Sabato 10 Maggio è arrivato:
otto ore di formazione marziale “non stop”, dalla mezzanotte alle otto della
Domenica.
Eco quanto è successo,
secondo me.
Attendo i commenti di chi ha
voluto esserci e, perché no ?, anche di chi ha scansato l’evento.
La
nazione che insiste nel tracciare una netta linea di demarcazione tra l’uomo che
combatte e l’uomo che pensa, rischia che le sue lotte siano condotte da folli e
i suoi pensieri siano formulati da codardi.
( William F. Butler )

Splendido l’Agriturismo,
gentile l’accoglienza, sereni i nostri preparativi, tra tiro con le freccette,
partite a calciobalilla o tennis tavolo, sguardi lunghi sull’orizzonte
tinteggiato di rosso, i cavalli, l’agitarsi festoso del cane, il vento che
soffia sempre più forte.
Brevi ma intensi lavori sulla muscolatura profonda e il
tessuto connettivo. Elementi fondamentali per il nostro vivere ed agire, che,
quando non riconosciuti, non stimolati, non solo limitano le nostre prestazioni
motorie, ma anche l’espressione emotiva che da lì è originata.
Poi Peng, “come un pallone che galleggi sull’acqua”,
e l’immaginazione a guidare i movimenti, ampi, sferici e spiraliformi. E la
leggerezza nel movimento che cela la potente ferocia del predatore.


Le ombre degli alberi sono vertebre deformi nel tappeto
erboso, la luna torreggia gialla bucando il cielo nero. Corpi ed emozioni si
incontrano e scontrano, assaggiando l’asperità del combattimento corpo a corpo.
Preludio intenso
all’incontro sgradevole con l’acciaio del coltello.


Gli sguardi sanno anche loro d’acciaio, in questo mondo
che è fatto di uomini e donne guerrieri: il nostro minuscolo mondo notturno
qui, tra le mura bianche, i ciottoli, l’erba e il vento che non smette di
soffiare.
Nessuno si è ferito, nessuno
ha versato sangue. Bene così. O forse sì, ma sono ferite che l’occhio non vede,
è sangue che non sa di fluido rosso. Sono ferite che odorano di profondo, è
sangue che sa di emozioni e turbamenti.
Acciaio lungo e ricurvo, rapidamente sfoderato e
lanciato, sibilando, nell’aria. Acciaio che impegna lo spadaccino ad accettare
di dare la morte per salvare la vita, senza se e senza ma, senza possibilità di
ritorno, di riporre l’acciaio nel saya, il fodero, se questi non si è
intriso di sangue di un altro essere umano.
Metafora cruda in un mondo imbelle che sa di finto, dove la voce dei mediocri è inarticolata ma
assordante, deboli comparse che si credono attori perché sciorinano un “selfie”
dopo l’altro, che infestano i social network ad ogni ora lasciando le tracce di
ogni loro inutile passaggio: in un ristorante o in una piazza, ad una festa o
ad una gita. Comprimari in ogni biografia altrui, e, quel che è più scioccante,
comprimari nella loro stessa biografia. “Omer Simpson” più che “homo sapiens”,
goffi guitti alla disperata ricerca di un’automobile più grossa, di una casa
più grossa, di muscoli più grossi, per il timore di scomparire, di non essere
notati. Votati alla ricerca del successo materiale, mentre la “Via dello spirito della spada”, Kenshindo,
offre dignità e frugalità, offre valori semplici triturati e maciullati dal
post-capitalismo, dalla decadenza morale.

Volti tesi, animali feriti
ed animali bramosi di uscire allo scoperto. Le stuoie a volte cadono al suolo,
a volte si oppongono, o forse è la lama che non ha deciso realmente quale ramo
secco, quale zavorra di sé, tagliare, uccidere o, semplicemente e
dolorosamente, riconoscere.
Al saluto finale, un passaggio kyu, la marrone a
Giovanni, e tre passaggi shodan: Alessandro, anima gentile
che non vuole vedere cosa bolle in pentola, Davide, quanto curioso di sé e
quanto spaventato di sé, Angelica, fragile e forte donna guerriera ora giunta
sul crinale della montagna, un crinale troppo esile per attardarvisi.
Poi, la ricca colazione, con la “chicca” all’inglese:
bacon, wurstel, uova. E il sole e il cielo grigio che ne offusca la potenza, e
le chiacchiere, ed i volti assonnati che otto ore di formazione marziale si
fanno sentire. Ed i saluti agli ospitali gestori dell’Agriturismo, e quelli tra
di noi.
L’avventura, la nostra avventura, continua.
“Ma
i veri viaggiatori partono per partire;
cuori leggeri, s'allontanano come palloni,
al loro destino mai cercano di sfuggire,
e, senza sapere perché, sempre dicono:
Andiamo!!”
(C.
Baudelaire. Stralci di “Il viaggio”, dalla raccolta “I fiori del male”)
APPUNTI AL CHIARO DI LUNA:
RispondiEliminaLa Luna,nel cielo,un intenso e fresco blu notte
Risate lontane,freccette cercano il bersaglio nella luce artificiale,che lontana sfuma la notte e io,solo,scrivo. Voglio stare solo,soloacoi miei Demoni,solo coi miei Dei,ora lontani.
RIFLESSIONI AFTHER DAY:
Notte di Morte,notte d'Amore
Danzando nell'Ombra tra altre Ombre,il ventre del rettile abbraccia la Terra,il passo silente di un lupo,il suo ringhio profondo scuote le viscere e la Terra trema..ululati di dolore,di guerra..bramiti d'orso trascinati dalle correnti,come echi di amori impossibili..aquiloni lasciati volare via.
Un taglio,con fare cesareo apre le carni. Arcaica,rabbiosa sete di sangue si trasforma e scorre,fluida e letale ferocia. Keraghiri di morte e di nascita e cavalco la forza del nuovo nato dal nome che inizia per O... e uccido,battezzando nel sangue quel pelo nero come la notte,mentre i canini intinti di rosso scintillano nel crepuscolo
OSS!!
GIÒ