martedì 29 settembre 2020

Dalla parte del buio che contiene la luce

 F. (giovane paziente, (24 anni) – Lei sa dirmi che senso ha vivere in questo mondo?

M. (vecchio terapeuta- 64 anni) – No, ma se mi dice qualcosa in più forse possiamo scoprire che senso può avere per lei vivere in questo mondo

 F. – Ho ventiquattro anni, sono parcheggiato in un’università che parla di un mondo che non è quello che c’è là fuori e che alla fine mi darà una laurea con cui non troverò lavoro, almeno qui in Italia. Mi sento una merda perché, anche se qui non c’è lavoro, vivo comunque nella parte ricca del mondo che sfrutta l’Africa e poi vuole ributtare in mare quelli che da lì scappano perché non hanno neanche l’acqua da bere.  Mio padre è un libero professionista e lavora 12 ore al giorno e probabilmente dovrà farlo fino a quando crepa viste le prospettive di lavoro di noi figli poi avrà una pensione ridicola. Sono terrorizzato dal mettere incinta la mia ragazza e mettere al mondo un bambino in un mondo così. Che cazzo dovrei fare ?

 M – (dopo un sospiro) – Non lo so, ho 64 anni e lavoro 12 ore al giorno e probabilmente dovrò farlo finché crepo o un ictus mi renderà un vegetale, perché i miei figli faticano a trovare lavoro e io avrò una pensione ridicola. Sto male ogni volta che vedo qualcuno che chiede l’elemosina e ce ne sono ormai tanti, e mi sento uno schifo quando leggo cosa stiamo ancora facendo all’Africa e che qui a Torino una ragazza è stata aggredita per strada perché nera. Eppure continuo a sentire che la vita sia bella e che valga la pena di essere vissuta. Mi sa che uno di noi due è molto confuso e non è detto che sia lei.

(M. Pizzimenti psicologo-psicoterapeuta )

 

Nella mia pratica marziale e di counselor, incontro e conosco individui più o meno in questi termini colpiti o almeno sfiorati dal disorientamento di fronte al vivere e alle cose del vivere.

Credo che questo vacillare di fronte al senso della nostra vita trovi la sua radice nel constatare che nessuno di noi ha il totale controllo della propria vita medesima, proprio in anni in cui l’ansia di controllo e dominio la fanno da padroni ovunque.

Da un lato la pretesa di allungare indefinitamente gli anni di vita su questa terra; la pretesa di modificare la propria immagine estetica fino a giungere alla “Human Augmentation” (1); la pretesa di controllare il tempo atmosferico come quella di impostare preventivamente le caratteristiche fisiche e intellettive di un nascituro; la pretesa di controllare e dominare ogni tipo di relazione sentimentale / sessuale, pretesa che sfocia nelle perversioni vigliacche e bugiarde del sexting (il sesso virtuale, on line) o nella violenza fisica sul / sulla partner.

Questa somma di pretese si scontra con l’incertezza lavorativa tra professioni che nascono e muoiono nel volgere di un pugno di anni e pure professioni che non garantiscono più l’occupazione stabile (il vecchio “tempo indeterminato”); un sistema climatico in rapido sfaldamento di cui non si prevede la direzione; correnti migratorie incontrollate che già danno adito al concetto di “Eurabia” e ad un conflitto culturale, di usi e costumi, di cui  solo l’imbecillità della signora Boldrini poteva vedere i soli aspetti positivi e di cui i recenti fatti di cronaca, in Francia ed in Italia, di opposto segno, testimoniano invece la complessità e la violenza intrinseca; l’incertezza e la fragilità sanitaria messa sotto scacco da un virus, nemico invisibile, che proprio la modernità della globalizzazione diffonde così rapidamente; l’incertezza sul ruolo del maschio, del maschile, nella coppia sino all’incertezza stessa sul concetto di maschile e femminile e pure di coppia.

 

Ogni volta mi viene in aiuto la disamina del pensiero, della saggezza cinese.

