiamava Laban) e di imparare a
svilupparli, a rimodellarli e ad usarli.

Arriva
il momento dell’acciaio, dell’estrazione e dei fendenti che, lame affilate, non
permettono inganni, ritrosie o menzogne: Vivi o muori.
Eppure
non serve aver paura della direzione verso cui ci guida il tagliente affilato:
ognuno sarà in grado di scoprire (e poi fare?) ciò che vuole nella profondità
delle sue emozioni. Tutto andrà per il meglio affidandosi a ventre e cuore, a
quella misteriosa gioia combattente che ogni individuo ha in sé.
Allora
Laura, Maestra yondan, attenta a capire come estrarre rapidamente. E i
tentativi di tutti di trovare in sé quelle movenze che consentano di
sopravvivere ad una attacco portato al
nostro lato: Non possiamo certo girarci e poi estrarre, e nemmeno estrarre da
fermi e poi girarci….

Ci
avviamo alla conclusione.
Lavoro
con il vivace Paolo, mostrando come l’affidarmi all’elemento Terra, corpo
rilasciato in armonia con la forza di gravità, mi consenta di eludere lo
squilibrio del suo Morote seoi Nage.
Poi,
davvero, ci avviamo al tramonto della mattinata: Movimenti liberi, in cui reverie, il fantasticare, divenga corpo
fisicoemotivo capace di esprimersi traducendo nello spazio quel che ognuno
identifica come flusso e fluire, ognuno a suo modo, chi serpente, chi acqua che
scorre …

Un
sentito grazie a tutti loro. Un grazie particolare al Maestro, hachidan,
Francesco Zaccheo che in pedana si è lasciato coinvolgere partecipando con la
totale voglia di esserci, e che, insieme a tutto lo staff del TokyoKodokan, ci ha
cortesemente permesso di portare il nostro Kenshindo fuori dal nostro Dojo. Tra
nuovi amici.
I Shin
Den Shin
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