mercoledì 9 ottobre 2024

Maestro NO.

Non mi si adatta l’etichetta di “Maestro”, colui che ha raggiunto maestria, padronanza in una materia. Come a dire uno che è “arrivato”, che “sa e dispensa il sapere a chi non sa”.

Io non sono arrivato: Quasi cinquant’anni di pratica ininterrotta ed ancora “”So di non sapere”, per citare il grande Socrate. Ancora mi appassiono a cercare, studiare, tornare sui miei passi, modificare, rimestare, proporre nuovamente sapendo che ci sarà ancora altro da scoprire, altro che farà vacillare quanto imparato.

Per questo preferisco Sensei: “Colui che è nato prima”. Uno che è stato sorpreso dalla tempesta e invece di scappare a rifugiarsi al coperto è rimasto esposto alle intemperie; uno che il bosco lo ha attraversato, inciampando, cadendo, facendo incontri sgradevoli, ma ne è uscito più o meno indenne. Uno che non pretende di insegnarti né cosa incontrerai nel tuo di bosco, né quale sia il percorso migliore per attraversarlo, perché ogni bosco è personale e dunque diverso. Ma il Sensei è la testimonianza concreta e vivente che puoi stare dentro una tempesta senza affogarci, puoi attraversare un fitto bosco ed uscirne. E’ colui che può darti una mano a trovare in te stesso le energie e le risorse per farcela.

Per dirla con un termine “moderno” è un facilitatore: Chi ti accompagna sostenendoti nelle difficoltà.

Io, se proprio devo rifarmi ad una figura non proprio attinente alle Arti Marziali (o forse è attinente?) mi rivolgo all’immagine dello sciamano.

Nelle culture antiche, tradizionali, lo sciamano è chi, con pratiche corporee e riti, si fa mediatore tra l’individuo e il divino, tra uomo e cielo, tra il visibile e l’invisibile, tra il micro e il macro.

Come uno sciamano, il Sensei comunica attraverso riti, corpo e movimento per portare in superficie l’impulso interno (neijia) di movimento di ogni praticante, suscitando immagini esteriori ed interiori (quella che il filosofo della scienza Gaston Bachelard chiamava reverie) perché siano fonte di ispirazione corporea, gestuale, aprendo la strada verso stati di coscienza espansa che costruiscano un individuo equilibrato, autodiretto e capace di sostare nei conflitti, scoprendo Poteri Potenti e aprendosi tanto all’incontro con l‘altro da sé e con l’ambiente circostante quanto con il mistero grande della vita, con il Tao.

Questo è qui, allo Spirito Ribelle, il Sensei, colui che ti accompagnerà attraverso una pratica corporea a conoscere di te corpo per vivere bene, vivere meglio, per affrontare consapevolmente ogni scontro piccolo o grande della tua vita quotidiana,

O davvero credi che il potere delle Arti Marziali sia riducibile a gesti da imitare, ripetizioni da eseguire, cazzotti da sparare al sacco o sul volto del compagno, ossequiando un Maestro che sa mentre tu non sei nessuno perché non sai un kazzo?

Io, il Sensei, qui allo Spirito Ribelle, non insegno esercizi, io propongo esperienze motorie; non alleno, io accompagno il praticante a formarsi adulto guerriero attraverso il movimento.

 

“Se sapete che il vostro strumento siete voi stessi, conoscete anzitutto il vostro strumento, consapevoli che è lo stesso strumento che danza, che canta, che inventa parole e crea sentimenti”

(O. Costa, regista e pedagogista teatrale




 

 

 

lunedì 7 ottobre 2024

Da vedere (O NO?) al MAS. Museo Arte e Scienza – Milano



Venerdì 4 “vernissage” al MAS per

On Leonardo’s road –

 mostra d’arte contemporanea

Francesca Callipari, curatrice di mostre, presenta gli artisti che espongono nelle sale superiori.

Luogo incantevole, il MAS, crea un’atmosfera vagamente misteriosa, le sedie tutte occupate e qualcuno in piedi, luci soffuse, le pareti riccamente addobbate. Il fascino finisce subito all’appello degli artisti che, uno dopo l’altro, salgono sul piccolo palco. Per tutti, salvo qualche dimenticanza (!!) le parole della curatrice ripetono “sperimentare”, ma quel che vedo proiettato sullo schermo, in attesa di sincerarmi di persona, non ha nulla a che vedere con lo sperimentare, sono le solite noiose ripetizioni del già visto, senza alcun guizzo di originalità. Ben calate nel grigiore generale sono anche le parole degli artisti: Brevi ringraziamenti alla curatrice, qualche parola di apprezzamento per il posto e tanta emozione dipinta sui volti e trasmessa dal corpo. Si staccano il pittore, marito della curatrice (!!) che regala alcune nozioni tecniche alla platea, e la giovane che frettolosamente parla della necessità di vedere con nuovi occhi e quest’intento anima le sue fotografie.