In essa, si confrontano tre correnti di pensiero che si rifanno a Confucio, Buddha e Laotse. (2)

Una leggenda, ed un dipinto, vogliono che i tre si siano trovati ad assaggiare dell’aceto:

per il primo, Confucio, l’aceto è rancido, dunque occorre correggerne (aceto = vivere) il degradarsi dalla corretta Via del passato rivolgendosi a regole severe; per il secondo, Buddha, l’aceto è inevitabilmente aspro dunque occorre allontanarsi da esso (aceto = vivere), ovvero da ogni passione; per il terzo, Laotse, l’aceto sa di quel che deve sapere e dunque va preso per quel che è.

Ecco, come già scrissi, abbracciando dei tre assaggiatori di aceto la versione data da Laotse, ovvero il Taoismo, intrisa di quella causalità circolare (3) che è propria di una certa nostra cultura e in particolare della terapia gestaltica, (ovvero la consapevolezza che le azioni in un sistema si influenzano reciprocamente cosicché ogni azione è a sua volta causa ed effetto delle altre) comparire una possibile e praticabile via di intervento.




L’esigenza di affrontare ogni fenomeno come una gestalt di interdipendenze, porta, in una visione strategica, alla constatazione che la somma delle singole parti non è uguale all’insieme e che l’isolamento di una singola variabile conduce inevitabilmente a un “cul de sac”, ad un vicolo cieco e a distorsioni conoscitive, che non potendo portare alla ricostruzione dell’interazione tra i diversi elementi non giova a nessuno (4)

 

Tocca ad ognuno di noi, in particolare a chi si sia assunto il compito di facilitatore, di Sensei, la responsabilità di rendere accettabili (comprensibili?) le incertezze e le novità che ci vengono incontro e di amalgamarle in un equilibrio fatto di disequilibri e frizioni, di conflitti anche inevitabili.

Questo, abbandonando noi facilitatori, Sensei, per primi, ogni pretesa di “pensiero unico”, di certezza e verità assoluta perché il procedere aperto, di confronto, passi anche a chi ci sta davanti.

Passaggio tanto più praticabile quanto si appoggi alla espressione corporea, alle percezioni sensoriali, al corpo vissuto. A quel che noi tutti siamo qui ed ora:

Io incarnato,

corpo che tanto ci costituisce come individui quanto permette di relazionarci con gli altri, con l’ambiente.

 

Una pratica carnale, di contatto, continuamente sottoposta alla verifica reciproca che, di per sé, già rifiuta la pretesa che ci sia uno che sa ed insegna, spiega, ed uno che non sa e dunque che impara, si fa guidare. La relazione Sensei e praticanti, Counselor / analista e cliente, invece, vede uno che nella tempesta ci è già stato ed uno che ci sta entrando, ambedue consci che ognuno è diverso dall’altro e che ogni tempesta è diversa da un’altra.

 

F. (qualche mese dopo). Oggi mi è successo qualcosa... che mi ha sorpreso ... e toccato ... dentro.

 M. (colpito dalle sue spalle dritte e lo sguardo acceso) Beh, si vede che ti è successo qualcosa. Hai voglia di raccontarmelo?

 F. - Lungo la strada che faccio per venire qui, c'è sempre una signora anziana con un cagnetto, seduta ad un incrocio, che chiede l'elemosina. Ogni tanto le do una moneta, ma mi sento a disagio, lo faccio velocemente, senza dire niente, poi scappo. Oggi ... non so perché ... mi sono fermato ... l'ho salutata ... e ci siamo messi a parlare. Mi ha raccontato di come vive, che riesce a pagarsi un piccolo appartamento, che non ha famiglia ma tutti i commercianti intorno l'aiutano, le portano cose da mangiare ... a volte anche abiti e che qualche giorno fa i vigili volevano portarla via e la gente è uscita dai negozi ed è andata a protestare con i vigili e li hanno convinti a lasciarla la, che non era sola e faceva parte del quartiere. Mi sono venute le lacrime. Mi sono scusato che non avevo monete ... lei mi ha preso la mano e mi ha sorriso ... l'ho guardata negli occhi ...e io mi sento bene.

