“Coloro
cui sfugge completamente l'idea che è possibile aver torto non possono imparare
nulla, tranne la tecnica”
(Gregory
Bateson)
“Coloro
cui sfugge completamente l'idea che è possibile aver torto non possono imparare
nulla, tranne la tecnica”
(Gregory
Bateson)
Una pratica che scopre l’ineccepibile verità del corpo e
della corporeità come strumento fondamentale attraverso cui l’esistenza
dispiega le proprie possibilità in relazione a sé stessi e all’ambiente in cui
viviamo. Come ho scritto più volte, ogni postura, ogni gesto mostra il nostro
personale modo di stare al mondo, il nostro personale modo di relazionarci con
le diverse sfumature che ci compongono quanto con la personalità e il carattere
di chi ci sta accanto nel lavoro, a scuola, in famiglia, in tutte le relazioni
sociali.
D’altronde
il corpo è il luogo ove si realizza ogni
tipo di apprendimento,
ogni
tipo di comunicazione.
Ancora impera, è senso comune, il pensiero cartesiano mente – corpo (siamo ancor in pochi a leggere il vivere come corpo – mondo) e lo si nota nell’uso di massa del corpo Korper, oggetto da plasmare e modificare a piacimento e non corpo Leib, corpo vissuto, corpo abitato; uso di massa non solo nelle pratiche ginniche, sportive e, ahimè, marziali, ma anche in quella che è chiamata “vetrinizzazione” (1) dell’individuo e di cui ho già scritto in altri post.
Piano piano, però, si va facendo strada il “Sento dunque
sono” (V. Bizzari, filosofa, si occupa di disordini dell’intersoggettività,
combinando fenomenologia e psicopatologia.) o ancora “Pensare in termini di
movimento” (R. Laban), “Noi siamo emozioni in movimento” (T.
Santambrogio): Io sono questo corpo, essere fisicoemotivo, che ha imparato
dalla propria personale storia a tenere un certo stile relazionale verso se
stesso e verso gli altri. (2)
Conoscere,
migliorare, mutare, questo nostro personale modo di stare al mondo è possibile
lavorando a partire e con il nostro essere corpo.
Qualsiasi altra strada che sia
logocentrica è destinata a fallire. A parte che anche ogni intervento
logocentrico, mentale, in realtà non prescinde MAI dal corpo, con l’aggravante
che, pur investendo il sé corpo, non ne è consapevole: Usa il cervello, che è
corpo, la lingua, che è corpo, le orecchie con l’udito che è corpo ecc.
E la
pratica delle Arti Marziali?
Noi Spirito Ribelle
sappiamo e proponiamo “la forza che si espande” (peng) e “la cedevolezza che
attrae (lu) come espressione del nostro
personale sostegno, del nostro personale stare più o meno bene in una
situazione critica di confronto e scontro; il cadere al suolo (ukemi), come
disponibilità a lasciarsi andare accettando la momentanea perdita di controllo e
il rovesciamento di ogni nostra abitudine e certezza quanto la capacità di
ridurre il danno; la strategia difensiva mukae come capacità di assorbimento di
ogni possibile intrusione per ridurne l’impatto e come momentanea perdita per
poi guadagnare. Ogni nostro “fare” corporeo, marziale, è terreno di pratica e
ricerca di sé, mai “tecnica” a sé stante.
Ecco perché praticare Spirito
Ribelle è fare della gestualità a solo e poi nel corpo a corpo autentica ed
efficace pratica di difesa personale intesa non solo come capacità di
reggere un’aggressione fisica, ma anche e soprattutto una Via (Do) verso la
salute fisicoemotiva e lo stare bene, stare meglio, con se stessi e con gli
altri in ogni ambito della nostra vita quotidiana.
Mica poco!!
1. Con “vetrinizzazione sociale” si intende un fenomeno
sociale caratterizzato dalla spettacolarizzazione di sé stessi, della propria
vita e di tutto ciò che è ad essa relativo.
2. Le stesse scienze cognitive stanno abbandonando l’idea del
corpo come periferico per abbracciare, invece: “"Il paradigma della
cognizione incorporata enfatizza il ruolo delle possibilità d’interazione con
l’ambiente associate al possesso di sistemi percettivi e di abilità motorie.
Ciò conduce i sostenitori di questa visione a sostenere che la definizione di
processi come la percezione, il ragionamento e il linguaggio dipendono, da un
punto di vista ontologico ed epistemico, da proprietà corporee collocabili al
di là dei confini stabiliti dal sistema nervoso. Oltre a essere una tesi
teorica, il paradigma della cognizione incorporata fa riferimento a numerose
evidenze empiriche. Studi sperimentali mostrano il sussistere di una dipendenza
tra il possesso di particolari abilità cognitive da parte di un agente e le
caratteristiche morfologiche e dinamiche del suo corpo, suggerendo nuovi modi
di concettualizzare ed esplorare la natura dei sistemi cognitivi."(Cit.