Pare la premiazione ad una recita scolastica o a un torneo amatoriale in una bocciofila. I presenti, a giudicare dai capannelli, sono tutti parenti o amici degli artisti.

Finalmente la lunga lista di artisti si esaurisce e tutti si sale a vedere le opere esposte.

Quanto vedo, non fa che rafforzare la convinzione maturata al piano di sotto: Nulla mi emoziona, tutto mi risuona di già visto e rivisto.

Due fanciulle restano a lungo davanti alla foto che, di fatto, potrebbe essere (o magari lo è!!) la riproduzione di un dipinto di Esher. Un autore si dilunga a spiegare alla fanciulla che lo accompagna i significati presenti nella sua opera. Io mi fermo davanti ad un dipinto che, secondo curatrice ed autrice, ha suscitato scalpore sui giornali: Una rivisitazione della “Donna con ermellino” di Leonardo da Vinci.  Uno sguardo più attento lo dedico all’opera di chi ci ha spiegato di giochi di luce, di colori d’oro e di esoterismo. In effetti, nelle mie scorribande presso librerie esoteriche, in molti libri sul tema ho visto illustrazioni del tutto simili, come immagini simili crea Leo Principe, pittore molto ”cliccato” sul web. Vado, curioso, davanti alle opere di chi si è descritta come “digital artist” che utilizza anche l’intelligenza artificiale e me ne allontano con la curiosità ancora in tasca.

Non sono un professionista delle arti figurative. Con questa necessaria premessa, mi trovo però a concludere la visita, per l’ennesima volta, col motto “Nulla di nuovo sotto il sole”.

Certamente, ormai nel terzo millennio d.c., dopo le tele lasciate bianche, l’orinatoio di Duchamp, i colori gettati sparsi sotto l’impulso di irrefrenabili pulsioni, le tele tagliate, i barattoli riempiti di feci, le figure umane gonfiate a dismisura e via con tutto l’enorme e inelencabile elenco di tendenze e sotto – tendenze, dopo millenni di opere d’arte, cercare e pretendere del nuovo, del non visto prima, pare insensato.

Però… è insensato nelle opere artistiche contemporanee, vista l’impossibilità di creare cose nuove, cercare relazioni nuove dentro contesti e stili vecchi e già visti? Relazioni che, poste in quel contesto, suscitino emozioni diversamente aggettivabili a seconda dell’estro e del gusto dell’autore in rapporto alla singolare e soggettiva personalità di chi le guarda? Opere che siano disturbanti, accoglienti, offensive, estranianti, confortevoli, interrogative, inquietanti ecc. Che emozionino, insomma.

Non sono un professionista di arti figurative, lo ripeto. Come non lo sono di musica o letteratura. E ci sarà un motivo, motivo grande, più grande di me, se incidono dischi e fanno concerti (a cui il pubblico va) Alessandra Amoroso, Marco Carta, Elodie e tutti quei distributori di musica “marmellata” tutta uguale, indistinta, dai testi  di una banalità disarmante, che cade nell’oblio nel giro di pochi mesi; se tutti i politici, nonostante impegni lavorativi per forza gravosi data la loro professione, scrivono (o si fanno scrivere) libri per altro immediatamente dimenticabili; se scrivono e pubblicano e vendono Fabio Volo e Marina Di Guardo (quest’ultima, forse più nota come la mamma della Ferragni).

Per lo stesso motivo, hanno tutto il dritto di dedicare tempo e passione alla loro arte anche tutti i pittori e fotografi che imperversano nelle mille e mille gallerie e mostre d’Italia. Dunque anche i simpatici artisti che in questi giorni espongono al MAS. Io mi arrogo il diritto di continuare a cercare, tra mostre ed esposizioni, quell’artista, quelle opere, che mi facciano emozionare.

Un po' come avviene nel mondo del movimento e del fitness. Tra la moltitudine di proposte tutte uguali nel considerare l’uomo – corpo (Korper) una macchina (o uno stupido?), quei supermercati del chiacchiericcio e del narcisismo che si chiamano Get Fit, Virgin e gli epigoni meno famosi, a voler cercare, cercare attentamente, trovi, in spazi per niente rinomati, gioielli stupendi di corpo Leib, gioielli che rispondono al nome di Laban Movement Analysis, Natked, Body Mind Centering, Feldenkrais.

Un po' come avviene nel mondo delle Arti Marziali. A ben cercare, dietro ed oltre gli spacciatori dei soliti nomi noti come delle invenzioni fantasiose, dietro ed oltre stili e tecniche da ripetere e ripetere e ripetere e mandare a memoria, dietro ed oltre Maestri, Guru, professori, gonfi di ego e certezze assolute, puoi trovare autentici ricercatori appassionati, cacciatori di emozioni. Puoi trovare noi Spirito Ribelle e altri come noi, che senz’altro ci sono, esistono; senz’altro, da qualche parte seminascosta, c’è chi, come noi Spirito Ribelle, pratica di cuore e di pancia contribuendo a formare individui adulti, coraggiosi, vitali ed erotici; pratica di crudo Bujutsu per aprirsi all’etica del Budo.

