giovedì 29 febbraio 2024

Il mio pensiero di Marzo 2024

 

Nati nel 1980, nel corso degli anni, dei decenni, ci siamo trasformati nello spirito, Shen. Da palestra di Karate e Arti Marziali (palestra nel suo antico significato di luogo di esercitazione, addestramento e competizione, significato in voga tutt’ora in tutte le “palestre”, i “gym” di qualsiasi sport, disciplina o fitness, arti marziali varie comprese) a “Scuola”, intesa come nella Grecia antica quale “paideia”, luogo della formazione mediante la cultura; per noi cultura dell’individuo fisicoemotivo, dunque del corpo tutto: “Il nostro corpo è abitato: sangue, ossa, organi, muscoli segnalano una vita interna che non si esaurisce nella sua fisiologia, ma che produce intrecci, sovrapposizioni e risonanze nella nostra esperienza emozionale, affettiva, psichica” (I. Gamelli. Pedagogia del corpo) (1). 

Così diveniamo Dojo, che è “a place of severe confrontation between oneself and one’s self - luogo di aspro confronto tra sé e se stessi. Trad. mia (D.F. Draeger. Classical Budo) (2).

Diveniamo uno spazio collettivo di pratica e cultura ‘altra', in cui ogni singolo praticante, come il gruppo tutto, può scoprire un nuovo contatto con se stesso; immergersi in Neijia, il profondo, l‘interno; attingere a personali risorse fino ad allora inesplorate; attraversare antiche alchemiche pratiche taoiste e moderne espressioni di movimento per costruire un adulto autodeterminato, vitale, erotico e propositivo.

E’ un percorso scelto da tutti coloro che intendono riappropriarsi dell’autentico senso del corpo fisicoemotivo e del corpo in movimento, costruendo attraverso la pratica corporea il Do, la Via, per la propria conoscenza e crescita.

Con tutto il rispetto (ma anche la distanza) verso chi si addestri ripetendo esercizi e tecniche preordinate, imitando gesti imposti da altri, da noi il muoversi non è una espressione imprigionata dentro sequenze di ‘gestualità’ specifiche, per giunta uguali per tutti, ma è IL processo che sostiene l’esistere umano.

Da noi “Spirito Ribelle” (3), la pratica si compone di diverse connessioni tra i sistemi corporei originando un’area di appassionato fare e confrontarsi in cui “Pratichiamo la sensibilità per espandere la nostra creatività” (E. Parrello) (4); in cui le Arti Marziali sono metafora e metonimia degli incontri e scontri quotidiani al lavoro, in famiglia, in ogni relazione, sostenendo il praticante verso la capacità di stare nel conflitto, in ogni tipo di conflitto.

Da ZNKR (“scuola antica di tutta la Via della mano vuota giapponese”) a “Spirito Ribelle”, come a dire “corpo e mondo antagonista, persino alternativo, al pensiero e alle pratiche dominanti”.

Mica poco!!

“Essere indipendenti è l’unico modo 

per continuare ad essere chi siamo”

(in “Scomodo” n.51)

1.         Ivano Gamelli, pedagogista e professore associato di Pedagogia generale e sociale all'Università degli Studi di Milano-Bicocca

2.         Donn F. Draeger (1922 – 1982,) pioniere delle arti marziali giapponesi, autore di numerosi libri sulle arti marziali asiatiche. Una sua beve biografia in https://budojapan.com/feature-articles/donn-f-draeger-the-pioneer/.

3.         Di questa nuova svolta ho già scritto più volte. Sinteticamente posso scrivere che abbiamo lasciato alle spalle un’affascinante struttura che molto ha dato sotto ogni aspetto della loro vita ai praticanti, come anche a chi solo vi si è accostato come spettatore, per intraprendere un cammino errante con poche regole, ancor meno certezze e tanta passione “gyakufu”, “faccia al vento”.