 M. - (con gli occhi lucidi) - E questo tuo benessere ha senso per te?

 


1. Human Augmentation è la possibilità di creare strumenti, anche impiantati dentro al corpo, per migliorare le prestazioni a livello fisico o cognitivo

 2. “Gli assaggiatori d’aceto” è un episodio leggendario recentemente ripreso, in un suo articolo, da Marco Invernizzi, medico, agopuntore ed esperto di pratiche corporee cinesi.

 3“Una volta adottata la prospettiva della causalità circolare, viene meno la concezione deterministica, cioè non vi è più “un inizio e una fine ma solo un sistema interdipendente di reciproca influenza tra i fattori in gioco” (Nardone, 1995). Da qui la necessità di tenere sempre presente che ogni variabile si esprime in funzione del suo rapporto con le altre variabili ed il contesto situazionale. (https://www.igorvitale.org/il-principio-di-causalita-circolare-di-watzlawick/)

 4Anche in questo caso, ci viene in aiuto la saggezza d’Oriente, ovvero La novella de “I sei ciechi e l’elefante” che lessi la prima volta trenta e più anni or sono grazie agli scritti del Maestro Pleé. In essa si narra di un villaggio in cui qualcuno portò un animale sconosciuto, un elefante, chiedendo ad alcuni saggi, privi della vista, di descriverlo. Di fronte a quest’essere così grande, i sei saggi cercarono di scoprire com’era fatto tastandolo, perché ciechi. Questi lo fecero palpeggiando ognuno una parte diversa. Ovviamente, le sei risposte differirono completamente le una dalle alte, nessuna descrivendo compiutamente l’animale. Una prima interpretazione ci dice che un sapere parziale non arriva mai alla comprensione; una interpretazione più approfondita ci dice che solo l’interazione, la collaborazione, che sia scambio di idee e non prevaricazione, può portare alla comprensione; infine, che solo applicando tutto di noi stessi, tutti i sensi a disposizione (i sei saggi non utilizzarono olfatto, udito, gusto), tutto il nostro essere “incarnati”, la comprensione sarà a portata di mano.








 

lunedì 21 settembre 2020

Acciaio in pugno

 Pratichiamo all’aperto, giardini Indro Montanelli, Milano. E questo ci impedisce di cingere ai fianchi l’acciaio, quello vero, quello affilato.

Quello che, guerrieri veri, ci fa inseguire i morti perché non siano loro a inseguirci, ci fa sospendere in un tempo senza fine che abortisce il nascere di un nuovo giorno portatore di pensieri distorti

E’ Sabato 19 Settembre,

primo Seminario Kenshindo

della stagione 2020 – 2021.

 

E’ katana e kodachi da “allenamento”, impugnati e vissuti come acciaio vero, quello affilato.

 

Inizia, ancora una volta, il viaggio di un uomo, di un guerriero, che si rifiuta di essere intrappolato nelle tagliole delle mille lacrime, delle mille scuse, delle mille recriminazioni, delle mille accuse al destino abusato.

L’uomo, il guerriero, che combatte nel circo che porta alla morte uccidendo se stesso, e non gli altri, per sopravvivere; spargendo sangue forse non innocente, il suo, quello che stava cercando nella sua vita: stare in piedi e combattere per non farsi umiliare, per non morire.

 

Sta a lui, fronte allo specchio, spezzare le catene di suddito obbediente davanti a chi lo ha incatenato.

Sta a lui mutare l’incubo che gli tormenta la mente in realtà di vitalità ed erotismo appassionato.

Ryo - to, la scherma con due spade, lunga e corta, a tracciare confini labili, che solo il coraggio può attraversare ed attraversare ancora.