 

DAL 5 al 11 OTTOBRE 2024

Presso MAS Via Quintino Sella 4. Milano

 

 




 

lunedì 30 settembre 2024

Il mio pensiero di OTTOBRE

Perché gli uomini generalmente non sono sereni e soddisfatti di come vivono? Le risposte, tutte condivisibili e parzialmente vere, possono essere tante.(1)

Qui mi soffermo sulla risposta che individua nel sistema in cui viviamo un modello costruito sì in modo da permettere una convivenza la cui conflittualità sia contenuta, ma con un contesto educativo e valoriale univoco. Il che è portatore di nevrosi, senso di costrizione e alienazione, iperattività concorrenziale, sfrenato consumo senza uso, alternanza scomposta tra nichilismo ed eccessi bulimici. Questo non può certo soddisfare gli avventurosi, gli audaci, i … Ribelli.

Questi ultimi sanno che il corpo è il nostro biglietto d’ingresso nel mondo, che per cambiare il modo di essere ed agire occorre cambiare l’immagine che si ha di se stessi, che il corpo Leib (2) (corpo vivo, corpo che sente e patisce) è sempre più costretto, asfittico e sempre meno animalesco, selvatico.

Per questo, questi ultimi scelgono pratiche corporee, di movimento, che sono generaliste, ovvero rifiutano la specializzazione e puntano al sentire ed essere consapevoli del proprio corpo. Pratiche che investono i diversi aspetti della propriocezione, dello schema corporeo, della memoria somatica, dell’intelligenza senso-motoria e tutti i tipi di consapevolezza non intellettuale dell’esperienza di essere umani. Sale in figura il concetto di cinestesia, la capacità di sentire i movimenti del proprio corpo nei muscoli, nelle articolazioni, nell’apparato scheletrico, fino agli organi interni: La capacità di comprendere e governare l’esperienza motoria del sé corpo.

Io individuo nelle Arti del Bujutsu - Budo un filone interessante di queste pratiche. Probabilmente esse sono le uniche con la caratteristica di prendere di petto il rapporto corpo contro corpo, anche nelle sue manifestazioni conflittuali. Sono le più realistiche nell’essere metafora e simulazione dei micro conflitti presenti nelle relazioni quotidiane, le più severe nello scavare dentro il registro emozionale dei praticanti, le più performanti nel portare alla luce il duetto vita / morte che, invece, il sistema tende ad occultare, a far dimenticare, le più adatte a mettere il praticante davanti alla responsabilità del coraggio e della paura.

Purché siano realmente Arti del Bujutsu - Budo e non la solita sfilza di tecniche, forme e gesti copiati da un modello e memorizzati come una filastrocca, purché non siano l’affannato scazzottarsi per un vanto di supremazia muscolare, per una momentanea esaltazione machista.

Purché siano praticate come qui, allo Spirito Ribelle: Uguali a nessuno.

“Non bisogna impantanarsi nella "forma" delle cose nella pratica. Credo fermamente anche che non si debba creare un metodo che sia scolpito nella pietra. Il Bujutsu stesso è la capacità di usare il corpo in qualsiasi situazione, in qualsiasi ambiente, e come tale è l'incarnazione del cambiamento. Ciò significa che l'allenamento deve essere adattato a te stesso tramite infinite prove, errori, sperimentazioni e aggiustamenti se vuoi comprendere la vera essenza dietro il movimento”

(Maestro Akuzawa Minoru)

1.         Per saperne di più: di Byung-Chul Han, “La società della stanchezza”; “Eros in agonia”. Di Erich Fromm, “I cosiddetti sani. La patologia della normalità”.

2.         https://www.psicologiafenomenologica.it/leib-korper-ripensare-fondamenti-psicopatologia/

 

 

 

mercoledì 25 settembre 2024

Kenshindo - Iaijutsu l’arte della spada

 


Muoversi impugnando acciaio, silenzio e respiro come condizione di presenza densa e profonda. Immaginare. Stare dentro un viaggio cinestetico per modellarti con empatia all’ambiente, a colui che, minaccioso, ti sta difronte.

Muoversi impugnando acciaio come esercizio critico della corporeità. Restare immobili che, come il silenzio, è totale espressione sincera, sapere che prima di muoverti ed agire devi saperti fermare.

Muoversi impugnando acciaio non è solo una pratica ristretta ad uno specifico ambito marziale, in quanto alcuni suoi aspetti investono ogni essere umano: Da quelli più lampanti quali movimento, gesto, spazio, a quelli sottesi come tempo, ritmo e peso. Essi stessi sono chiavi di lettura dell’esperienza del nostro modo di vivere la vita, del nostro saper ricevere impressioni, confrontarci con l’ambiente circostante, accettare e creare mutamenti. È la convinzione, personalmente esperita in quasi cinquant’anni di pratica, dell’Arte del katana come pratica nient’affatto specialistica. Essa, invece, ci mostra in modo potenziato e amplificato alcuni aspetti del nostro essere corpo in movimento e in relazione.

