giovedì 22 aprile 2021

Kenshindo – Il seminario di Aprile 2021

 Nessuno di noi è caduto dal cielo, dunque nessun motivo può spingerci a buttarci giù.

E poi le stelle che precipitano dal cielo nella notte ardono ancora così luminose.

 

Comincia dal profondo, ed è solo un sentimento interiore, una voce del cuore che non posso più negare

e pretendo invece affrontare, affrontare impugnando acciaio affilato, acciaio affamato.

Sono un Ribelle e un sognatore, non cerco un posto dove scappare ma solo un luogo senza tempo dove toccare il mio cuore e liberarmi per la vita affrontare.

 

Sei adulti del terzo millennio a scuotere l’Ombra di sé, a conoscere di sé attraverso la morte che l’acciaio da.

Tra loro, io, il Sensei, ovvero “colui che è nato prima”, sento l’urgenza di inseguire il mio sogno, libero di cacciare, libero di affrontare ogni buio profondo e senza fine.

 

La mia decisione l’ho presa da tempo, quando ancora ero giovane, e la promessa l’ho mantenuta negli anni, nei decenni.

Nasce una leggenda personale, una storia avvincente, mentre gli occhi del mondo nemmeno osservano, nemmeno si curano, presi da un altro che addolcisce ed avvelena insieme.

Sono loro la moltitudine, quelli del pensiero unico, del consumo senza uso: quelli che al fine vinceranno. E sarà la vittoria delle ossa inerti, della polvere e delle amebe. Del futuro che non mi sarà dato vedere ma che mi è dato annusare, palpeggiare, Moloch ormai quasi adulto.

Allora le voci di alcuni dei miei compagni di spada, compagni di follia.

 

Silvano B.

.. primo approccio alle due lame, qualcuno (io) già in confusione nella vestizione con hakama e Kaku obi , nodo eseguito alla perfezione come nelle migliori scuole tradizionali giapponesi tipo allacciatura scarpe da ginnastica ... si comincia. Anche se consapevole che i “ legni “ sono anch’essi armi mortali in mano esperta , infilare  i due acciai nella cintura mi da una strana sensazione, è come se finora mancava qualcosa , certo poi ti trovi ad incespicare in qualche cosa che prima non c’era e “ riparti “ da zero , però dai non è andata male ... in un mio momento di vanità ho voluto provare (non in programma) l ‘estrazione simultanea di katana e wakizashi , la prima volta è stata a mia parere fluida ,senza pensarci , quasi naturale, non mi è passato per la mente neanche per un istante che a volte con i “legni “ mi taglio braccia e polsi ,  sarà stata

l’inconsapevole consapevolezza che ora impugnavo acciaio che mi ha protetto... la seconda, gasato della mia performance di un minuto prima, naturalmente mi sono impaperato un po’, ... quando pensi di fare qualcosa in modo meccanico e ripetitivo il più delle volte non funziona, ogni momento è a se’ stante ... in conclusione bella giornata belli noi samurai 4.0 e bell’inizio due lame .... “La semplicità è l’ultimo stadio dell’ arte e l’inizio della natura” (Bruce Lee)

 

Giovanni L.

Un'alba in costrizione tra una cintura nera non adatta alle due spade e l'incertezza nel nuovo salto, tutto sembrava troppo stretto. Pimpumpam tsuka contro tsuba , scandivano il ritmo caotico in quel nuovo spazio sconosciuto.

Si rivelò però come il camminare dell'infante, un paio di cadute e via, spedito e barcollante che in un crescendo prese forme adulte, il fascino il potere potente dell'acciaio.

Respirare liberi, vivi.

 

 

Tutto questo percorso di ricerca e dolore che intraprendiamo ci porta ad amare i nostri errori, perché tutti noi condividiamo l’orgoglio di abitare questa atmosfera antica, di uomini guerrieri, che non c’è più.

Codici d’onore, sentimenti, cadere e poi rialzarsi, sbagliare e poi giudicarsi.

E non siamo mai soli, in questi seminari Kenshindo.

E riusciamo a sorridere, di più, a cavalcare le onde grandi di un vociare stupito ed allegro.

 

 

L’acciaio per uccidere e il sorriso per vivere. Non grandi uomini, non grandi donne, ma almeno cerchiamo di essere veri, di essere autentici.

Così io scelgo di non obbedire. Mai.

 

Nessuna scorciatoia per abbracciare comode fughe. Tre ore di katana e kodachi, tre ore di Kenshindo per sorridere e sudare, concentrarsi e divertirsi, mai stanchi di cercare e combattere.

 

Sono sveglio, sveglio davvero, e tutto ciò di cui sogno è un posto dove tutti questi pensieri si fanno carne, si fanno vita.

Quel posto è dentro di me, quel posto è ogni relazione sincera che mi vede partecipe.

Sono Poteri Potenti. Per tutti, ma scelti da pochi.










lunedì 19 aprile 2021

Elogio dell’irrequietezza nella quiete

La sera, preludio alla notte nera, mi sanguina la bocca e mi stupisco sempre della gabbia di ricordi che abitano il collegio senza finestre possibili della mia memoria.

In testa non ho un arcobaleno né un rosario certo di convinzioni.

Nel cuore, nel ventre, nemmeno.

Più probabilmente mi abita una luna e anche una stella polare: colei che, suggeriscono i taoisti, saprebbe indicare la Via ad ogni guerriero errante che la terra tutta sa abitare.

