“Occorre
coraggio per portar avanti un sogno; occorre coraggio per perseguire un
risultato di fronte a dubbi e difficoltà; occorre coraggio per provarci lo
stesso e comunque e magari anche se non sembra possibile”
(P. Ragusa)
Ma,
questa volta, non “invito” Lupo a venire con me ai giardini. Suggerisco a
Monica e Susy, la sorella, di venire con me: Lupo, così, si troverebbe, suo
malgrado, costretto ad uscire. Nessun tono perentorio, nessun ordine, nessuna
costrizione palese, nessuno dei soliti ricatti genitoriali “Se non fai …, non vai a calcio, non esci con
gli amici, non …”.
“Solcare il mare all’insaputa del cielo”,
così chiama questa strategia il generale Sun Tzu, autore de “L’arte della
guerra”.
Me
le due fanciulle, complice l’essere rientrate alle tre di notte, restano
accoccolate sul divano.
Che fare ? Sun Tzu, ed io lo piego ai
rapporti di coppia, scrive. “Si dice
aperto un terreno in cui la forza dell’attacco è pari per noi e il nemico. Su
questo terreno, sfidare allo scontro è rischioso e combattere non è vantaggioso”.
Amen
Pratico
il mio Tai Chi Chuan, leggero e
potente insieme, tra cespugli ed alberi sfiorati dal sole.
L’idea
di Lupo a casa, avvinghiato ad un telecomando, ad un videogioco, ad un
televisore, si allarga a considerazioni più generali. Ai tanti bimbi e ragazzi
fragili, di fisico ed emozioni, che vado incontrando in questi ultimi anni.
Una
fatica, un livido, un contraddittorio, paiono loro ostacoli insormontabili. E
questa debolezza la leggo ogni giorno nei giovani, poco più che adolescenti,
che ho davanti alla scrivania mentre mi rapporto con loro alla ricerca di una
lavoro, di un’occupazione professionale o di un raddrizzamento del loro
zoppicante percorso di studi.
I
miei pensieri marziali, serpenti agili, si srotolano lungo gli anni, gli anni
’80 e si illuminano su quel bimbetto che, dopo un’intera giornata di pratica
marziale all’aperto, nei boschi, a mezzanotte, tra un pugno ed una spinta,
crollò addormentato di botto tra le
braccia di Giuseppe e, portato in braccio dal bosco alla camera da letto, dormì
placido tutta la notte per svegliarsi al mattino affamato e forte come un
lupacchiotto; al manipolo di bimbetti che Claudio portò a correre e rotolarsi a
terra su e giù per il terreno scosceso della montagna, sotto una pioggia
battente e l’indomani tutti regolarmente a scuola, sani e felici; agli
spettacoli di Teatro Marziale in cui mio
figlio Kentaro, non ancora dieci anni, si esibiva in teatri, palazzetti,
piazze, buttando cuore e corpo oltre l’emozione di esporsi davanti, a volte,
anche migliaia di persone, scambiando calci e pugni e bastonate con “avversari”
adulti, grossi tre volte lui.
Mah,
sono i tempi che cambiano.
Ora
abbiamo bimbi ipernutriti ed iperprotetti, che indossano il casco seduti in
sella ad una bici con le rotelle; che frequentano un corso dopo l’altro ma
sempre sotto la tutela vigile di un adulto e mai a confrontarsi e confliggere tra
pari; che vengono scortati e protetti e rassicurati sempre e mai incoraggiati
ad osare, ad accettare il rischio e la sconfitta e la delusione e financo la
noia come parti integranti il vivere quotidiano.
Una società ginecocratica, femminilizzata, che perpetua e crea vecchi e
nuovi bisogni con i quali lega ed induce alla dipendenza perenne, si riflette
nei rapporti genitori / figli. E, fattisi questi ultimi adulti, almeno
anagraficamente, comperiamo loro la casa, troviamo loro il lavoro e magari pure
la moglie !! Mamme che ancora cucinano e stirano per figli trenta /
quarantenni, sempre che a sostituirle nel ruolo di accudimento non ci siano
mogli / compagne ben poco adulte e molto, a loro volta, “mamme” !!
