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Dicembre 2019. Pomeriggio piovoso, tanta gente a zonzo,
tra acquisti natalizi e il piacere di godere di una Milano che, in centro e
zone limitrofe, espone opulenta tutta la sua bellezza.
15
Dicembre 1969. Presso la questura di Milano, l’anarchico
Giuseppe Pinelli, convocato e poi trattenuto in Questura per la bomba scoppiata
tre giorni prima nella sede della Banca Nazionale dell'Agricoltura in piazza
Fontana, in una giornata fredda come erano freddi i giorni degli inverni
quarant’anni or sono eppure, ohibò!, la finestra della stanza in cui veniva
interrogato era spalancata, si suicida gettandosi giù in cortile e muore.
Pinelli
innocente. Il suo alibi venne poi confermato. Un innocente si suicida?
Un uomo di quaranta anni, non certo atletico, sfugge alla vista ed al controllo
dei poliziotti presenti correndo per la stanza, arrampicandosi sulla finestra,
per poi lanciarsi nel vuoto?
Nel 1975, un giovane e zelante Gerardo D'Ambrosio,
giudice istruttore, escluse l'ipotesi dell'omicidio e sempre lo stesso
D’Ambrosio ritenne che il commissario Luigi Calabresi, preposto
all’interrogatorio di Pinelli, nel momento del salto nel vuoto non fosse
presente (sigarettina? Pausa caffè?) e dunque non avesse alcuna responsabilità
in merito.
La targa, in memoria di Pinelli, posta dal Comune di
Milano nel verde che si affaccia davanti alla banca dell’Agricoltura, recita
genericamente e in modo ruffiano di una persona morta.
E’ la targa posta dagli studenti e dai democratici
milanesi ad esplicitare
“ucciso
innocente nei locali della questura di Milano”.
D’altronde, forse l’anarchico Pinelli non è mai morto e
tanto meno è mai stato ucciso: nessun colpevole, dunque nessuna morte, come
tristemente dice uno dei figli delle persone uccise dalla bomba. (1)
Se, poi, in pompa magna, a commemorare quella strage è,
in questi giorni, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, democristiano
DOC e dal 1983 deputato della stessa, ovvero il partito politico a cui si deve
la costruzione e la reggenza del malaffare diffuso in tutta Italia nonché uno stretto
legame con la mafia (2), uomo vicino
ad elementi quali Ciriaco De Mita, coinvolto nello scandalo della gestione dei fondi pubblici erogati per
la ricostruzione delle zone danneggiate dal terremoto del 1980 in Irpinia e
successivamente in quello della sanità legato all’Aias, nonché svelto indossatore
di nuove casacche, il partito popolare prima e la Margherita poi, il giro della
collusione e dei segreti di Stato più oscuri tra uomini coinvolti ed apparati
dello Stato stesso, si può dire concluso.
Allora che ci facciamo noi, io e Monica, questo
pomeriggio di un piovoso 15 Dicembre 2019 qui, in piazza Fontana?
Che ci fanno questa cinquantina di persone ad ascoltare
una banda che suona vecchie canzoni anarchiche ed antifasciste, scandendo
slogan contro il terrore nero?
Che ci facciamo noi tutti, mentre cala la sera, commossi
tutti e magari qualcuno pure adirato per una verità che non viene, non verrà
mai, davanti alla targa che ricorda l’assassinio impunito di un anarchico, di
un uomo innocente?
Nessun colpevole, nessuna morte.
1. Nei locali del Teatro Carcano, una mostra che è un pugno
nello stomaco: “Vi.Te. – Milano e la Lombardia alla prova del
terrorismo” a mostrare foto, articoli di giornale, testimonianze e documenti su
terrorismo e stragismo. Tra le varie testimonianze, tutte agghiaccianti, anche
quella di chi, appunto, afferma gelido che non ha nulla da dire su una strage
che, se non ci sono i colpevoli, non c’è mai stata.
2. “L'anonima DC. Trent'anni di scandali da Fiumicino al
Quirinale” di O. Barrese e M. Caprara.
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