4.         Eleonora Parrello, insegnante, educatrice del movimento somatico e del movimento in età evolutiva, practitioner diplomata presso The School for Body-Mind Centering. A lei, dopo una iniziale esperienza con Jader Tolja vent’anni or sono, devo la mia introduzione all’anatomia esperienziale.

 



mercoledì 21 febbraio 2024

Com’è e cos’è praticare Spirito Ribelle?

Sono narrazioni di corpo e gestualità che, nei giochi e negli incontri, negli scontri e nelle evasioni, nel fluire e nello spezzarsi dei gesti, raccontano di cos’è e com’è praticare Spirito Ribelle.

Pratica Ribelle è contro una corporeità, un movimento, dominato dall’alienazione di un corpo Korper (oggetto, estraneo) a scapito di un corpo Leib (abitato, esperito); è contro corporeità e movimento subordinati alla legge del profitto e della mercificazione, della ripetizione pedissequa, di una meccanica povera e superficiale, di donne e uomini addestrati come animali da circo. Pratica Ribelle è, invece, coraggiosa voglia di scoprirsi e scoprire; di superare gli angusti confini del già saputo per entrare nel mondo del corpo personale e ancora inesplorato. E’ corporeità vitale ed erotica

Pratica Ribelle, attraverso corporeità e movimento semplici, fluidi, mai banali, è immergersi nel piacere dell’abitare lo spazio, dello stupore nell’incontrare l’altro da sé. Il che porta a stare bene, stare meglio, molto meglio, nel quotidiano vivere in famiglia, al lavoro, negli affetti, negli incontri e scontri che ogni giorno affrontiamo.

Pratica Ribelle 

è 

abitare Poteri Potenti.

 

 


 

 

 

 

giovedì 15 febbraio 2024

Di doman (del presente?) non c’è certezza

Lorenzo de' Medici, conosciuto come “il Magnifico”, così scriveva nel quindicesimo secolo, invitando a godere giorno per giorno delle gioie della vita, esaltando la giovinezza, con i suoi amori, le sue gioie, i suoi momenti spensierati.

Quanto di questo invito al godimento è rimasto oggi? Il consumismo compulsivo, il narcisismo diffuso che scorrazza indisturbato nei “social”, la vetrinizzazione di corpi oggetti, la smania di stupire, l’esaltazione di ogni eccesso, il “limite” visto come una pecca di cui liberarsi, sono la testimonianza dell’attualità del moto del “Magnifico”? O, invece, nella loro spasmodica tensione, nella loro delirante ossessione, sono lì a testimoniare una paura profonda, un radicato senso di smarrimento esistenziale e il disperato tentativo di sfuggirli?

Da alcuni anni, secondo alcuni dopo la destabilizzante esperienza del covid e le restrizioni imposte dal potere politico a cui si sta aggiungendo la percezione di una guerra globale strisciante che si manifesta attraverso diverse guerre locali; una crisi economica che funge da divaricatore smisurato tra i pochi che hanno molto ed i molti che hanno poco, molti le cui fila si ingrossano con l’ingresso di quelli che una volta erano i ceti medi ed oggi precipitano ai confini della povertà; le sensazioni soggettive hanno preso una piega estremamente critica e pessimista verso l’ambiente, la società ed il futuro prossimo. Come a dire: “Comunque vada là fuori, noi stiamo male e non ci fidiamo affatto”.

Paolo Iacci, figura di spicco nel mondo del lavoro e della direzione del personale, scrive: “Viviamo in una sensazione di malessere ampio e generalizzato che investe non solo il mondo del lavoro, ma anche l’intera società civile e il nostro universo relazionale”. (HR n°3. a. 2024)

Insomma, che i dati oggettivi siano ancora lontani dalla catastrofe o ne siano invece sempre più prossimi, l’attenzione e la percezione della realtà si è spostata dall’oggetto analizzato al soggetto analizzante, soggetto con un carico emozionale tale mettere in figura quel che uno prova, sente, e cacciare sullo sfondo quel che (forse) è.