“La spada deve essere più di una semplice arma;

deve essere una risposta alle domande della vita”

(Miyamoto Musashi)


Kenshindo la “Via dello spirito della spada, che è

Suburi – Movimenti con fendenti e falciate

Tachiuchi kata – Giochi codificati in coppia

Tameshigiri – Taglio su bersagli

Gekken – Scherma libera

“Prega affinché l’altro non sfoderi,

ma alla fine, se non è possibile evitarlo,

mettilo a morte con un colpo solo

e prega perché riposi in pace”.

NB: La pratica del katana, qui allo Spirito Ribelle, è condotta con lame di acciaio, affilate, lame che sanno essere letali. Qui, allo Spirito Ribelle, lasciamo agli altri il fare i samurai agitando giocattoli di latta. Qui si pratica realisticamente per divenire adulti autodiretti, coraggiosi e vitali.

 

 

 

 

 

 

 



sabato 21 settembre 2024

Tambo, bastone corto, arma di difesa e strumento per una motricità consapevole

 


Il bastone corto, per gli interessati alla difesa personale, è arma poliedrica la cui modesta lunghezza si può trovare in numerosi oggetti quotidiani e a portata di mano; per gli interessati alla cultura del movimento, è  “occasione” per stimolare e scoprire nuove esperienze motorie, nuovi percorsi motori tali da incentivare la nostra intelligenza corporea.

Noi, Spirito Ribelle,

  • -       ai primi ricordiamo che i vari maneggi non sono esibizioni narcisistiche. L’arma, in quanto tale, non va fatta volteggiare al di fuori dell’area del proprio corpo pena l’esporsi agli attacchi avversari e nemmeno i colpi vanno “caricati” pena il manifestarsi platealmente agli occhi dell’avversario aprendosi, inoltre, ai suoi attacchi. Su You tube trovate video e video di Maestri, sifu, guru che cadono in queste sciocchezze. Chissà quanti di loro hanno mai, nella vita reale, colpito di bastone, di spranga, di chiave inglese e sono stati aggrediti da qualcuno armato di bastone, di spranga, di chiave inglese… Magari sono gli stessi che, a mani nude, spronano l’allievo a “non caricare” i colpi, a “tenere la guardia”: Misteri dell’imbecillità umana.
  • -       ai secondi proponiamo giochi ben poco codificati, forti del motto “Il minimo di struttura per il massimo di esplorazione “ (E. Duplan) in cui creiamo un apparente disordine per cercare e testare una gestualità diversa, inusuale, come tale capace di aderire agli imprevisti che il vivere ci pone davanti.

 

Ad ambedue dedichiamo una citazione del filosofo Merleau - Ponty:

“Il corpo è il nostro mezzo generale per avere un mondo”.

 

 La pratica con oggetti: esplicitamente armi, possibili armi o semplicemente “oggetti”, è sempre riferita alle loro peculiari attinenze con sistemi e strutture del corpo, con i diversi componenti qualitativi del movimento e con i sistemi globali di coordinazione motoria. Nulla è lasciato al caso.

Ne ho già scritto in precedenza e, prossimamente, pubblicheremo un video sull’uso …. creativo  della palla medica nella formazione di un corpo e di una motricità liberi di fare quello di cui sono capaci senza che la mente o l’imitazione di modelli ne limiti il potere.

Riferendosi al video, in cui usiamo i tambo (bastoni corti), ma questo vale per i bastoni in genere: jo (medio), bo (lungo), è in primo piano il sistema osseo coinvolgendo l’assialità e le direzioni dello spazio. Sono stimolate le strutture muscolari centrali (antero – posteriore nella spinta, postero – anteriore nell’estensione assiale) e quella di condensazione (antero – laterale). (Per saperne di più: cap. 8 “Le materie e il corpo” in “Un corpo tra altri corpi” di V. Bellia).

 

Ancora Spirito Ribelle, UGUALI A NESSUNO.

 

 

 

 

 

 

 

 


lunedì 16 settembre 2024

Posso fare UNA lezione di prova?


                                                                     Una lezione di prova?

Ormai, ovunque, ogni nuovo praticante può fare una lezione di prova.

Oddio, alcuni Dojo la fanno pagare... ma di questo non voglio trattare.

 

Perché fare una lezione di prova?

La risposta credo sia "Perché prima di iscrivermi (leggi 'pagare') voglio conoscere il prodotto che acquisto ".

Dubito che una lezione permetta a chicchessia di capire cosa andrà a fare nei mesi successivi.

Ma tant'è, pare che così stia bene al potenziale nuovo allievo e anche al Maestro.

 

Fare Arti Marziali è comprare un prodotto?

Le Arti Marziali, almeno per me, almeno qui allo Spirito Ribelle, non sono un prodotto in vendita, un televisore o un’aspirapolvere che tu compri e poi ognuno per la sua strada. Sono un percorso, lungo o breve che sia, di esplorazione e conoscenza di sé, di capacità di stare nei conflitti, di gestire le relazioni, di stare bene, stare meglio al mondo. Un percorso che il praticante fa insieme al Sensei ed ai compagni di pratica, condividendo la cultura che vige in quel Dojo.

