mercoledì 18 dicembre 2019

Per non dimenticare MAI




15 Dicembre 2019. Pomeriggio piovoso, tanta gente a zonzo, tra acquisti natalizi e il piacere di godere di una Milano che, in centro e zone limitrofe, espone opulenta tutta la sua bellezza.

15 Dicembre 1969. Presso la questura di Milano, l’anarchico Giuseppe Pinelli, convocato e poi trattenuto in Questura per la bomba scoppiata tre giorni prima nella sede della Banca Nazionale dell'Agricoltura in piazza Fontana, in una giornata fredda come erano freddi i giorni degli inverni quarant’anni or sono eppure, ohibò!, la finestra della stanza in cui veniva interrogato era spalancata, si suicida gettandosi giù in cortile e muore.

Pinelli innocente. Il suo alibi venne poi confermato. Un innocente si suicida? Un uomo di quaranta anni, non certo atletico, sfugge alla vista ed al controllo dei poliziotti presenti correndo per la stanza, arrampicandosi sulla finestra, per poi  lanciarsi nel vuoto?
Nel 1975, un giovane e zelante Gerardo D'Ambrosio, giudice istruttore, escluse l'ipotesi dell'omicidio e sempre lo stesso D’Ambrosio ritenne che il commissario Luigi Calabresi, preposto all’interrogatorio di Pinelli, nel momento del salto nel vuoto non fosse presente (sigarettina? Pausa caffè?) e dunque non avesse alcuna responsabilità in merito.

La targa, in memoria di Pinelli, posta dal Comune di Milano nel verde che si affaccia davanti alla banca dell’Agricoltura, recita genericamente e in modo ruffiano di una persona morta.
E’ la targa posta dagli studenti e dai democratici milanesi ad esplicitare 
ucciso innocente nei locali della questura di Milano”.

D’altronde, forse l’anarchico Pinelli non è mai morto e tanto meno è mai stato ucciso: nessun colpevole, dunque nessuna morte, come tristemente dice uno dei figli delle persone uccise dalla bomba. (1)
Se, poi, in pompa magna, a commemorare quella strage è, in questi giorni, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, democristiano DOC e dal 1983 deputato della stessa, ovvero il partito politico a cui si deve la costruzione e la reggenza del malaffare diffuso in tutta Italia nonché uno stretto legame con la mafia (2), uomo vicino ad elementi quali Ciriaco De Mita, coinvolto nello scandalo  della gestione dei fondi pubblici erogati per la ricostruzione delle zone danneggiate dal terremoto del 1980 in Irpinia e successivamente in quello della sanità legato all’Aias, nonché svelto indossatore di nuove casacche, il partito popolare prima e la Margherita poi, il giro della collusione e dei segreti di Stato più oscuri tra uomini coinvolti ed apparati dello Stato stesso, si può dire concluso.

Allora che ci facciamo noi, io e Monica, questo pomeriggio di un piovoso 15 Dicembre 2019 qui, in piazza Fontana?
Che ci fanno questa cinquantina di persone ad ascoltare una banda che suona vecchie canzoni anarchiche ed antifasciste, scandendo slogan contro il terrore nero?
Che ci facciamo noi tutti, mentre cala la sera, commossi tutti e magari qualcuno pure adirato per una verità che non viene, non verrà mai, davanti alla targa che ricorda l’assassinio impunito di un anarchico, di un uomo innocente?
Nessun colpevole, nessuna morte.



1. Nei locali del Teatro Carcano, una mostra che è un pugno nello stomaco: “Vi.Te. – Milano e la Lombardia alla prova del terrorismo” a mostrare foto, articoli di giornale, testimonianze e documenti su terrorismo e stragismo. Tra le varie testimonianze, tutte agghiaccianti, anche quella di chi, appunto, afferma gelido che non ha nulla da dire su una strage che, se non ci sono i colpevoli, non c’è mai stata.

2. “L'anonima DC. Trent'anni di scandali da Fiumicino al Quirinale” di O. Barrese e M. Caprara.