Il
mio praticare scema lentamente, in questa pigra Domenica d’autunno. Entro
all’Ipercoop per un paio di acquisti: avremo a pranzo anche la nipote di Monica
ed il fidanzato, allora la dispensa va rimpinguata. Un’orda immane,
tentacolare, di clienti tutta stretta intorno, carrelli e persone, confezioni
di cibo e sacchetti. Mai vista tanta gente tutta insieme in un supermercato.
Poi, scopro l’inghippo: c’è il 10% di sconto sulla spesa e l’orda famelica di
acquirenti si è tutta riversata lì.
Qualche euro in meno barattato con un paio d’ore di spintoni, affanni,
piccole prevaricazioni, screzi e fila
davanti alla cassa. Boh ?!
Penso
che mi spiace invecchiare e, probabilmente, mi spiacerà ancor di più morire, ma
questa società non è la mia società, questi valori di “plastica”, di
consumismo, di vigliaccheria e paraculaggine, non sono i miei.
Già,
Giovedì sera tonerò dal Dojo e ci sarà qualcuno incollato al televisore,
bevendosi l’idea che sia un giudice autorevole e qualificato chi mastica e
sputa la sua fragilità tra eccessi e droghe e giovanissime concorrenti circuite
e messe incinte; chi vende musica da duri del ghetto vivendo nella placida
Milano tra ogni agio e frequentando
trasmissioni televisive di stampo nazionalpopolare; bevendosi l’idea che siano
artisti dei giovani efebici, uguali l’uno all’altro, uguali nelle voci e nelle
mossette, uguali nel delirio dell’aspirare ad una carriera da star.
Cosa
ne scriverebbe il nostro Sun Tzu ? Mmmhh… “Perciò,
la forma che fa conseguire la vittoria non è ben definita, ma muta ogni volta”.
Dai
Tizi, non mollare. Pensa ai grandi nomi che ti hanno preceduto e, con loro, ai
molti sconosciuti che, come loro, hanno lottato, che si sono battuti “contro” e
lo fanno ancora oggi.
Pensa
a Mario Lodi che, a scuola, capovolse la cattedra e, spintala contro il muro,
ne faceva stia per mostrare come nascevano
e vivevano i pulcini; a Danilo Dolci ed al suo operare nel “Borgo di
Dio”, a Daniele Novara, a Enzo Spaltro,
a Stefania Guerra Lisi, a Claudio Risè.
Dai
Tizi, tu sei un modesto nano rispetto a loro, ma sei ancora qui a lottare per
accompagnare chi lo voglia, per mostrare a chi lo voglia, che “adulto” è bello,
adulto coraggioso ed autodiretto è
bello e possibile, che valori come la
frugalità ed il dono non sono (ancora) morti.
Sono
madre di 4 figli, lavoro a tempo pieno da circa 20 anni (il mio primo ha 19
anni, la mia piccola 2 e mezzo) e in questi anni ho visto ridursi lentamente ma
inesorabilmente gli spazi che nelle nostre città sono riservati al libero
movimento dei nostri figli. Lentamente sono state tolte le libertà e autonomie
ai bambini, e di fatto si sta spegnendo nei nostri figli quel desiderio
autentico della scoperta, dell’esperienza non sotto lo stretto controllo degli
adulti. “Controllo ossessione possesso malattia”: la nostra società e noi che
ne facciamo parte siamo tutti affetti da questa malattia.
Uomini
che vogliono controllare lo spazio che abitano le donne, donne che vogliono
controllare lo spazio che abitano i figli, politici, scuola, istituzioni, che
dietro la parola sicurezza costruiscono recinti nei quali di fatto le
responsabilità sono scaricabili a catena. Controllo, parola che
etimologicamente è legata alla parola contratto, dunque le nostre relazioni
ridotte a dei contratti. Non abbiamo fatto la fame, non abbiamo fatto la
guerra, non abbiamo sofferto il freddo, ma viviamo come se fossimo in
condizioni estreme tutti i giorni. Ci stiamo perdendo i nostri figli ai quali
neghiamo la conoscenza attraverso l’esperienza e quel credito di fiducia che ci
ha permesso di diventare adulti. Abbiamo così paura dei rischi che siamo
disposti a farli vivere in recinti pur di non farglieli correre, dimenticando
che quei rischi sono stati il sale della nostra vita di giovani e la spinta a
diventare adulti responsabili”
(R. Trucco)