 

Allo Spirito Ribelle posso fare una lezione prova?

È questo che mi stai chiedendo?

No, da noi Spirito Ribelle non fai una ed una sola lezione di prova ma fai un periodo di prova.

Non una ed una sola lezione, perché non basta assolutamente a comprendere il percorso marziale e formativo che vai ad intraprendere; non basta a comprendere se fa per te.

Sarebbe come andare al ristorante, ordinare un antipasto, assaggiarne un boccone e poi uscirne convinti di prenotare lì la cena per il primo tanto agognato appuntamento con l'amata.

Non una ed una sola lezione perché la " prova" vale certo per l'aspirante allievo ma anche per me, per noi. Il rapporto che si va ad instaurare coinvolge l'aspirante allievo quanto il Sensei: Insieme capiremo se è il caso di fare un tratto di strada insieme oppure no.

 

Una ed una sola lezione di prova è sufficiente?

Assolutamente NO.

Per questo, qui allo Spirito Ribelle, pratichi " in prova" per tutto il tempo che vuoi, sarai tu spontaneamente a capire se e quando sarà il momento di entrare nel clan o allontanarti.

Sempre che il Sensei non ti abbia già accompagnato all'uscita spiegandoti che tra te e il clan non è sbocciato alcun feeling.

 

In Giappone come si fa?

Nelle scuole tradizionali giapponesi c'è una parola che spiega bene: te hodoki, "rilasciare, sciogliere le mani", ovvero gli insegnamenti iniziali che l'allievo riceve attraverso i quali il docente saggia le sue intenzioni prima di farlo accedere al cuore del clan.

Di converso, il neofita avrà l'occasione di gustare un pranzo intero, (anche se questo non esaurisce il menu!!) per tornare all'esempio del ristorante, e capire se dare fiducia al cuoco anche per i successivi pasti.

 

Spirito Ribelle, anche in questo

 “Uguali a nessuno”

Noi Spirito Ribelle, pur nel rispetto delle logiche di mercato, di compra e vendita di un prodotto che vigono nei vari Dojo e palestre, da queste logiche siamo totalmente distanti.

Anche nel rifiutare la " lezione di prova" per proporre un condiviso periodo di prova.

Non è meglio?






 

venerdì 13 settembre 2024

Cosa sono Push Hands, Sui Shou, Sujin Te e simili

 


Sono “giochi” in coppia, codificati e poi semiliberi e liberi, presenti in molte, forse tutte, le Arti Marziali.

Con nomi diversi, li troviamo nel Tai Chi Chua, Pa Kwa, Wing Chun, Taiki Ken, diversi stili di Karate di Okinawa, Kalì filippino, Yi Quan, ecc.

Non entro nel merito del " a cosa servono", perché so di pareri diversi quando non divergenti. E di questo scrissi in post precedenti.

Come si praticano?

Anche qui le opinioni divergono. Noi Spirito Ribelle abbiamo sempre messo in risalto già in post precedenti l'importanza del confronto come ascolto di sè, ascolto dell'altro e ascolto di cosa INSIEME si viene a creare.

Là dove non vi è spiegazione,

ci si avvicina con l’intuizione

Niente forzatura o prevaricazione di un praticante sull'altro, ma anche niente meccanica ripetizione di tecniche, del genere "se tu fai così, allora io rispondo così". Invece, una danza, uno scambio armonico di sensazioni in cui indirizzare il compagno là dove vogliamo: che sia un cul de sac senza via d'uscita, uno sradicamento e squilibrio, una pressione che immobilizzi, una resa a colpi dolorosi.

A volte, anzi, spesso, vediamo questi giochi di mano esprimersi in modo sgraziato, a strappi, affidato esclusivamente all’uso della forza muscolare o attingendo a qualche " trucco", dunque privi di quella sottile quanto velenosa armonia che, sotto traccia, prima o poi porterà uno dei due praticanti a ridurre all'impotenza l'altro.

L’armonia non è quiete, è l’arte nobile

del trarre forza dall’altro

Questa grossolanità, questo praticare rozzo, è dovuto alla mancanza di una o di tutte le tre componenti fondamentali che sostanziano una buona pratica, pratica che sia di autentica relazione: So cosa sto facendo, so cosa sta facendo l'altro, intuisco (cerco di intuire) cosa l'altro sa di quel che io sto facendo.

Alla base ci sta poi l'esposizione personale, la disponibilità a mostrarsi per quel che si è lasciando davvero spazio all'esperienza in atto, esperienza di relazione con un altro essere umano.