 

E se intere generazioni si affacciano su flash mob e podcast di consumo immediato, io, impugnando un katana o danzando sottili forme Tai Chi Chuan, fendendo di coltello l’aria calda o sgusciando guerriero del Kenpo Taiki Ken, rivedo i passi giovanili con un respiro profondo che anticipa la fine.

La fine…che questo è il tempo del massimo sfruttamento, di una razionalità totale che impone di togliere, emarginare tutto quel che è pulsione, che è irrazionale.

 

L’uomo, dunque, che è anche irrazionale, perché l’amore, il sogno, l’immaginazione sono irrazionali.

L’uomo che non è più significante in sé ma per la sua prestazione: importa solo cosa è utile, cosa, a sua volta, produce business, produce affari e a culo ogni erotismo, ogni vitalità, ogni seduzione.

 

Io, invece, procedo, imparo e propongo ad altri di imparare decidendo di non mostrare a priori, di non partire dal modello, dalla tecnica, ma dalla ricerca delle soluzioni; io che offro un apprendimento come problema personale da risolvere e non come un modello generale da replicare. L’ho già scritto: Dalla tecnica non si parte: si scopre.

Io, cosi operando, se da un lato paio conformarmi ai dettami della Tecnica, del massimo sfruttamento: “Raggiungere il massimo degli scopi con l’impiego minimo dei mezzi”, in realtà ne sfondo i dettami, ne sfaldo i confini.

Perché, se è vero che ogni praticante Spirito Ribelle si muove di corpo, sta in salute e, quando abbisogna, mena le mani come pochi sanno fare; che ogni praticante Spirito Ribelle coltiva, col benessere, la qualità intensa che è di pochi del bell’essere, lo fa nel solco di una Tradizione adulta e sapiente che la logica Tecnica nemmeno sa essere esistente.

 

Lo fa attingendo alle personali e profonde risorse di ciascuno, dunque un “impiego minimo di mezzi” ben diverso da quello usuale in ogni branca e arte ed esercizio che alla Tecnica si conforma; impiego “minimo” che è invero “massimo” nell’impegno che ogni Ribelle mette nell’esplorare le sue terre interiori lasciandoci la sua orma.

Lo fa scoprendo che “il massimo degli scopi”, oltre ad essere un “massimo” di grandezza ben elevata, nasconde “scopi” altri, in partenza inaspettati, persino sconosciuti.

Lo fa scoprendo nel mistero del viaggio, nell’entusiasmo del praticare il gusto forte, l’appagamento che, invero, non appaga mai e lo “scopo” passa così in secondo piano come accade di ogni cornice in un’opera d’arte.

 

Certo questa mia non è l’idea reggente, quella su cui poggia il camminare, il praticare di chi a volte è servo ed altre è padrone, scialbo mimo di un pensiero alienante che tutto tende a conformare.

Piuttosto è quell’immobile raffica che ti esige fino all’ultimo, ti chiede un’irrequieta versione e un mai definitivo andare a capo. E lo fa prendendoti tutto, se glielo permetti, mentre ti aggiri dentro il corpo e scopri ciò che resta muto.

 

Gli ignavi inciampano sui ciottoli, i ladri rubano nelle case e dentro le relazioni, per i soldi e la carriera un uomo, una donna, nemmeno si accorgono che arriva la sera; per un capriccio da consumare o un trofeo da esibire un uomo, una donna, nemmeno si provano il loro odore di sterco a coprire.

 

Sta a chi mastica irrequietezza privata, personale, dentro il proprio mondo di quiete atemporale, dentro quel centro di gravità che il cantore cantava “permanente” e che io so, come sfera, essere però mai autoreggente, sta ad ogni Spirito Ribelle questo selvatico ed avventuroso cercare e fare.

Che sono Poteri Potenti, ti piaccia o no.

 



sabato 3 aprile 2021

Come una forza

 

Guerriero anziano, saggio degli errori e delle mancanze, fragile dei saperi e delle esperienze.

Perché il male non è mai là dove appare.

Allora grida forte quel che resta dell’istinto animale, l’unico a starmi accanto, l’unico che conosce il mio animo stanco.

E’ un'arma che so adoperare, quando decido di dare cose agli altri, quando gli altri non decidono di dare cose a me.

E se dentro resto opaco io non mi accontento del 

danno, anche se conosco la profondità di superficie di tutti quelli che incontro e so che non ce l’hanno.

 

Ogni mio gesticolare, ogni mio agire nello spazio è scegliere e collocare accenti ed organizzare frasi, in un sabotare ancora caotico di energie muscolari.

Ogni cosa che confondo per quello che cerco è novità, è poesia di movimenti del corpo nell’ambiente ed oltre, dove immagini evocative sanno portarmi anche quando è sconveniente.

 

Riesco a perdonarmi ogni volta che ci immergo le mani ed il cuore, ma non riesco a dimenticare gli artigli del vigliacco e lo schifo del mentire che porta dolore.

Guerriero anziano, mi prendo cura di me, come mi suggerisce la voce dolce ed i riccioli morbidi, sono gentile con me come lei vuole.

Interrogo il corpo trovandolo là dove danza e combatte un linguaggio simbolico, dove sta e fa spazio a quel sapere vivente che non smette mai di sussurrarmi altri “come” e “quando” in un alternarsi diabolico.

 

Nessuno è un fiore al buio in una serra, nessuno dorme per forza tra le lenzuola poste sulla aspra terra.

Hai solo da scegliere tu chi sei e come sei.

Costa fatica? Perdio, se è vero. Ma vivere è l’unica cosa che hai, che ti resta.

Sono Poteri Potenti, se ti basta.