Chi si occupa di studiare i fenomeni sociali suddetti, ha individuato alcune caratteristiche di questo atteggiamento.

- La fragilità: l’individuo si scopre sempre più precario in un ambiente, sia generale che privato ovvero quello a lui vicino, vieppiù vacillante e transitorio. Ogni certezza appare sempre velata dal dubbio di una sua caduta, di una possibile aggressione esterna tale da farla crollare.

Qui la pratica marziale, la nostra pratica Spirito Ribelle, è formazione a non affidarsi mai ad alcuna certezza, a stare nel “qui ed ora” come continuo mutamento; a trasformare la fragilità in flessibilità, in apertura che sappia filtrare quanto ci arriva addosso secondo le nostre personali ed autonome decisioni. Quella delicata e forte insieme linea che, nel segno del Tao, è tanto confine quanto preziosa sutura tra una metà e l’altra.

- Fragilità e precarietà partoriscono l’ansia. Se la paura è un nostro prezioso alleato nel farci muovere sensatamente davanti ad un pericolo, l’ansia si prefigura come una paura totalizzante e paralizzante non solo davanti ad un pericolo individuato ma anche, e qui sta la gravità, quando il pericolo, la minaccia, non è affatto incombente ma abita solo nella nostra mente.

Qui la pratica marziale, la nostra pratica Spirito Ribelle, è sfida nel cogliere le opportunità là dove altri vedono solo il pericolo, la minaccia; è, nel segno del Tao, fare leva sul pur minuscolo punto nero che campeggia nel campo bianco e viceversa.

- La “non linearità (ibid). Ovvero la percezione di forze e spinte che si contrappongono originando contraddizioni apparentemente insanabili, problematicità apparentemente ingestibili.

Qui la pratica marziale, la nostra pratica Spirito Ribelle, punta a percorre quella linea sottile che si traccia nel bel mezzo del Tao seguendo un percorso sempre curvilineo, sempre dolce e pure inarrestabile, scartando la direzione retta per assumere quella avvolgente, quella periferica. Vulnerabilità che si fa forza.

- L’imperscrutabilità, laddove non solo ci sentiamo privati del controllo, ma manchiamo di comprensione. La complessità che il mondo ha assunto ci trova impreparati, privi degli strumenti necessari per leggere quanto ci accade. La massa caotica di informazioni in cui giacciamo non solo è superficiale, ma pure approssimativa quando non mendace.

Qui la pratica marziale, la nostra pratica Spirito Ribelle, legge la semplicità e profonda intelligenza del Tao nel suo essere figura perfetta, che il cerchio non ha inizio né fine, che la sfera non perde mai il suo equilibrio.

Noi Spirito Ribelle traduciamo tutto ciò in pratiche corporee profondamente trasformatrici, capaci, attraverso un particolare e sapiente modo di muoversi, di affidarsi a stupore e curiosità alla scoperta di connessioni, relazioni e incontri all’interno del nostro sé - corpo che è sempre e indissolubilmente corpo e mondo; di far crescere vitalità ed erotismo quali caratteristiche di ogni praticante.

Che siano Suishou, Yuri, Peng Lu Ji Han, Hakkei, Iron Shirt, Randori d’Entraide, Chi Sao, Fushime Taiso, Kumite, che ci si affidi alle mani nude o ai bastoni nelle loro diverse lunghezze o ai coltelli, che siano agiti a solo, in coppia o in gruppo, sono giochi, incontri e scontri di corpo, capaci di introdurci ai segreti dei Poteri Potenti, alla meraviglia quotidiana del vivere.

Senza la paura che del domani non vi sia certezza e 

affrontando consapevolmente quel che ci accade oggi.





 

 

 

 

 

giovedì 1 febbraio 2024

Narrare a ritmo di cuore

Come ogni narrazione che si rispetti, la nostra narrazione Spirito Ribelle parte dal corpo e si dipana attraverso il movimento.