Senza questa esposizione, questa accettazione della propria vulnerabilità, i "giochi di coppia" resteranno aride pratiche formali, insipidi accumuli di tecniche praticate da individui incapaci di guardare dentro di sé, costantemente protetti da maschere di narcisismo, aggressività repressa, vittimismo, tendenza alla proiezione...insomma, nascosti dietro un ruolo, dietro quegli evitamenti, (gli stessi messi in atto nel  vivere di ogni giorno) che impediscono  di essere adulti autentici e sereni.

Solo ed esclusivamente praticando in forma di dialogo di coppia, e non di scontro, di gara a "chi ce l'ha più lungo" (!!), si diviene capaci di cogliere il potere profondo che si crea perché si è dentro una relazione, rispetto al circolo vizioso di quelle " seghe mentali" (cit. Sandro Giacobbe, psicoterapeuta) che condizionano il nostro stare al mondo, dello strabordare dell'ego, di tutte le manovre che agiamo per...non agire. Ovvero fiaccare e smantellare il potere dei pensieri sulle nostre percezioni, sul nostro agire e su come ci comportiamo abitualmente.

Contatto è saper apprezzare le differenze.

Hai voglia a dire che le Arti Marziali sono un percorso di crescita interiore. Non lo saranno MAI se non le pratichi con lo spirito e il sincero atteggiamento di cui scrivo qui sopra.

Spirito ed atteggiamento che trovi allo Spirito Ribelle e che fanno del nostro clan una comunità unica, uguale a nessuno.

 

 


lunedì 9 settembre 2024

Meglio praticare in un locale chiuso o all’aperto?

Per chi lavori principalmente a corpo libero o con piccoli attrezzi, è meglio praticare al chiuso o all'aperto?

Vediamo, succintamente, pro e contro.

Al chiuso

- Pro. La tua performance non sarà mai influenzata dalle condizioni atmosferiche. Godrai di un ambiente privilegiato in quanto a confort, sicurezza, niente distrazioni ed esatta ripetibilità delle condizioni standard che ospitano il tuo praticare.

- Contro. I contro stanno tutti nei pro di cui scriverò nelle righe sotto, dedicate ai " pro" del praticare all'aperto e ai quali ti rimando

All'aperto

- Contro. Ti mancheranno tutti i " pro" del chiuso. Ma...

sei sicuro che siano

davvero dei " pro"?

Sì perché ecco i " pro" del praticare all'aperto.

Il primo: Da alcuni anni, finalmente, si vede chi svolge attività fisica all'aperto (anche se principalmente in forma saltuaria), resta però presente la preoccupazione per ciò che gli altri pensano di noi, e non mi riferisco solo al praticare attività fisica all'aperto!! E' questa una tendenza sociale innata, foriera di ansia e conformismo del pensiero e del comportamento quanto, all'opposto, di azioni forzatamente stravaganti e inconsulte al solo scopo di distinguersi dalla massa

Superare questa forbice, trovando un personale ed autonomo equilibrio, richiede esporsi allo sguardo altrui accogliendo il non essere compresi / accettati, fino anche all'aperta disapprovazione.

Esporsi mostrando l'eventuale goffaggine gestuale e pure l'errore immediatamente percepito da chi guarda, è un'opportunità per imparare l'arte della modestia, temperare ogni atteggiamento narcisistico compreso quel delirio di onnipotenza che ci fa credere al centro delle attenzioni altrui.

Essere sotto l'occhio altrui, dunque in qualche modo vulnerabili, è il passo che conduce all'essere autentici e responsabili. Tratti fondamentali in ogni individuo che possa definirsi adulto autodiretto, dunque tratti fondamentali per chi pratichi realmente la “Via” (Budo) dell'artista marziale e non semplicemente ripeta tecniche e forme di questa o quella Arte Marziale credendosene interprete.

L'esporsi volutamente allo sguardo altrui, ci pacificherà con la preoccupazione di come gli altri ci vedono e del loro giudizio, tanto quanto ci sarà di sprone ad impegnarci sempre al massimo.

 

Il secondo: Ogni ambiente e situazione costante, che si ripeta immutata, nega il principio di continuo mutamento e di imprevedibilità del vivere. Questo principio di continuo mutamento, fonda la reale capacità combattente che è saper stare nello scontro il quale, fisico o meno, è sempre caos e disordine.

Nessuna ripetizione di tecniche memorizzate e portate a vuoto, nessuna ripetizione di tecniche memorizzate e ripetute sempre uguali contro un avversario che ci attacchi quando e come pre -stabilito e sempre nelle stesse identiche condizioni ambientali, sono la benché minima garanzia di successo nella vita quotidiana.

La ripetizione continua e costante di poesie motorie imparate a memoria e recitate sempre tra quattro mura, e magari sempre le stesse quattro mura, perché mai dovrebbe portare ricchezza emotiva e capacità interpretativa quando chi le “recita” vive, nell’arco di una giornata, la sua personale vita vera in situazioni ambientali diverse, stati emotivi diversi, relazioni sociali diverse?

 

Ecco così che i " pro" di un locale chiuso,

si rivelano macroscopici " contro",

soprattutto per un marzialista.

