Sono questi tempi così oscuri, dove la vita sociale e
collettiva in tutti i suoi aspetti è messa al tappeto dalle decisioni
governative prese per abbattere un
nemico invisibile; un nemico che non so
quanto nato dal caos della Natura e quanto, invece, da mani umane:
https://www.stefanomontanari.net/ecco-lintervista-che-e-stata-censurata/.
Ecco, a cinema chiusi, mi piace ricordare alcune delle ottime
pellicole che ho visto recentemente.
Quelle famose, famosissime:
Il coreano “Parasite”,
Palma d'oro alla 72ª edizione del Festival di Cannes, vincitore di ben quattro
Oscar. Pellicola potente e drammatica, che attualizza, ribaltandoli, i canoni
tradizionali della lotta di classe.
Le classi subalterne, in particolare i sottoproletari, non
vogliono più distruggere il sistema che
le ha incastrate, esse invece anelano a
sostituirsi alla classe dominante, imitandone modi, gusti e costumi. E in
quelle stesse classi diseredate troviamo autentici, pur se truffaldini, piccoli
geni, come la giovane maga del computer e autentica Zelig del trasformismo,
costrette (o lo scelgono?) ad una vita di sotterfugi ed imbrogli per emergere
dall’ombra della miseria.
L’italiano “Figli”, pellicola tanto divertente quanto emozionante
nel raccontare la lotta di una coppia, che sono anche due individui, per
conservare le loro personalità e non annullarsi, per creare il proprio destino e, là dove non sia
possibile, accettare quel che arriva piegandolo il più possibile ai propri
sogni, alle proprie scelte, alla scelta di essere una coppia.
E’ un messaggio forte e necessario come non mai in questi
tempi di capricci e consumismo, di “Io
non mi sento in colpa” e di responsabilità addossate ad altri (1), di ricerca di sorprese solo perché
tu stesso non sai più sorprenderti; ancor più attuale in queste settimane di
vite costrette in casa, costrette ad allontanarsi dall’altro, dal diverso, a
causa un nemico invisibile che si chiama coronavirus. E’ un chiaro messaggio a
restare insieme, ad avere il coraggio di aprirsi sinceramente e chiedere aiuto
alla persona amata, perché nessuno si
salva da solo. Restare insieme, ricomponendo i pezzi di una storia anche
quando pare sfaldarsi davanti ai propri occhi, parlarsi e mettersi a nudo
mostrando all’amata / amato sia le proprie parti più oscure sia i capricci e le
voglie da Peter Pan anche quando questi sia canuto e … comprendere che uniti stiamo in piedi, separati
ci perdiamo e cadiamo. E quanto possono
darci, in questo percorso di crescita, i nostri figli, il fare figli!!
Ma anche quelle molto meno famose, come l’italiano ”Il traditore”, inquietante storia di mafia e collusione tra Stato e
Cosa Nostra ed il francese “Quasi Nemici”.
Su quest’ultimo voglio soffermarmi.
Quasi
Nemici

Invece no.
Commedia svelta e brillante, riesce a rendere coinvolgente
e denso di riflessioni un racconto
basato sulla retorica (2) come arte
di affermazione sul prossimo, e non è poco. Non è poco, tra una risata amara ed
un dotto excursus filosofico, utilizzare gli insegnamenti di Schopenhauer,
filosofo dei primi dell’800, per
affrontare temi quali il retroterra su cui siamo nati, come impieghiamo le
nostre opportunità per crescere, assumendo il concetto fondamentale che il
confronto con gli altri concorre ad arricchirci.
E’ poi una seria e al contempo spassosa riflessione sul
rapporto docente e allievo, cultura antica e cultura contemporanea. Una
riflessione tanto più necessaria in anni di drastica penuria della “magistralità”, ovvero di mancanza per
le giovani generazioni di modelli e maestri a cui riferirsi, tanto sono ormai
affondate (e gli adulti non ne sono certo esenti) in un circo mediatico di
relazioni virtuali e superficiali in cui apparire e ammucchiare “like” è
l’imperativo assillante.
E’ l’invito a saper fare un passo indietro, aprendosi
all’altro per scoprire quanto ciò possa
farci del bene.
E’ l’indisponente professor Mazard , il quale, però è
anzitutto uomo che sa porre domande. Spesso antipatico, sopra le righe, ma uno
che vuole che le cose si muovano e quando ciò accade è proprio grazie alle sue provocazioni.
E’ un accorato e divertente inno all’importanza
dell'istruzione e della cultura, del difficile equilibrio tra fallimento e successo, della sensazione di
avere o no un posto nella società moderna.
E’ un ambiguo elogio, la retorica insegna, (e quanto
deve, per esempio, la PNL agli insegnamenti di Schopenhauer!!) all’importanza
di far prevalere la propria ragione infischiandosene di una autentica o
presunta verità. Ma esiste un’unica assoluta Verità?
Una pellicola mai banale, sempre divertente e
intelligente. Da vedere!!
1. Eric Berne, nell’Analisi Transazionale, definisce gioco
una modalità d'interazione caratterizzata da una serie di transazioni ulteriori
che portano ad un tornaconto ben definito(stati di ansia, angoscia, rabbia,
frustrazione, ecc). In “Ti ho beccato
figlio di puttana”, il giocatore, con una serie di manovre ed affermazioni,
si conferma nell'attribuire la colpa di
un accadimento ad altri.
“C’è qualcosa che
possiamo fare per fermare questa dolorosa giostra?
Visto che è una dinamica al di fuori della
nostra consapevolezza non è propriamente
semplice
non cadere nella trappola, ma ci sono delle domande che possiamo porci per
comprendere
se stiamo entrando in un “gioco” oppure no. Eccole:
-
Qual è l’obiettivo che ho nel dire quello che sto per dire?
- Di
che cosa ha bisogno il mio partner in questo momento?
-
Qual è il mio desiderio autentico, celato dall’ “esigenza” di avere ragione?
/Posso
trovare
un modo più efficace per esprimerlo?
Ovviamente
non è un esercizio facile, molto spesso ci capiterà di porci queste domande
retroattivamente
(cioè quando è troppo tardi); oppure sentiremo di non aver le energie
per
contrastare un processo che è sicuramente automatizzato (come la strada segnata
della
locomotiva); in certi casi il nostro desiderio di ferire l’altro sarà più forte
di tutto e
infine
a volte avremo bisogno di perderci per poterci ritrovare.
Tuttavia
se amiamo davvero è uno sforzo che vale la pena di fare, per la persona amata,
ma
soprattutto per NOI stessi.”
2. Retorica: “La
retorica è, dunque, l’arte della parola e della comprensione del punto di vista
dell’uditorio. La capacità di convincere, anche attraverso le emozioni, è alla
base di questa disciplina”
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