lunedì 19 settembre 2016

Ragazzi ed adulti, Kyu e Dan


Martedì 13 Settembre. In Dojo

Il tempo cambia sempre, che sia semplicemente quello atmosferico o invece quello che segna il passare delle cose e delle stagioni, e, poco o tanto, cambia chi in questo tempo c’è dentro.
Consapevoli o meno che ne siamo, ognuno di noi parte e si ferma e poi riparte, magari senza posti dove andare, solo così, prendendo la prima opportunità che si presenta.

Guardo questi ragazzi ammucchiarsi attorno al tavolo imbandito, qualche adulto e l’Insegnante Celso con loro. Anche loro sono in cammino, quello dell’età che va avanti, della scuola che cambia e si fa più impegnativa, quella … sì, anche quella, ovvero “questa”, del praticare Arti Marziali qui allo Z.N.K.R.
Ai loro fianchi, una cintura più scura.

Ognuno di loro, così giovane, ha un pezzo di mondo sulle spalle e ci sta con tutto con il suo carico di passioni, sogni, delusioni, incazzature, vittorie e sconfitte; con tutto ciò che vola, se ne va lontano e con ciò che ti arriva addosso e nemmeno te ne accorgi.
Li guardo, li ascolto chiacchierare e ridere e scherzare. Penso, vedo, mille destini costruiti mano a mano, poi smontati da un nemico troppo grande per essere sconfitto, poi smarriti e persi dentro un canto di vita stanca e, nuovamente, costruiti giorno dopo giorno. Fatica e sorriso ed impegno e passione.

Ecco, è proprio qui la festa, è proprio questa la festa ed il suo senso magico e potente, in cui la voce si confonde con quella dei ragazzi e degli adulti che hanno voluto esserci, hanno voluto partecipare.
Insieme, scivoliamo lungo il tempo, questo tempo in Dojo che, nel suo fare, incontrarsi e scontrarsi, è metafora e metonimia di un tempo più grande, il tempo del vivere, è formazione a questo tempo del vivere.

Complimenti a questi quattro ragazzi, ai due Jacopo, a Giulio e a Sara.
Ora che si facciano avanti gli altri “graduati”, che imbandiscano la tavola ed aprano la festa, la loro festa, che, anche qui, è festa del vivere.

 

 
 
 
Sabato 17 Settembre. Cascina “La Crivella”
 
Abbiategrasso (Mi)

Tocca agli adulti, Valerio per il suo quinto dan Kenpo, Giovanni per il suo primo dan Kenpo.

Più di venti attorno al tavolo che, come da Tradizione, ad ogni passaggio Dan, il “promosso” offre un pranzo o una cena a tutti i suoi compagni di pratica, ovvero a coloro che, sudando e picchiandosi con lui, gli hanno mostrato il cammino, gli hanno permesso di conoscersi e crescere e trasformarsi, ognuno sorta di psicopompo verso la morte per poi rinascere: il nero della cintura ed i dan successivi.

Cosa ci faccio io in mezzo a loro? Dove alcuni mi hanno cercato, altri mi hanno trovato, altri ancora mi hanno dimenticato nel mentre che mi chiamano.
Perdinci, sono il Sensei !!
La guida lungo il cammino, un po’ sciamano, quello anzianotto e stropicciato che certo non è uno stinco di santo, tutt’altro, ma sotto la tempesta ci è stato più e più volte e mai è scappato, o forse qualche volta sì, ma anche questo fa esperienza, quell’esperienza, sotto lo scrosciare dell’acqua ed il cadere vicino, così vicino, dei fulmini, che ti è servita a capire il senso della tempesta ed il tuo starci dentro, a viso aperto; un po’ sciocco taoista, a tirare innanzi tra i piaceri e la sensualità del vivere, col sorriso sulle labbra, anche quando qualche dubbio si fa avanti, che tu guardi e gli senti addosso un sommesso odore di vitalità impetuosa orlata di dubbiosa melanconia; un po’ guerriero audace, ma anche tenebroso, con quel ghigno sul volto che sembra urlare, con le parole di Malcom X:  Sii pacifico, sii cortese, obbedisci alla legge, rispetta tutti; ma se qualcuno ti mette le mani addosso, mandalo al cimitero.”

E tu, tu Valerio e tu Giovanni, questo lo sapete: mi conoscete, come un allievo conosce la guida a cui si affianca, come ci si conosce tra amici, amici veri.

E la tavolata, questa tavolata, brulica di amici. Di compagni d’avventura passata o presente.
Ognuno ha sudato, si è spaventato, si è fatto spavaldo, ha messo le mani in faccia ed anche dentro il cuore, l’uno dell’altro. Ognuno ha cacciato il mostro che ha nel ventre e nel respiro. Qualcuno, poi, si è arreso, qualcun altro ne è stato pasto abbondante ancorché riluttante, qualcuno ha fatto finta di non sentirne l’olezzo malsano, qualcuno si è buttato sui mostri degli altri per dimenticare il proprio, qualcuno ancora ne segue tracce, gli tende tranelli, non ha smesso la caccia.

Sarà il peso del mondo, che mai è solo amore.  Sarà anche il carico di solitudine e scontento che torna a rimbalzi nel cuore e ad occupare la mente. Sarà, ma noi questo peso lo portiamo serenamente, trovando conforto proprio tra le braccia del vivere, attenti sì ad ogni inciampo, ma mai domi di combattere e sognare perché il sogno si realizzi.
Allora, in queste ore ambigue sul confine della notte, sotto un cielo che sa di impossibile, noi brindiamo di vino alzando i bicchieri, cozzandoli l’un contro l’altro, amici e guerrieri.

 

“Perché l'educazione sentimentale passa dal sangue, dal cuore e dai suoi battiti. Ti insegna ad ascoltarli”
(C. Risé)

 














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