Come ogni narrazione che si rispetti, la nostra narrazione Spirito Ribelle parte dal corpo e si dipana attraverso il movimento.
Come ho scritto più volte,
l’embodiment,
la conoscenza incarnata,
si
fonda su schema corporeo e immagine corporea.
L
o schema corporeo è un sistema di processi sensomotori che struttura postura e movimento. È flusso che si sostanzia grazia alla relazione continua tra un corpo vivo ed il suo mondo. Flusso di cui è difficile prendere coscienza, se non attraverso intense pratiche introspettive o nei momenti di crisi fisicoemotiva tipici della formazione marziale. In questo, Kenshindo, la nostra pratica del Katana, è palcoscenico profondamente perturbante.Lo schema corporeo è mediato dalle percezioni provenienti
dal proprio corpo (la cosiddetta propriocezione) e dal processo di
rappresentazione, momento per momento, delle sensazioni somatiche provenienti
dal corpo stesso (l’interocezione).
Questo modo di percepire si rapporta con le sensazioni
viscerali, con la postura, con il movimento, con il respiro, tutti aspetti inevitabilmente
condizionati da come entriamo in contatto con l’ambiente, con l’altro da noi.
Per questo aborro quel modo di praticare di corpo, di Arti Marziali, di combattimento, tutto centrato sull’imparare tecniche o sullo sfogarsi a picchiare un sacco quanto un “avversario”. Tanto quanto conservo un autentico distacco verso quel modo di praticare che insaporisce di spunti psicologici queste pratiche che, comunque, restano superficiali. Anche queste seconde, ben lontane da quegli “stati di coscienza espansa” che sono il cuore del fare marziale. (1)
L’immagine corporea è
invece un sistema di percezioni, emozioni, credenze che nutriamo verso il
nostro corpo. Tutto ciò è mediato dall’immagine corporea che abbiamo di noi
stessi. Come scriveva Moshe Feldenkrais, non potrò mai agire efficacemente se
la mia idea di me corpo è dissonante dalla realtà. Il che succede generalmente.
Praticare di corpo Leib
, di “conoscenza incarnata”, è abbandonare ogni pretesa di insegnamento, di indottrinamento, di “Maestro” che sa e deposita il suo sapere su allievi passivi. E’, invece, incuriosire, stimolare nel praticante l’esperienza del fare. E’ abitare il mistero di significanti liberi di errare, nel duplice senso di muoversi liberamente quanto di essere liberi di fallire, senza essere prigionieri di uno e un solo significato. E’ apertura sullo scrigno che si chiama “Segreto”, qualità perturbante, persino iniziatica, di un sapere che non può essere né indottrinato né piattamente uguale per tutti; né, tantomeno, mostrato come modello da copiare perché esso è in realtà portatore di un senso interpretato soggettivamente: Il modello da imitare, da copiare, è il contrario della comunicazione che è invece terreno fertile di condivisione.Noi Spirito Ribelle, lo sappiamo bene. E lo
pratichiamo bene.
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