Martedì
13 Settembre. In Dojo
Il tempo cambia sempre, che sia semplicemente quello
atmosferico o invece quello che segna il passare delle cose e delle stagioni,
e, poco o tanto, cambia chi in questo tempo c’è dentro.
Guardo questi ragazzi ammucchiarsi attorno al tavolo
imbandito, qualche adulto e l’Insegnante Celso con loro. Anche loro sono in
cammino, quello dell’età che va avanti, della scuola che cambia e si fa più
impegnativa, quella … sì, anche quella, ovvero “questa”, del praticare Arti
Marziali qui allo Z.N.K.R.
Ognuno di loro, così giovane, ha un pezzo di mondo sulle
spalle e ci sta con tutto con il suo carico di passioni, sogni, delusioni,
incazzature, vittorie e sconfitte; con tutto ciò che vola, se ne va lontano e
con ciò che ti arriva addosso e nemmeno te ne accorgi.
Li guardo, li ascolto chiacchierare e ridere e scherzare.
Penso, vedo, mille destini costruiti mano a mano, poi smontati da un nemico
troppo grande per essere sconfitto, poi smarriti e persi dentro un canto di
vita stanca e, nuovamente, costruiti giorno dopo giorno. Fatica e sorriso ed
impegno e passione.
Ecco, è proprio qui la festa, è proprio questa la festa ed
il suo senso magico e potente, in cui la voce si confonde con quella dei
ragazzi e degli adulti che hanno voluto esserci, hanno voluto partecipare.
Insieme, scivoliamo lungo il tempo, questo tempo in Dojo
che, nel suo fare, incontrarsi e scontrarsi, è metafora e metonimia di un tempo
più grande, il tempo del vivere, è formazione
a questo tempo del vivere.
Complimenti a questi quattro ragazzi, ai due Jacopo, a
Giulio e a Sara.
Ora che si facciano avanti gli altri “graduati”, che
imbandiscano la tavola ed aprano la festa, la loro festa, che, anche qui, è festa del vivere.
Sabato
17 Settembre. Cascina “La Crivella”
Abbiategrasso (Mi)
Più di venti attorno al tavolo che, come da Tradizione, ad
ogni passaggio Dan, il “promosso” offre un pranzo o una cena a tutti i suoi
compagni di pratica, ovvero a coloro che, sudando e picchiandosi con lui, gli
hanno mostrato il cammino, gli hanno permesso di conoscersi e crescere e
trasformarsi, ognuno sorta di psicopompo verso la morte per poi rinascere: il
nero della cintura ed i dan successivi.
Cosa ci faccio io in mezzo a loro? Dove alcuni mi hanno
cercato, altri mi hanno trovato, altri ancora mi hanno dimenticato nel mentre
che mi chiamano.La guida lungo il cammino, un po’ sciamano, quello anzianotto e stropicciato che certo non è uno stinco di santo, tutt’altro, ma sotto la tempesta ci è stato più e più volte e mai è scappato, o forse qualche volta sì, ma anche questo fa esperienza, quell’esperienza, sotto lo scrosciare dell’acqua ed il cadere vicino, così vicino, dei fulmini, che ti è servita a capire il senso della tempesta ed il tuo starci dentro, a viso aperto; un po’ sciocco taoista, a tirare innanzi tra i piaceri e la sensualità del vivere, col sorriso sulle labbra, anche quando qualche dubbio si fa avanti, che tu guardi e gli senti addosso un sommesso odore di vitalità impetuosa orlata di dubbiosa melanconia; un po’ guerriero audace, ma anche tenebroso, con quel ghigno sul volto che sembra urlare, con le parole di Malcom X: “Sii pacifico, sii cortese, obbedisci alla legge, rispetta tutti; ma se qualcuno ti mette le mani addosso, mandalo al cimitero.”
E tu, tu Valerio e tu Giovanni, questo lo sapete: mi
conoscete, come un allievo conosce la guida a cui si affianca, come ci si
conosce tra amici, amici veri.
E la tavolata, questa tavolata, brulica di amici. Di
compagni d’avventura passata o presente.
Ognuno ha sudato, si è spaventato, si è fatto spavaldo, ha
messo le mani in faccia ed anche dentro il cuore, l’uno dell’altro. Ognuno ha
cacciato il mostro che ha nel ventre e nel respiro. Qualcuno, poi, si è arreso,
qualcun altro ne è stato pasto abbondante ancorché riluttante, qualcuno ha
fatto finta di non sentirne l’olezzo malsano, qualcuno si è buttato sui mostri
degli altri per dimenticare il proprio, qualcuno ancora ne segue tracce, gli
tende tranelli, non ha smesso la caccia.
Sarà il peso del mondo, che mai è solo amore. Sarà anche il carico di solitudine e scontento
che torna a rimbalzi nel cuore e ad occupare la mente. Sarà, ma noi questo peso
lo portiamo serenamente, trovando conforto proprio tra le braccia del vivere,
attenti sì ad ogni inciampo, ma mai domi di combattere e sognare perché il
sogno si realizzi.
“Perché
l'educazione sentimentale passa dal sangue, dal cuore e dai suoi battiti. Ti
insegna ad ascoltarli”
(C.
Risé)



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