 

 

So che i luminari dell'ignoranza, quelli che dissertano di memoria corporea, potranno dissentire. Ma davvero si può credere che avendo affrontato, in esercitazione, mille e mille volte la perfetta reazione ad una macchia d'olio mentre siamo al volante, la nostra reazione sarà la stessa, cioè perfetta, anche quando saremo sì al volante, ma su una strada sconosciuta, impegnati in un serrato dialogo con chi ci sta seduto accanto, con lo stomaco appesantito da un lauto pranzo?

Che, dopo aver provato mille e mille volte la perfetta reazione ad una presa al collo, reagiremo altrettanto perfettamente quando la presa ci verrà portata di sorpresa, mentre ci districhiamo tra le auto in sosta selvaggia, reggendo in mano il cellulare, le gambe fasciate in pantaloni stretti e l'urgente bisogno di svuotare la vescica?

Dunque, se creatività e intelligenza motoria, fisicoemotiva (tratti fondanti una buona pratica come è qui allo Spirito Ribelle) li esplicitiamo in uno spazio fisico incerto, mutevole e disordinato, portatore di distrazioni del tutto imprevedibili, i risultati saranno ben migliori sotto ogni aspetto di crescita personale e di efficacia ed efficienza. Non fosse altro perché le condizioni all’aperto, nella loro incertezza e mutevolezza di rumori, odori, colori, incontri, luci, ombre; nel loro essere irregolari nel terreno d’appoggio e negli ostacoli circostanti; nell’ospitare caldo, freddo, vento, afa, sono un’ottima riproduzione dell’incertezza e mutevolezza quotidiana in cui ognuno di noi vive.

A questo punto, i " contro", smettono di interessarmi e.... mi appresto a praticare e coinvolgere gli allievi qui, ai giardini Marcello Candia o alla rotonda della Besana. in Milano.

 







 

 

 

 

 

sabato 7 settembre 2024

Come muoversi? Come colpire? Il movimento ad onda


La potenza esplosiva dell’onda

Di contro a chi ancora affidi la sua gestualità alla rotazione dei fianchi, tuttalpiù aggiungendovi la spinta delle gambe, noi Spirito Ribelle privilegiamo di gran lunga l’affidarsi alle catene cinetiche (1) ed alla loro espressione attraverso onde e spirali, per raggiungere l’effetto di un corpo solido, elastico e flessibile che entra in contatto con un altro corpo attraverso braccia, gambe o il corpo stesso tutto.

“La gente pensa che un jab sia una spinta, e lo stesso vale per un diretto. Ma quando li si esegue correttamente, anche questi colpi sono a spirale, solo non tanto quanto un montante o un gancio”

(Attribuita a Kuroiwa Yoshio, Maestro 6° dan di Aikido, già pugile,

e allievo diretto del fondatore Ueshiba Morihei)

Il movimento ad onda (nami) utilizza muscoli e tendini dell’intero corpo in sinergia con l’apparato scheletrico per effettuare ogni movimento. Per questo la formazione non può prescindere dall’attenzione al tessuto connettivo ed agli stessi organi interni, assolutamente non privilegiando muscoli e loro allenamento.

La catena cinetica, agendo in continuum dal punto più lontano a quello di arrivo, accelera ed incrementa in modo esponenziale l'azione impattando sul bersaglio in modo esplosivo. Questa catena cinetica ha un movimento dall'andamento ondulatorio e si esprime, al momento dell'impatto, come un colpo breve ed intenso che procura una forte scossa all’interno del bersaglio. Non si esegue con una contrazione muscolare volontaria, ma attraverso la torsione in successione delle articolazioni, secondo i principi dell’embriologia (2).

Essendo un sistema di sintesi, capace di concentrare tutti i movimenti del corpo umano, consente di esprimere indifferentemente colpi, leve articolari e proiezioni al suolo senza alcuna distinzione: L’onda si mette in moto e al termine del percorso si adatta per esprimere quanto si desideri e, in successione e senza soluzione di continuità, porta altri colpi, leve articolari, proiezioni.

Avete presente la differenza tra un’arma semiautomatica ed una automatica? La prima espelle un proiettile ad ogni pressione sul grilletto, la seconda espelle più proiettili con la sola prima pressione.  Quale “arma” preferireste essere, semiautomatica o automatica?

Muoversi e insieme colpire: 

Possibile? E come?

Muoversi con l’uso dell’onda, fa sì che la stessa catena cinetica che permette di muoversi nello spazio è quella che contemporaneamente esprime percosse, proiezioni al suolo: Mentre ti muovi per aggredire l’avversario o evitare un suo attacco, tu contemporaneamente lanci i tuoi di attacchi.

E torniamo all’esempio della differenza tra un’arma semiautomatica ed una automatica.

Cosa vedere nel video?