S. Zipoli Caiani in https://www.pensierocritico.eu/intelligenza-incarnata.html)
“Aprite le porte dell’immaginazione” ci esortava
Micaela, la mia docente di Laban Movement Analisys. La sento parlare, la sento
esprimersi e mi sembra me; un me femminile, certo più educato, meno volgare,
meno carnale nelle sue espressioni, ma altrettanto esposto alle pulsioni, alle
emozioni che danzano avvinghiate ad un corpo esperito, corpo abitato.
Quel “consumo senza uso” che si nutre di macroscopica
proliferazione di oggetti la cui conseguenza è una crescente indifferenza nei
loro confronti; quel diffuso narcisismo che porta ad ostentare, a
“vetrinizzare” oggetti cose, e oggetti che sono corpo / persone.
Pratico di spada, tagliente,
affilata, nel cuore della notte, solo in questa mia piccola dimora, musica
blues di sottofondo, Kalì a dormire e sognare rumorosa nella cuccia. Monica via
per giorni, Lupo via dal mattino rientrerà per mezzanotte.
Mi pare che ogni taglio, ogni falciata, rispecchi il vivere
che è crocevia di abitudini e sorprese. Il vivere ha senso se ha sempre con sé
l’aspettativa di una conferma quanto di un evento inaspettato. Così nei tagli e
nelle falciate che sibilano per la stanza vuota, vive sempre un gioco di
presenze ed assenze, un tessuto di fregi e sfregi.
Yakiire, la tempra dell’acciaio, ne è il cuore? Lo scorrere
del tempo è il cuore del vivere? Compresso tra la consapevolezza che, a 72
anni, il tempo che resta è nettamente inferiore a quello che ho alle spalle, e la
certezza che il tempo trascorso non ha dissipato equivoci e dubbi.
“L’erba non è piena di cose, è un filo, un filo che
conquista il mondo con la sua semplicità” (F. Arminio “La cura dello
sguardo”), e i tagli nel vuoto caldo, tra sofferte note di chitarra elettrica e
luci opache ad accarezzare mobili antichi la cui storia è passata tra terre
d’Asia, si fanno stanchi, flebili.
Depongo il katana, unico, forgiato da un Maestro a cui un
incidente ha ormai da anni tolto la possibilità di replicare le sue opere. Sudo
appena sotto il keikogi. Batte il cuore. Riposano, finalmente, i tormenti ed i
fantasmi dell’anima.
Passione in ogni momento Spirito
Ribelle, da solo o in gruppo, all’aperto, in Dojo o semplicemente a casa, a
mani nude o a mano armata. “Passione Botte e Sorrisi”, così ci presentiamo.
Avanti a chi abbia la voglia di condividere. Avanti.
Dalle ceneri dello ZNKR (1980 – 2017), nasce lo Spirito Ribelle
Da una Scuola che era:
Comunità come luogo fisico e
luogo di cultura condivisa. Casa sempre aperta a tutti i praticanti (chiavi
d’ingresso del locale a disposizione di tutti) e per tutte le esigenze e le
occupazioni (non solo allenamenti a tutte le ore, ma anche luogo di riposo, di
preparazione agli esami universitari, di rifugio notturno in situazioni
delicate di famiglia, di intimità di coppia, di feste di compleanno, ecc.).
Struttura articolata capace di proporsi ovunque, in autonomia o in
collaborazione con Enti Pubblici, circoli culturali privati, università,
federazioni sportive, ecc. e investendo campi diversi come: La pratica sportiva
agonista (Karate, Yoseikan Budo e diversi sport da contatto). Il coinvolgimento
di ragazzi ed adolescenti in difficoltà e grave difficoltà psichica o sociale
come di adulti in difficoltà. Le più diverse espressioni artistiche ed
artigianali (teatro, musica, sartoria, costruzione di maschere) condensate
negli spettacoli autoprodotti di Teatro Marziale,
ad un minuscolo gruppo di
“ribelli”.
Spirito Ribelle non ha sede fisica ma vive costantemente o quasi all’aperto. La scarsezza numerica dei praticanti impedisce, di fatto, iniziative fuori dal corso “Mani nude ed armi povere” e dai Seminari di Kenshindo.
La stanchezza fisica, ma forse
di più quella emotiva, dei praticanti, rende fragile ed incerto anche solo
ipotizzarne la durata nel tempo.