Domenica 25 Settembre
L.go Marinai d’Italia
Sole a splendere su un verde di alberi e cespugli che pare
aver ingannato il lento incedere dell’autunno.
Tutt’intorno, bambini ed adulti a sorridere, correre,
giocare, passeggiare: è l’annuale “Festa
dello Sport”, organizzata da US ACLI con il patrocinio del Municipio zona
4.Nessuno che vada di fretta, ovunque è luce in un via vai di gente che si aspetta, si incontra, si sfiora,
Il nostro gazebo spicca nell’equilibrio incerto di ombra e sole, una calma profonda, che sa di ospitalità ed accoglienza.
“Ospitalità ed
accoglienza”, in tutti i sensi, in tutte le sfumature, in tutti modi di
praticarle, questo è il cuore, uno dei tratti distintivi della nostra Scuola.
Dei tanti, tantissimi, che hanno attraversato la porta del
Dojo, molti ne hanno colto l’aspetto, hanno goduto di questa enorme differenza
tra palestra, erogazione di un servizio, e Dojo, luogo di accoglienza e
formazione.
Gli allievi hanno le chiavi dei locali: chi vi è stato a riposare,
chi a studiare, chi ad intrattenersi con la compagna, chi a dormire la notte,
chi a praticare nei giorni e nelle ore che più gli aggradavano. Chi ha trovato
spesso, se non sempre, in me o negli allievi più “anziani”, una parola di
conforto, un ascolto dentro e fuori dal Dojo, per i suoi problemi familiari con
il padre o con la donna o l’uomo che aveva accanto, per le sue incertezze sugli
studi e sul lavoro, sulla … vita. Chi ha trovato in me la pazienza
nell’aspettare la quota dovuta per i corsi frequentati, anche quando lo stesso
non faticava però a trovare i soldi per un acquisto goloso o per una vacanza
golosa. E chissà, per chi ora frequenta una palestra di fitness o un corso di
nuoto o di altra Arte / sport marziale, o vi ha iscritto il figlio, se è una
sorpresa vedersi chiusa la porta in faccia se non paga regolarmente e
regolarmente porta il certificato medico.
Di questi molti, alcuni
hanno sia capito i valori proposti sia saputo contraccambiare quanto ricevuto.
Questi “alcuni” hanno capito che esserci nelle occasioni di
vita collettiva della Scuola era non solo formativo per loro, per imparare a
stare in un gruppo, a fare quello che ora pomposamente si chiama “team
building”, ma anche un modo per aiutare la Scuola, dunque loro stessi, a stare
in piedi, a stare aperta, proponendosi a nuovi possibili praticanti.Poi, questi “alcuni”, donando un po’ del loro tempo, della loro energia, quando la Scuola ne aveva bisogno, hanno mostrato l’umile e forte virtù della riconoscenza.
“Nella vita ordinaria noi raramente ci rendiamo conto che riceviamo molto di più di ciò che diamo, e che è solo con la gratitudine che la vita si arricchisce.” scriveva Dietrich Bonhoeffer, luterano e protagonista della resistenza al Nazismo. Tenendosi così lontani, questi “alcuni”, da quella che la psicologia definisce la sindrome rancorosa del beneficiato: quel malefico rancore (il più delle volte covato inconsapevolmente) che prende chi ha ricevuto un beneficio, poiché tale condizione la sente come stato “down” nei confronti del suo benefattore. Un beneficio che egli non riesce a riconoscere spontaneamente, ad accettare di aver ricevuto, al punto di arrivare a dimenticarlo o negarlo o sminuirlo o, addirittura, a mutarlo in un fardello dal quale liberarsi e a trasformare il benefattore stesso in una persona da cui allontanarsi, se non addirittura da denigrare e calunniare.
Dunque, in questo pomeriggio di sole e festa e pratica
marziale, di stare gioiosamente insieme, un mio enorme grazie di cuore a questi
“alcuni”.
Alla giovanissima Sara,
occhi dolci e presenza importante in una pedana che, a un certo punto, ha visto
oltre venti ragazzini e ragazzine ammucchiarsi uno sopra l‘altro, uno contro
l’altro.
All’Insegnante Celso,
che ha brillantemente condotto una lezione di … sole due ore e mezza, che
ragazzini e ragazzine non ne volevano affatto sapere di smettere ed andare via.
A Roberto, presenza
forte nel mostrare la qualità del nostro minuscolo cerchio di adepti.
Al Maestro Giuseppe
e a Donatella, presenti sin dalla
tarda mattinata, già all’opera con i primi ragazzini quando ancora la
“campanella” d’inizio non era ancora suonata e poi sul tatami fino alla fine e
fino alla fine a raccogliere volantini, smontare tavoli e gazebo. Un vero
piacere per me, poi, vedere una coppia così unita, così affiatata, a
condividere identica passione.
A Giovanni,
senza il quale questo non sarebbe stato possibile, perché lui ha caricato tutto
l’occorrente in auto, lui era sul luogo già dalla mattina, lui, con il prezioso
aiuto di uno degli organizzatori, ha montato gazebo e tavoli perché tutto fosse
pronto. E sempre Giovanni ha sia praticato
negli appuntamenti Tai Chi Chuan e Kenpo Taiki Ken, sia arricchito
l’offerta della Scuola con delle sedute di riflessologia plantare.
Ecco, tutto quello che abbiamo imparato nel praticare le
nostre Arti Marziali e nel farlo a modo nostro che solo nostro è, lo portiamo
dentro, scritto sotto la pelle, nel cuore e nel ventre.
Poi, comunque vada per ognuno di noi nel vivere la nostra
vita a venire, che la strada sei tu e tu solo e lo scorre degli istanti non si
ferma mai, questo tempo passato insieme, in Dojo o in un giardino, con i piedi
affondati nella neve fresca a o ingozzarsi di cibo e a tracannare vino attorno
ad un tavolo, a tirar di spada o a dormire uno accanto all’altro sotto un cielo
di stelle, non lo dimenticheremo mai.
“Il
coraggio è di due specie: quello fisico davanti al pericolo personale, e quello
che occorre avere di fronte alle responsabilità, sia verso il potere superiore
di una qualsiasi forza esterna, sia verso la propria coscienza. Riuniti, essi
costituiscono il coraggio perfetto”
(Karl von Clausewitz)
Un grazie a Barbara
per le belle foto