Per saperne di più








lunedì 16 dicembre 2019

Praticare con noi … il bacino




Praticare con noi … 
il bacino

Praticare secondo il nostro modo è avviarsi su un percorso di consapevolezza che fa del movimento corporeo lo strumento per conoscere realmente se stessi, le proprie abitudini motorie, scoprendo, altresì, nuovi e più efficaci ed efficienti (1) modi di agire nello spazio e con gli altri.
Infatti, solo il movimento, volontario o involontario (2), ci permette di accedere alle sensazioni ed alle emozioni.
Mentre agiamo nello spazio, ascoltandoci, apriamo il campo interiore fondamentale per
-       arricchire e modificare l’immagine che abbiamo di noi. Se l’immagine di noi corrisponde poco o nulla a quel che siamo realmente, ogni nostro gesto, ogni nostro agire ci costerà fatica e non sarà mai pulito e fluido, in quanto difforme da ciò che siamo veramente (3);
-       aprire la strada verso una esplorazione che, priva di giudizi (giusto o sbagliato) e subordinazione a ciò che ci viene suggerito o peggio imposto da altri, porti alla scoperta del nostro sé autentico e così al suo agire consapevole e fluido.

Il passaggio alla stazione eretta, insieme all’abbandono dell’uso  di un tratto della colonna vertebrale per deambulare (4), ci ha portato necessariamente a concentrare nel bacino il luogo della forza e  della trasmissione.
Lì sta il baricentro del corpo umano.

Purtroppo, causa anche una difettosa immagine di sé, esso è visto come un unico blocco (5) incapace di micro movimenti interni, spesso assente da gesti e azioni di cui invece è il reale motore: guardate quanti pochi runners e joggers corrano col bacino, affidandosi invece alle gambe, ovvero alla periferia invece che al centro!!
Una buona consapevolezza del bacino ci fa comprendere che i suoi movimenti arrivano a spalle e testa, attraversando la colonna vertebrale, come anche in direzione opposta. (6)
Una scarsa comprensione e consapevolezza del bacino: come è fatto, dove è collocato, come agisce all’interno del corpo, invece depaupera e distorce ogni gesto, ogni azione che richiedano fluidità e forza, impedisce l’accesso libero alla sfera delle sensazioni e delle  emozioni, riducendo ogni vivacità erotica, dunque non solo sessuale, ma intesa come piena gioia di vivere.
Che si tratti di semplici gesti isolati quotidiani, che si tratti di una formazione corporea alla “Camicia di Ferro”, che si tratti di agire in condizioni di criticità e avversità che nascono esterne a noi per poi toccarci, colpirci “dentro”, dunque fisicamente come anche  emotivamente e sentimentalmente (per esempio un’aggressione fisica e/o emotiva), che si tratti di sciorinare una danza, una “forma”, una sequenza artistica o sportiva, 

senza la comprensione e l’uso consapevole del bacino,
il nostro agire come i nostri risultati, 
saranno ben poca cosa.



1. Efficace – “che produce pienamente l’effetto richiesto o desiderato”. Efficiente – “che ottiene risultati da quello che fa”. Accostati, assumono il significato di “massimo risultato nel minor tempo possibile e con la minore dispersione di energia”.

2. “Muscoli involontari (noti anche come muscoli bianchi o muscoli lisci) sono quei muscoli presenti nell'organismo umano la cui contrazione viene regolata dal sistema nervoso autonomo. Sono involontari, quindi, tutti i muscoli la cui attività non viene influenzata da attività nervose volontarie”

3. “Ognuno di noi parla, si muove, pensa e “sente” in modo diverso sulla base dell’immagine di se stesso che ha sviluppato negli anni.  Per cambiare il modo in cui agiamo dobbiamo cambiare l’immagine di noi stessi che portiamo dentro di noi.” (Moshe Feldenkrais). Dunque, avendo un’immagine di sé carente o parziale (che è il caso della maggior parte delle persone), si eseguono movimenti non organizzati in maniera ottimale, sforzi eccessivi anche per compiere piccole azioni, carichi dannosi per le articolazioni, tensioni inutili in zone del corpo come la cervicale o la zona lombare e quindi risultati poco soddisfacenti sia nell’azione  da compiere che nel piacere personale, più o meno consapevole, ad essa collegato.

4. “Tutti i quattro arti (nei quadrupedi) servono alla marcia, la funzione della colonna vertebrale è differente : la porzione toraco-lombare è un ponte tra gli arti pelvici propulsori e quelli toracici predisposti ad ammortizzare”

5. “Il bacino è una coppa formata da cerchi, fori e archi. (omissis) La coppa del bacino oscilla liberamente attorno alle due teste dei femori ed è collegata, posteriormente, al sacro e alla colonna vertebrale” (A. Olsen in “Anatomia Esperienziale”)

