mercoledì 14 maggio 2025

Vulnerabilità: La chiave del coraggio

 

Vulnerabilità, un tratto che ha accomunato, ed accomuna tutt’ora, diversi artisti di diverse arti. Capaci, questi, di fare della propria vulnerabilità arma per dare vita ad opere potenti, di valore. Musica, letteratura, pittura,  danza entrano senza remore nella pancia e nel cuore di chi ascolta, legge, guarda, svelandogli aree sconosciute o rifiutate di emozioni profonde, dandogli l’occasione per scoprirsi più consapevole, più connesso con l’altro da sé. Ma anche di scansare, se lo vuole, quanto sta scorgendo, quanto gli sale in superficie, evitando di accettarlo, di ingaggiare un confronto, uno scontro e rifugiandosi in quella che oggi si chiama confort zone: Il luogo dove fingere una pace fittizia e tremula tra i mille sé che lo compongono, tra le pulsioni e i desideri personali e gli obblighi e le convenzioni della società; di indossare una maschera. Ognuno può scegliere il suo.

Quanto sopra, per me, per noi Spirito Ribelle, è riferimento vivo e costante nella pratica marziale.

Vulnerabilità come fondamento fisicoemotivo, è il nostro motto. Vulnerabilità che è accettazione di un corpo fragile e caduco la cui forza va ricercata nella flessibilità e nella coordinazione rapida. Vulnerabilità che è pratica di tattiche e strategie (heio), di gesti, tecniche (waza) che si affidano prevalentemente all’assorbire (mukae te), al “non esserci” (chowa), all’ingresso calmo e consapevole dentro la chinesfera dell’avversario (sashi te). Vulnerabilità che è giochi di coppia e di gruppo in cui riconoscere l’altro come chi ci è compagno dentro la relazione e dentro la relazione siamo un noi, non più un io e te.

La relazione, la pratica carnale, corporea, della relazione è fondamentale (hon) nel nostro percorso marziale. Un percorso in cui imparare a tenere lontani i tre nemici più agguerriti: Narciso, la vanità, Titano, l’arroganza, Faust, la perfidia, la manipolazione. In cui comprendere che l’io vive sempre in una rete di relazioni, opera in un complesso e delicato ricamo che è la realtà perché MAI l’io è una monade. Dunque vulnerabilità come capacità di stupirsi scoprendo l’io svanire in una rete di nessi, in una narrazione universale chiamata realtà.



Vulnerabilità come ardire di mostrarsi per quello che si è. Mostrarsi impacciato, insicuro, timoroso, ma anche strafottente, sfacciato, ed essere pienamente disponibile a fare i conti con queste caratteristiche nel solco di una ruvida pratica Bujutsu come ingresso per entrare nella formazione etica Budo, che è crescita, Via. Occorre coraggio, coraggio guerriero per farlo, ed è questo coraggio a fare della vulnerabilità una forza.

Vulnerabilità come terreno fertile, terreno molle, che in quanto tale permette di accettare e comprendere quando si sta perdendo la strada, la direzione e dove invece andare per “attraversare il bosco”; di accettare e comprendere sia i propri tentennamenti e cadute evitando di giustificarsi quanto di giudicarsi, sia i suggerimenti e gli inviti dell’esperto, del “nato prima (il Sensei) e dei compagni più anziani che ti camminano accanto.

Vulnerabilità come sapersi offrire nudi, indifesi, agli altri perché questo lasciar cadere la “maschera” permette a chi ti sta accanto di avvicinarsi senza timori o pregiudizi, di vederti autentico, di avviare relazioni basate sulla fiducia e sulla comprensione reciproca.

Vulnerabilità come accettazione di non capire subito, di mettersi nella disposizione d’animo, tipicamente Tradizionale nella cultura asiatica, di passività di fronte alla complessità e al mistero dell’accadimento; come affidamento al senso ed all’intuito, meno apollinei e più dionisiaci, meno razionali (illuministi?) e più adepti della reverie in quanto spontanea disposizione ad immedesimarsi in modo empatico, persino simpatico.

Vulnerabilità come totale pratica fisicoemotiva di incontro e scontro, per un artista marziale vitale ed erotico.





“Le persone istruite comprendono la Via con il loro corpo;

ovunque ci sia il corpo, là vi è anche la Via”

(T. Cleary in ‘Meditazioni taoiste’)

 

 

 


 

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