Corpo sapiente, centro interiore, profondo, che detta gesti e traiettorie altrimenti impossibili nella loro rapacità, nella loro azione fulminea che non offre scampo e tutto divora.

 

Guerriero implacabile, con l’anima mortale, al suo fianco fratelli della ribellione a spezzare le catene che lo vorrebbero schiavo.

 

Mi chiedo se davvero posso io dire che le cose potrebbero non essere come sembrano, se davvero posso io scompigliare i fatti della vita come mi sono proposti, come mi sono imposti.

Poi mi arrendo al potere dell’acciaio. Che è libertà, è violenza per la liberazione contro nemici che si mostrano e quelli che sono nascosti.

 

Ora una sola spada, a ripercorrere duelli prestabiliti.

 

Ho scelto io di giocare e con ciò sono libero di scegliere da che parte stare.

Non contemplo l’autodistruzione e nemmeno l’inganno. Le persone malate, quelle corrose dal pensiero unico, dominante, girano tutt’intorno, ognuna così simile a feroce tiranno.

Però so anche che ogni persona accanto ha briciole di fuoco sotto la cenere, ogni persona accanto forse sta combattendo una sua personale battaglia di cui io non so nulla e per la quale si rifiuta di cedere.

Allora so che devo essere gentile, sempre.

 

Sento che non voglio rinunciare, che è un diritto, persino un obbligo morale, lottare per una vita migliore da condividere con chi ci sta, con chi non abbandona la propria spada su uno spoglio altare.

Alti e bassi, cadute e risalite nella corsa della vita, quella che non si ripeterà più.

 

In cerchio, tra allievi che sono amici da anni, alcuni da decenni, il respiro si è fatto calmo e profondo.

Ho scelto io di giocare e con ciò sono libero di scegliere da che parte stare. Guardando i loro volti, ascoltando i loro cuori, so di aver scelto bene, di aver scelto la parte che forse non vincerà, ma mai si piegherà al volgare, al superficiale, alle scorregge di un potere truffaldino e lestofante che tutto, anche la mia anima, vuole divorare.







lunedì 14 settembre 2020

Finalmente alla luce ...SOPHIA


Anni e anni di lotta contro la separazione tra mente e corpo come contro l’ipocrita “mens sana in corpore sano”; di lotta contro teorie e pratiche di corpo oggetto, da plasmare, da modificare a piacere secondo i dettami estetici o funzionali del momento, come se questo non significasse stravolgere pensieri e comportamenti dell’individuo, l’essenza stessa, la sua “anima”.

Anni ed anni di solitaria minoranza in cui, di proposito od occasionalmente, incontravo pensatori e praticanti più “grandi” di me a cui attingere per il mio percorso pratico e teorico, o compagni di viaggio con cui confrontarmi lungo questo percorso eretico ed antagonista, persino alternativo allo stupidario dominante.

Poi, da un pugno di anni, le voci amiche, quelle vecchie e quelle nuove, si sono fatte più forti, più insistenti.
Tra queste, oggi segnalo la rivista
La chiave di Sophia

che, nel numero di Giugno – Settembre 2020, dedica un dossier al corpo,
col titolo
Sentieri del corpo

Personalmente esaltante leggere voci di diversa formazione ed operanti in campi così diversi:
Paola Boldrin, docente universitaria di bioetica; Maria Angela Polesana, docente universitaria di sociologia dei media; Alice Chiesurin, dottoressa in Storia delle Arti e conservazione dei beni artistici; Andrea Bianchi, ingegnere e consulente di comunicazione, ma soprattutto conduttore di workshop di camminata scalza un po’ ovunque, dalle Dolomiti alla Via Francigena; Giacomo Dall’Ava, HR manager; Maria Teresa Russo docente universitaria di Filosofia Morale e Bioetica nonché docente universitaria di Antropologia e direttrice della rivista “MEDIC; Riccardo Breda, ex atleta di livello nazionale, master in posturologia, e tanti altri, tra cui spicca un’intervista a Jean Luc Nancy, filosofo e docente emerito di filosofia.
tutti coinvolti, nelle arti visive, in filosofia, in pratiche motorie, ecc. a dimostrare che il corpo, ogni azione del e sul corpo, “ci costituisce come individui e al contempo consente di relazionarci con gli altri e con il mondo” (E. Casagrande, nell’editoriale della rivista) aborrendo la concezione secondo cui il corpo sia qualcosa altro da noi, di cui disponiamo.

