Domenica 25 maggio,
giardini di P.ta Venezia. Milano
Le immagini, quelle scattate da me e quelle da “papà”
Fabrizio, a commentare da sole la mattinata di gioia e sudore che ha visto
coinvolti i bambini ed i ragazzi del corso Kenpo.
Le immagini, che più di cento e cento parole, mostrano il
minuscolo clan dello Z.N.K.R. all’opera. Formazione marziale come strumento di
conoscenza, crescita ed individuazione per piccini e … per grandi; come momento
di collettività, di comunione tra individui diversi tra di loro, diversi per
età e ceto sociale e scelte professionali, diversi quanto uniti nel trovare un
punto di incontro nel nome di un presente fragile ed innocente quale è l’età
della fanciullezza, un presente che già mostra i primi segni di turbamento e
inquietudine nell’età della pre –adolescenza. Chi genitore, chi docente, chi in
ambedue i ruoli.
Formazione marziale, dietro la cui apparenza giocosa, chi ha
voluto ha saputo distinguere il vento della provocazione audace a mettersi a
nudo, a penetrare tra difese intellettuali, ruoli e maschere incollate sul
viso, per scoprire quale adulto siamo per quei giovinetti, sudati e stravolti,
che rotolavano sulla ghiaia, si inerpicavano sulle rocce, tiravano di pugni e
di calci.
Formazione marziale che, per quegli stessi giovanissimi
praticanti, altro non era che occasione di confronto e sfida alla qualità del
crescere, tra ombre di nani deformi illusi di essere a immagine e somiglianza di
chissà quale dio onnipotente e il coraggio di essere semplicemente se stessi ed
amarsi per quel che si è, e lottare per migliorare quel che si è, ed aprirsi
con coraggio e sincerità alla relazione con quel che è l’altro accanto a noi.
Immagini, meglio di parole.
E se proprio volessi ricorrere a parole, ricorrerei a quelle
di Aldo Novara, pedagogista da anni impegnato sul versante dell’educazione di
bimbi e ragazzi e degli adulti che sono loro accanto:
“Costruire una capanna
nel bosco, camminare scalzi tutto il giorno, saltellare in un torrente.
I nostri figli, dopo
un anno passato in ambienti chiusi e in città, hanno bisogno di tornare alla
natura, di inselvatichirsi, di sporcarsi con la terra e il fango, annusare
profumi ed odori, toccare sabbia, legno e sassi.
Perché stare nella
natura stimola l’intelligenza, rinforza le difese immunitarie ( è dimostrato
che l’aumento delle allergie dipende anche dal fatto che i nostri bambini
trascorrono troppe ore al chiuso ed in ambienti artificiali ) e fornisce
competenze preziose.
E noi adulti, che
abbiamo perso questo contatto, non dobbiamo avere timori. (…)
Non è necessario
buttarsi nei Parchi avventura: qualsiasi ambiente, dalla pineta alla spiaggia,
dalla montagna al giardino, offre mille occasioni di esplorazione per i nostri
figli. E poi giocare nel verde dà equilibrio, permette di connettersi alle
nostre origini ancestrali, di quando l’Europa era coperta di foreste. E il
cucciolo umano ha bisogno di ripercorrere nella sua vita le tappe dello
sviluppo dell’umanità. Naturalmente è bene procedere per gradi, non si può
guadare scalzi un fiume la prima volta che si esce di casa. Ma, pian piano, i
bambini diventano più forti, più abili, più svegli”.
Che questa mattinata di formazione marziale sia solo un
tappa nel continuo confrontarsi con la
natura ed il selvatico, immenso o modesto che sia, paesaggistico o emotivo
che sia, quello fuori e quello dentro
ognuno di noi.