  • Alcuni movimenti a vuoto per formarsi ad una ottima esecuzione dell’onda, sia essa Yang o Yin.
  • Alcuni esempi di percosse e proiezioni al suolo che mostrano l’applicazione della formazione all’onda
  • Alcuni esempi di spostamenti nello spazio che mostrano l’applicazione della formazione all’onda
  • Alcuni esempi di contemporanei spostamenti e percosse

 

Come si suole dire, io sono solo un nano salito sulle spalle di giganti. Ovvero, senza le scoperte e pratiche dei “giganti” che mi hanno preceduto o di quelli che, come me ma ben più famosi, camminano spediti traendo anche loro forza dal passato, non avrei potuto e saputo conoscere il movimento ad onda ed adattarlo e trasformarlo secondo le mie personali intuizioni. Per questo ringrazio Maestri e Scuole di Arti Marziali e quello che oggi è d’uso chiamare “Movement Culture” che comprende pratiche corporee e di movimento di ogni origine e contenuto e assolutamente non specifiche e parcellizzate. Da questi due filoni, marziale e di movimento in genere, da quasi cinquant’anni imparo di persona o semplicemente li vedo in azione “rubando” quanto di mio interesse.

L’incontro, il meticciato tra culture e Scuole diverse è un’autentica forza. Ritengo che corroborare le pratiche marziali volte al combattimento con quelle generiche di corpo e movimento fecondi una concezione, una filosofia ed una pratica generalista e integrata, la sola che consente di scoprire e sperimentare efficacemente infinite possibilità di movimento. Ciò avviene dentro quello scenario di relazioni anche contraddittorie, a volte imprevedibili, che sono il vivere umano, il vivere tra altri essere umani e, inevitabilmente, anche il confliggere.

Come ci ricorda Christine Caldwell “Il corpo non è una cosa che abbiamo, ma un’esperienza che siamo”.

 

 1. Le catene sono interconnessioni di muscoli, legamenti, tendini, ossa, deputate a realizzare lo schema posturale e ottenere prestazioni di movimento.

 2Embriologia: “Disciplina che studia i fenomeni dello sviluppo dell’essere vivente (ontogenesi)” (in https://www.treccani.it/enciclopedia/embriologia_(Dizionario-di-Medicina)/). Per quanto riguarda la mia esposizione qui e la penetrazione dei colpi: Gli arti inferiori e superiori del nascituro si sviluppano per induzione. L’estremità si allunga e riceve il messaggio di allungarsi ovvero nel mentre chiede al centro di sostenerla e lanciare il messaggio. Mentre si allunga, si formano le articolazioni a partire dal centro. Le ultime a formarsi sono le dita. Nelle braccia, la spirale / torsione è dall’interno, poi esterno, poi interno (spalle, gomiti, polsi). Nelle gambe, la spirale / torsione è dall’esterno, poi interno, poi esterno (femori, ginocchia, caviglie). Per queste informazioni e le esperienze corporee in tal senso, ringrazio Eleonora Parrello, mia docente di Body Mind Centering (https://eleonoraparrello.blogspot.com/p/bmc.html).

 


mercoledì 4 settembre 2024

Il mio pensiero di Settembre 2024

L’artista, qualsiasi valido artista, non copia né improvvisa; in particolare, l’artista marziale segue semplicemente l’andare del suo corpo dentro nuovi equilibri e squilibri.

Egli assimila i principi di un movimento e nell’esplorazione dello spazio attorno a sé varia il movimento assimilato generandone un altro consono ai suoi bisogni, capace di esprimere il suo personale corpo delle espressioni.

Io non insegno tecniche (waza) ed esercizi, io propongo esperienze motorie: Sempre quando si tratti di movimento, ma a maggior ragione quando si tratti di salute e combattimento, ci sono corpi “competenti” o “incompetenti”, “responsabili” o “irresponsabili”.

Sei una macchina? Allora allenati. Se invece sei un essere umano, pratica per saperti adattare ai mutamenti e stare in salute.

Così né alleno né addestro, piuttosto propongo un percorso di formazione. Formando attraverso il movimento e il saper stare nel conflitto.

Nel conflitto, in qualsiasi “conflitto” che la vita ti pone davanti: In famiglia, al lavoro, con i figli, in ogni relazione sociale e persino con te stesso, come anche nel malaugurato caso di un’aggressione fisica violenta, vivono e si agitano mille e mille emozioni. Allora ecco l’importanza di sapere di corpo, muoversi di corpo, per conoscere e gestire il nostro tessuto emozionale, come di saper conoscere e gestire le emozioni, che sono emos – azioni, per saper muovere il corpo.

Perché in ogni individuo, la predisposizione mentale e il vissuto interiore si riflettono nelle sue azioni fisiche intenzionali, compresi i movimenti parassiti, quelli che ne inficiano lo sviluppo efficace ed efficiente.

Corpo fisicoemotivo che opera e si muove flessibile (ju), denso (sung) e potente (jin), capace di partecipare calmo e sensibile (mono no aware) agli incontri ed avvenimenti del vivere. Corpo fisicoemotivo capace di esprimere ed affermare, con i suoi gesti, le sue movenze, la propria autorevole e coraggiosa presenza nell’ambiente.

Corpo Spirito Ribelle.