La mente è incorporata, nel senso più pieno del termine, non soltanto intrisa nel cervello”, scrive Antonio Damasio, neuroscienziato, riprendendo quanto trasmesso dal sapere taoista (cit. da P. Boldrin pg.14).
Noi abitiamo il nostro corpo, attraversato da una vita interna non solo puramente fisiologica
ma che coinvolge ogni nostra esperienza 
emozionale, affettiva, psichica.

Niente pensiamo e agiamo che non sia corpo e, come scrive nella rivista Giacomo Dall’Ava, partendo da un buffo caso di “sguardo di troppo” posato su una fanciulla che non era la moglie: “Le azioni sono inscritte nella carne ancor prima che l’intenzionalità consapevole agisca e detti i comandi. Insomma non è che abbiamo un corpo ma siamo corpo”. (pg.25)

Certamente, questo modo di pensare ed agire corpo è ancora minoritario nel senso comune come nelle pratiche sportive tutte.
Certamente, per ottenere prestazioni agonisteiche eccellenti in tempi rapidi, risulta più semplice modellare ed usare il corpo come una macchina a cui accostare un minimo di psicologia motivazionale.
Ma anche in questo campo le voci dissonanti, quelle amiche, si stanno facendo sentire.
La stessa “rosea”, la Gazzetta dello Sport, in un suo recente convegno, ha provato ad affrontare il corpo e la motricità con un piglio chiamiamolo olistico.
Tra gli sportivi affermati, nei giorni scorsi, a seguito dell’incidente di gioco occorso al calciatore Zaniolo, l’ex calciatore ed ora allenatore Francesco Rocca ha affermato: “Il potenziamento del quadricipite porta ad un’alterazione del rapporto di equilibrio tra i legamenti e la potenza del quadricipite stesso. Perché se si aumenta la potenza di un muscolo, teoricamente bisogna potenziale le strutture che lo sorreggono, quindi, i legamenti e le capsule articolari. Siccome questo non avviene, il rischio è che il potenziamento a gioco lungo possa danneggiare le strutture”.
Siamo, è evidente, ancora nel campo limitato, ignorante, di una anatomia del movimento meramente meccanica. Però è almeno un segnale che potenziare il motore ed abbellire la carrozzeria senza coinvolgere telaio, sospensioni, sistema frenante ecc. porta a prestazioni che non durano, logorano il mezzo fino al suo rapido esaurimento. Ora, questo paragone, traduciamolo da mezzo meccanico a noi corpo, l’unico “noi” che abbiamo… non è che un poco di paura e tanta voglia di cambiare prenda ad attanagliare tutte le amebe del fitness, dei pesi, dei muscoli mostrati per piacere e illudendosi di essere più forti?

Credo ci vorranno ancora anni ed anni, all’interno di un radicale cambiamento sociale anticapitalistico che abbandoni l’idea di profitto ad ogni costo, di reificazione, ovvero considerare il lavoro umano come una cosa, di elogio dissennato del superfluo e dell’apparire, perché l’intero mondo del fitness e dello sport agonistico, amatoriale o professionista che sia, facciano il salto di qualità.
Anni ed anni perché siano capaci, sportivi e semplici amanti del fitness, di trattarsi come Leib, corpo vissuto, e non più Korper, corpo oggetto; fino a sfiorare la concezione che “Il corpo non è ‘altro’ rispetto alla persona o al soggetto; è l’essere – al - mondo della persona o del soggetto. L’anima, o qualsivoglia dire lo spirito, è il rapporto del corpo con se stesso”. (J.L. Nancy pg. 27).