Come ho scritto più volte,

l’embodiment, la conoscenza incarnata,

si fonda su schema corporeo e immagine corporea.

L

o schema corporeo è un sistema di processi sensomotori che struttura postura e movimento. È flusso che si sostanzia grazia alla relazione continua tra un corpo vivo ed il suo mondo. Flusso di cui è difficile prendere coscienza, se non attraverso intense pratiche introspettive o nei momenti di crisi fisicoemotiva tipici della formazione marziale. In questo, Kenshindo, la nostra pratica del Katana, è palcoscenico profondamente perturbante.

Lo schema corporeo è mediato dalle percezioni provenienti dal proprio corpo (la cosiddetta propriocezione) e dal processo di rappresentazione, momento per momento, delle sensazioni somatiche provenienti dal corpo stesso (l’interocezione).

Questo modo di percepire si rapporta con le sensazioni viscerali, con la postura, con il movimento, con il respiro, tutti aspetti inevitabilmente condizionati da come entriamo in contatto con l’ambiente, con l’altro da noi.

Per questo aborro quel modo di praticare di corpo, di Arti Marziali, di combattimento, tutto centrato sull’imparare tecniche o sullo sfogarsi a picchiare un sacco quanto un “avversario”. Tanto quanto conservo un autentico distacco verso quel modo di praticare che insaporisce di spunti psicologici queste pratiche che, comunque, restano superficiali. Anche queste seconde, ben lontane da quegli “stati di coscienza espansa” che sono il cuore del fare marziale. (1)

Limmagine corporea è invece un sistema di percezioni, emozioni, credenze che nutriamo verso il nostro corpo. Tutto ciò è mediato dall’immagine corporea che abbiamo di noi stessi. Come scriveva Moshe Feldenkrais, non potrò mai agire efficacemente se la mia idea di me corpo è dissonante dalla realtà. Il che succede generalmente.

Praticare di corpo Leib

, di “conoscenza incarnata”, è abbandonare ogni pretesa di insegnamento, di indottrinamento, di “Maestro” che sa e deposita il suo sapere su allievi passivi. E’, invece, incuriosire, stimolare nel praticante l’esperienza del fare. E’ abitare il mistero di significanti liberi di errare, nel duplice senso di muoversi liberamente quanto di essere liberi di fallire, senza essere prigionieri di uno e un solo significato. E’ apertura sullo scrigno che si chiama “Segreto”, qualità perturbante, persino iniziatica, di un sapere che non può essere né indottrinato né piattamente uguale per tutti; né, tantomeno, mostrato come modello da copiare perché esso è in realtà portatore di un senso interpretato soggettivamente: Il modello da imitare, da copiare, è il contrario della comunicazione che è invece terreno fertile di condivisione.

Noi Spirito Ribelle, lo sappiamo bene. E lo pratichiamo bene.

 

 1. Lo schema corporeo è una nozione che prova a rendere pensabile quello che in fenomenologia è definito Leib, il corpo soggetto, corpo abitato, di contro a Korper, il corpo oggetto. “Si tratta di una forma dialogo (…) diretta ed immediata con il mio corpo, che si esprime senza mediazioni linguistiche ma con le parole della carne. Infine, possiamo dire che lo schema corporeo è un sistema autorganizzato di abitudini che l’organismo ha scoperto essere funzionali al perseguimento dei propri scopi vitali (…). Questi schemi di interazione, (…), si strutturano nel corpo diventando, per esempio, un certo modo di respirare, caratterizzato da una certa ampiezza e da una certa profondità, un certo modo di star seduti o di intonare la propria voce”. (G. Salerno, psicologo e psicoterapeuta. “Un approccio fenomenologico alla psicologia dello sport”) Queste “forme caratteristiche della carne” (ibid) emergono e strutturano l’esistenza di ognuno sottomettendone altre, costruendo l’identità personale di ciascuno di noi, la nostra “coerenza”.