“Ognuno
regola la propria condotta secondo l'immagine che si è fatta di sé. Se si
desidera cambiare la propria condotta si dovrà dunque cambiare questa immagine”.
(M. Feldenkrais)
Che
gioia vedere Lupo, mio figlio, in “formazione marziale” la sera ,con gli
adulti.
Frugoletto
di otto anni alle prese con le spinte, le prese, le pressioni, i pugni che
,ancorché misurati, arrivano comunque da adulti, da stazze di sessanta, ottanta,
cento chili lui che ne pesa nemmeno trenta. Eppure, da un paio di settimane, finiti
gli impegni scolastici, una sera la settimana viene in pedana a praticare Kenpo
nel corso adulti.
Identica
gioia, ed emozione, per quel paio d’ore in cui
ha praticato con noi allo Stage Estivo ed al Seminario, schiacciato e
soffocato sotto il peso di una fit ball compressa da altri energumeni,
rotolandosi al suolo avvinghiato e strattonato, prendendo e dando calci e
pugni.
Certo
io lo incoraggio, gli ricordo che, in quei momenti, non è solo lui a praticare,
ma, con lui, è come se ci fosse l’intero corso bambini, che ne ha la
responsabilità come quella di mostrare, impegnandosi al meglio, le capacità di
trasmissione del suo insegnante Celso.
Il
suo esempio contagia pure Luca, anche lui otto anni, così, una sera, formazione
marziale Kenpo insieme e, tutti insieme, noi adulti ed i due bimbi, a tirar
tardi in pizzeria.
Nei
loro movimenti, nel loro agire, appare evidente
quella immediata relazione con la vitalità che anima il corpo. Ogni
gesto è completo: se guardano in alto il viso del compagno di lotta, l’intero
corpo si inarca; se si accingono a balzare sul compagno a terra, l’intero corpo
si flette in avanti.
Una
completezza, un’armonia, che, col passare degli anni, facendosi adulti,
perdiamo. Guardiamo in alto con gli occhi ed un rattrappito movimento del
rachide cervicale; afferriamo il boccale di birra allungando solo il braccio.
Movimenti,
gesti, rattrappiti, isolati, frantumati, avulsi dal contesto corporeo
complessivo. Vitalità flebile e gesti inutilmente aggiuntivi, parassiti, completano un quadro poco
entusiasmante !
Qui sta la risorsa
del nostra agire marziale.
Ogni
adulto si muove proporzionalmente a quanto e come ha imparato a muoversi e
questo apprendimento è influenzato dalla
nostra infanzia, ovvero dall’educazione a noi impartita e dal contesto in cui
siamo cresciuti; dall'adattamento a traumi subiti, fisici ma anche emotivi; dalla
professione in cui siamo impegnati.
A ciò aggiungiamo che noi non comprendiamo
realmente, esperienzialmente, la
meccanica del nostro corpo. Ne abbiamo una conoscenza spesso superficiale e,
comunque, sempre teorica, libresca; sovente, infatti, ci muoviamo in modi che
non si confanno a come siamo fatti ed alle potenzialità del nostro agire.
Se
poi ci aggiungiamo tutta l’area emotiva, che è impossibile disgiungere
dall’aspetto fisico e che, anzi, lo influenza, abbiamo una visione chiara della
complessità in cui l’individuo agisce.
Per
questo sono critico verso la ginnastica, gli sport, le stesse Arti Marziali la
cui pratica, come esercizio, non è
sufficiente quando addirittura è controproducente.
Molta
pratica ginnica, la “preparazione fisica”, sostiene che noi non siamo forti abbastanza, che i
nostri muscoli devono essere incrementati. Perciò un programma di esercizi è costruito
per incrementare la capacità di lavoro
dei muscoli. Tutto questo tralasciando il sistema nervoso, che è invece il
responsabile di ogni apprendimento, ed una visione d’insieme, di intelligenza
fisicoemotiva, di noi corpo. Pensiamo
solo al fatto che i muscoli non hanno una volontà propria, è il cervello a dire
loro cosa fare !
“E'
necessario tener ben presente una proprietà molto generale dell'azione
muscolare: se proviamo a muovere leggermente l'indice, poi tutta la mano, poi
l'avambraccio, infine tutto il braccio e cerchiamo di valutare lo sforzo insito
in ciascuno di questi movimenti, potremo constatare che si compiono tutti con
la stessa facilità. Ebbene, dal punto di vista lavoro in campo gravitazionale,
i movimenti dell'indice richiedono un lavoro di qualche gm x cm, quelli della
mano di qualche migliaio di gm x cm, quelli dell'avambraccio qualche decina di
migliaia di gm x cm, quelli di tutto il braccio molto di più ancora. Si vede
dunque che la sensazione muscolare dello sforzo non misura affatto il lavoro
compiuto, ma qualcos'altro e, precisamente, la qualità dell'organizzazione del
movimento”. (M. Feldenkrais)
Qui sta la risorsa
del nostro agire marziale, appunto. Per come noi pratichiamo: qualità differente,
metodo differente.
Qui
sta anche il contributo che Lupo ci dà ogni volta che pratica con noi: facile
fermarlo, stenderlo con la nostra forza fisica.
Facile
assumere un atteggiamento di supponenza, di paternalistica gentilezza.
Molto
più interessante è assimilarne la globalità dei movimenti e, in essa, notare le
comparse delle prime storture. Molto più interessante è incantarsi davanti al
suo entusiasmo, alla sua spontanea vitalità. E provarci anche noi “grandoni”
dentro e fuori dal Dojo. Ogni giorno.
Grazie
Lupo !!
“Ok, il
corpo non è come pensavamo e allora? C’è un piccolo ma fondamentale corollario
a questo fatto: se è possibile percepire in maniera precisa la diversa
organizzazione interna che il corpo assume in relazione alle diverse
situazioni, quello con cui ci ritroviamo non è solo un corpo diverso, ma anche
un potente mezzo di indagine e di penetrazione della realtà e della cultura.
Corpo-Mente-Spazio-Cultura sono infatti in continua relazione e la possibilità di sentire e capire un polo (il corpo) ci permette di capire tutti gli altri”. (J. Tolja)
Corpo-Mente-Spazio-Cultura sono infatti in continua relazione e la possibilità di sentire e capire un polo (il corpo) ci permette di capire tutti gli altri”. (J. Tolja)