Concetti a cui far seguire pratiche probabilmente troppo ostiche per le capacità culturali ed intellettive di molti; troppo antagoniste, finanche alternative, al pensiero unico dominante.
Io sono, altresì, convinto che più una visione olistica dell’individuo, di un sé fisicoemotivo, si diffonderà, più sarà fattibile scardinare questa società capitalista e sfruttatrice, perché saranno uomini e donne nuovi, integri, autodeterminati, creativi a portare segni ed azioni di cambiamento. A partire proprio da come si considereranno “corpo”, come agiranno di corpo.

Intanto, sopportiamo la pletora di ossessivo compulsivi che ripetono e ripetono e ripetono lo stesso gesto, che corrono in bici sotto le urla di un assatanato e sempre restando allo stesso posto, che rischiano ernie e dilatazione della linea alba (1) e danni ai dischi intervertebrali facendo i crunch, che attentano ai legamenti delle ginocchia scaricandovi il peso, che ancora fremono per apparire snelli e muscolosi come loro impone la pubblicità, la moda: “Come sostiene Baudrillard (2), il corpo diventa ‘il più bell’oggetto del consumo’ “ ( M.A. Polesana pg. 15)
Ma camminiamo al fianco di persone e movimenti che sono consapevoli di essere un sé corpo che pensa, parla, agisce ben oltre le mere funzioni anatomiche; che ogni gesto nello spazio, qualsiasi gesto, è in stretta relazione con cosa e come noi pensiamo e agiamo nella vita di ogni giorno e 
ci trasforma ogni giorno.

Siamo (ancora) pochi, ma sempre più buoni, ottimi.
E tu, da che parte vuoi stare? Beh, intanto, prendi in mano la rivista e dalle una lettura, chissà che …




1. La linea alba è una linea tendinea che si trova nella parte di mezzo della parete addominale anteriore, segnando i margini dei due muscoli retti e si estende dal processo xifoideo al pube, aumentando la larghezza fino all’ombelico e restringendosi progressivamente al di sotto di questo.

2. Sociologo, filosofo, politologo, accademico e saggista, fu particolarmente attivo sul versante della critica alla società del consumo, con i suoi riti e i suoi miti, e sullo studio dei media, potentemente dotati di “forza mortifera”.







.  






mercoledì 9 settembre 2020

Agosto Settembre 2020. Puglia L’anima e il serpente


                                        Giorno 29
Semplicemente togliersi le scarpe, i piedi a sprofondare nella sabbia, che è contatto diretto, immediato, con la realtà, che è camminare lungo il bagnasciuga.
Autentica conoscenza fisicoemotiva, perché noi siamo ed agiamo emos - azioni, perché il nostro sistema immunitario non è una difesa dalla " guerra" contro il virus, ma parte integrante del nostro essere, relazione con l'habitat che è benessere e bell'essere.
Due in uno, insomma: un pugno in pieno volto al virtuale, a chi, vigliacco? disturbato? Si cala nella finzione, per non misurarsi col reale, con l’autentico carnale, scappando nella simulazione.
Un pugno in pieno volto a chi ancora separi mente e corpo, con ciò separandosi, alienandosi, dalla Natura e con ciò ritrovandosi, di fatto, uomo morto.
Torre Mozza, Puglia, con Monica, Lupo e la cugina Emma, Kalì sempre con noi, oggi è anche questo.

Giorno 30
Le ore del mattino, le onde del mare.
Io corpo a snodarsi tra luci delicate ed ombre sfuggenti che giocano a nascondino.
Profonda respirazione Tao, a scoprire che l'innalzarsi del respiro, e con lui del pavimento pelvico, ano a risucchiare e perineo a contrarsi impedendo ad ogni energia potente di disperdersi, si alterna all'espirazione che è caduta libera, contatto selvatico con madre Terra, lì a cercare quasi un confortevole ritiro.
Yin e Yang secondo la saggezza taoista; espansione dal centro del dorso schiena alla periferia delle articolazioni e ritorno dal fronte torsale raccogliendosi dentro, secondo lo schema del sistema nervoso che guida la medicina allopatica, anatomista.
Danza guerriera, danza solitaria, unica compagnia il suono delle onde.