6. Il sistema scheletrico, ossa e articolazioni, compone  la nostra principale struttura di sostegno.
Le ossa supportano il peso in rapporto alla forza di gravità, fungono da sistema di leve per i nostri movimenti e danno a questi una forma. Il nostro raggio d’azione è determinato dallo spazio interno alle articolazioni e dalla combinazione di movimenti compiuti intorno ai loro assi. Il sistema scheletrico dà al nostro corpo una sua forma essenziale. Con essa operiamo nell’ambiente muovendoci nello spazio, ridefinendolo e creando tante nuove e varie forme quanti sono i movimenti a nostra disposizione. Attraverso la conoscenza esperienziale, incarnata, del sistema scheletrico, scopriamo la qualità strutturale della mente e come il pensiero stesso poggi le sue basi su sistemi di leve, punti di fulcro e spazi che facilitano la capacità di articolare idee e comprenderne meglio le relazioni.
Qualità come nitidezza, assenza di sforzo e senso della forma, sono esperienze fisicoemotive, psicofisiche, strettamente connesse al sistema scheletrico.








lunedì 9 dicembre 2019

Hai mai notato che…




 Hai mai notato che, a scuola, al lavoro, negli ambienti sportivi, nei gruppi di interesse ecc., trattando di una persona, l’accento viene sempre posto sui suoi punti deboli?
In ogni ambito è prassi comune, nel dare un feedback ad una persona, puntare  sui problemi individuati dalle analisi piuttosto che sulle frasi di incoraggiamento e sostegno.
In ogni occasione di studio ed apprendimento, per migliorare la persona e le sue prestazioni, il docente / conduttore tende ad evidenziarne i punti deboli.

Sovente questo accade anche quando noi agiamo in prima persona, quando ci rivolgiamo a noi stessi “Devo studiare di più” “Devo dimagrire” ecc. parlando di noi stessi con un indistinto senso di valutazione negativa, come a dirci che non stiamo facendo quanto dovremmo.

Lascio ora stare quell’appellarsi al verbo “devo” che, già di per sé indicando una sorta di costrizione, da un lato non entusiasma certo a fare, dall’altro spersonalizza togliendoci furbescamente ogni responsabilità del fare stesso.

Torniamo al dilemma punti di debolezza / punti di forza.
Già l’eccellente Moshe Feldenkrais sosteneva, nelle sue lezioni corporee, l’importanza di puntare sulla parte del corpo, destra o sinistra, in cui migliore erano sensazioni e risultati perché, col fare, trascinasse e coinvolgesse nel miglioramento anche l’altra parte, quella più riottosa e impacciata.
Schiere di pedagogisti ed educatori, non ultimo Daniele Novara del Centro Psicopedagogico per la Pace, hanno posto in risalto, in primis con bambini e ragazzi ma anche con gli adulti, la necessità di far leva sull’apprezzamento, sui punti di forza, perché il giovane cresca migliorando se stesso come persona e le performance richieste.
Le stesse ricerche in campo lavorativo hanno ampiamente dimostrato come  nelle competenze in cui siamo capaci miglioriamo più rapidamente di quelle in cui siamo deficitari.
Questo significa  che siamo più motivati a migliorare quanto più intuiamo raggiungibile l’obiettivo e più inclini a pensare  che quanto ci sforziamo di fare  darà risultati investendo sui nostri punti di forza e non sulle mancanze. Il che comporta  una crescita dell’autostima di contro ad un abbassamento di stress ed ansia. DI conseguenza, l’individuo lascia in secondo piano lo sforzo per piacere ed essere preso in considerazione dagli altri, puntando, invece, sul diventare il miglior se stesso.
Così facendo, i suoi punti di forza travalicheranno e modificheranno sensibilmente le stesse aree deficitarie riducendone il fardello negativo. (1)
Incoraggiamento e leva sui punti di forza
sono gli strumento fondanti la crescita individuale e l’eccellenza.

Perché questa prassi sia terra ancora ignota ai più, non è mio compito esplorarlo.
Forse è la scorza dura di positivismo ed illuminismo, forse è il cattolicesimo col suo tetro senso del peccato, della punizione e dell’espiazione, forse è la forza marcia di un capitalismo becero e prepotente che non sa guardare alla sua decadenza né alle sue avanguardie più aperte al cambiamento.

Personalmente, nella mia vita privata di adulto e genitore, nella mia sfera professionale di Body Counselor e Sensei di Arti Marziali, cerco di non scordarmi mai le parole di Plutarco “ La mente non è un vaso da riempire, ma un fuoco da accendere”.


1. Ricerche sul campo ed elaborazioni teoriche condotte da diversi  esperti, quali Albert Bandura, Donald O. Clifton, Francesca Gino.




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