Pedalo e sudo, sudo e pedalo, inerpicandomi tornante dopo tornante.
La famiglia continua l'abbuffata di sole e bagno in mare, io pedalo sbuffando e imprecando, tanto nessuno mi sente.
Fisico e respiro a tratti si irrigidiscono: mica sono un ciclista provetto!! Ma salire e salire ancora, lasciandosi alle spalle l'indistinta folla della tintarella e dei riti di massa, mi porta in spazi abitati da strani mostri, un mondo schizzato ed imperfetto.
Bloccati in forme spettrali, inchiodati loro malgrado su un terreno aspro, mi avvicino con cautela, con compassione per la loro sofferenza e timore per la malvagità che possono diffondere con gesti surreali.
Chissà se i nemici delirati di don Chisciotte, i nemici giganti di cui abbisognava la rabbia di Cyrano, potrebbero identificarsi in questo stuolo di mostri scuri e rattrappiti.
Scatto alcune foto e le invio a chi mi sta a cuore, in questa assolata vacanza pugliese iniziata da poco.
In sella alla bici, vento forte a spazzarmi il petto, la discesa è imprudente, scaricato " a palla" verso il pianoro, là dove vige la condivisione forzata di ogni spazio, grande o piccolo che sia, dove in un attimo sei tu lo scomparso, tu il perdente.










Giorno 31
La sera precedente siamo a Cutrofiano: lì troviamo Anna, neo acquisto della locale squadra di Volley.
Serata piacevole, a chiacchiere con due sue compagne di " gioco"; cena a base di pesce nel centro cittadino con mia scoperta di un ottimo, veramente ottimo Palamà, un rosato robusto dal sapore intenso; i soliti sguardi maschili a cui non sfugge la bellezza di Anna, 1,87 di altezza su un fisico da modella scolpito da quindici anni di sport ormai professionistico che lo scorrere del tempo ha risparmiato, lasciandolo intonso.
La meta della giornata è Punta della Suina, tra scogli, rocce e qualche piccola spiaggia a far da capolino.
Luogo davvero incantevole, mare limpido ed invitante a cui, complice il sorriso allegro di Monica, neppure io so rinunciare " pucciandomi" più volte come farebbe ogni bagnante.
Chissà, senza la folla di vacanzieri, come sarebbe coinvolgente!!
Monica ed Anna mi dicono che, ormai al finire di Agosto, invero gente ce ne è poca, assai meno dell'affollamento tipicamente agostano.   Mi fido, ma da buon estraneo alle transumanze marine, mi risulta arduo apprezzare fino in fondo un luogo dagli intensi tratti selvatici in cui però si accampano persone, coppie, famiglie, gruppi la cui distanza si va riducendo man mano.















Giorno 1
Pratico al tramontar del sole.
Schizzi di luce rossastra a far risaltare il profilo di un'anima che pura non lo è più, non lo è mai stata.
Istrione, con quel fascino seducente e manipolatore che corre insieme ad un bambino troppo indifeso per non incespicare e piangere su ogni sasso spaccatogli in viso, su ogni dolore.
Lingue di acqua e schiuma a riportare in superficie il serpente che credevo addormentato, ormai trapassato nella pelle del lupo, che invece ora, qui, sento assente.
Assassino dai tratti delicati, il nero veleno a celare; sfuggente, sinuoso quanto basta per entrare in ogni pertugio, il morso letale sempre rivolto in avanti per lui che è animale che non sa arretrare.
Spirali disegnate a ricamare il cielo, invincibile resa a un nemico che forse nemmeno c'è, nemmeno esiste. E quando lo incontrerò, quel nemico che nemmeno esiste, quando lo avrò tra le mani, ne spezzerò ogni resistenza, ogni squallida forma di vita, se la sua si può chiamare vita, che le spire del serpente come le fauci del lupo, nel punire ogni inganno, ogni furto, sono terrificanti forme educative, persino altruiste.




Giorno 2
Porto Selvaggio e mai nome fu più azzeccato.
Se la minuscola spiaggia brulica di bagnanti, se il primo tratto di pineta ospita comunque qualche gruppetto umano, bastano pochi minuti tra sentieri e scogli per entrare nella natura selvatica, davvero deserta, priva di frequentanti.
Monica, sempre attenta a che questi giorni siano di buona vacanza anche per me che uomo di mare estivo non sono, mi invita a fare due passi.
I pochi umani presenti sono semi nascosti dalla vegetazione, da anfratti rocciosi duri e aggrovigliati e insistenti.
Più ci lasciamo lontana la" pazza folla", più rocce squassate, terra rossa e cespugli contorti, ci avvolgono, ci abbracciano; diventiamo parte di loro, unica grande zolla.
Nessun umano intorno.
L'orizzonte è una riga netta a tracciare ipotetici confini per un mare grande.  Rocce e vegetazione a picco sull'acqua e distese accidentate di sassi.
Luogo di silenzio. Luogo di raccoglimento.
Due amanti, lì ad incontrarsi di anima e di corpo, farebbero l'amore, ne sono sicuro. Ad incontrarsi.
Mi ritrovo a pensare, ad augurarmi, che, a volte, scalda il cuore di entrambi gli amanti e ne suggella il profondo ed autentico legame anche il solo sfiorarsi.


























Giorno 3
Lecce, caos, traffico rumoroso a tratti incattivito; gente, tanta, troppa gente.
Lecce, bellissima, scavi romani a ricordare che il sangue, la violenza e il gusto amaro della brutalità sono stati pure loro il fondamento di questa immane civiltà.
Case antiche, ridondanti, bellezza in decadenza che ancora ama farsi guardare, desiderare; donna matura che aspetta uno sguardo indiscreto, impertinente, una proposta indecente perché in giochi proibiti si lasci accompagnare.
Una piazza a stagliarsi nel buio. Forme indistinte di balconi e terrazze disegnano una scultura abitativa languida e imponente.
Sarà la repentina illuminazione a distorcercene in accomodante e rassicurante bellezza il mistero, fattosi " cartolina". Infatti, ora i turisti accorrono in massa, che solo nella luce artificiale sanno coltivare ogni certezza.
Splendida Lecce.

Giorno 4
Sono i due adolescenti a proporre un’alzata più che mattiniera per vedere l’alba, il sorgere del sole.
I giorni passano, sono passati, ma l’alba?
Sono io, quello anziano che di albe ne ha viste tante, a ricordare “Ma, l’alba?!”
E sono sempre io, quello anziano, i due adolescenti a dormire e così pure Monica, che, solo, aspetto l’alba, il sorgere del sole, sul bagnasciuga prima, arrampicato poi su un modesto altopiano.
 

























Sulla spiaggia, tra le onde.
Parole affilate che sanno ferire. Eppure da ogni ferita il sangue che ne esce impara a curare, ad accudire, quasi a promettere un futuro ancora insieme, ancora d’amore, per un percorso di sale e aceto che amore, fiducia e comprensione sapranno addolcire.

Gallipoli è piccola, lanciata sul mare, raccolta e vivace. Piccola perla di una Puglia ricca di sorprese.
Tra vicoli e chiese, piazze e scorci d’orizzonte, la passeggiata è piacevole, allegra; ogni sguardo incontrato, ogni parola scambiata, scorre semplice e cortese.
Preludio al ritorno a Milano.
Ciao ciao Puglia e grazie a te per questa vacanza, grazie ai miei due grandi amori per questo tratto di vita insieme nel caldo agostano.