Perché gli uomini generalmente non sono sereni e soddisfatti di come vivono? Le risposte, tutte condivisibili e parzialmente vere, possono essere tante.(1)
Qui mi soffermo sulla risposta che individua nel sistema in cui viviamo un modello costruito sì in modo da permettere una convivenza la cui conflittualità sia contenuta, ma con un contesto educativo e valoriale univoco. Il che è portatore di nevrosi, senso di costrizione e alienazione, iperattività concorrenziale, sfrenato consumo senza uso, alternanza scomposta tra nichilismo ed eccessi bulimici. Questo non può certo soddisfare gli avventurosi, gli audaci, i … Ribelli.
Questi ultimi sanno che il corpo è il nostro biglietto
d’ingresso nel mondo, che per cambiare il modo di essere ed agire occorre
cambiare l’immagine che si ha di se stessi, che il corpo Leib (2)
(corpo vivo, corpo che sente e patisce) è sempre più costretto, asfittico e
sempre meno animalesco, selvatico.
Per questo, questi ultimi scelgono pratiche corporee, di
movimento, che sono generaliste, ovvero rifiutano la specializzazione e puntano
al sentire ed essere consapevoli del proprio corpo. Pratiche che investono i
diversi aspetti della propriocezione, dello schema corporeo, della memoria
somatica, dell’intelligenza senso-motoria e tutti i tipi di consapevolezza non
intellettuale dell’esperienza di essere umani. Sale in figura il concetto di
cinestesia, la capacità di sentire i movimenti del proprio corpo nei muscoli,
nelle articolazioni, nell’apparato scheletrico, fino agli organi interni: La
capacità di comprendere e governare l’esperienza motoria del sé corpo.
Io individuo nelle Arti del Bujutsu
- Budo un filone interessante di queste pratiche. Probabilmente esse
sono le uniche con la caratteristica di prendere di petto il rapporto corpo
contro corpo, anche nelle sue manifestazioni conflittuali. Sono le più
realistiche nell’essere metafora e simulazione dei micro conflitti presenti
nelle relazioni quotidiane, le più severe nello scavare dentro il registro
emozionale dei praticanti, le più performanti nel portare alla luce il duetto
vita / morte che, invece, il sistema tende ad occultare, a far dimenticare, le
più adatte a mettere il praticante davanti alla responsabilità del coraggio e
della paura.
Purché siano realmente Arti del Bujutsu - Budo
e non la solita sfilza di tecniche, forme e gesti copiati da un modello e
memorizzati come una filastrocca, purché non siano l’affannato scazzottarsi per
un vanto di supremazia muscolare, per una momentanea esaltazione machista.
Purché siano praticate come qui, allo Spirito Ribelle:
Uguali a nessuno.
“Non
bisogna impantanarsi nella "forma" delle cose nella pratica. Credo
fermamente anche che non si debba creare un metodo che sia scolpito nella
pietra. Il Bujutsu stesso è la capacità di usare il corpo in qualsiasi
situazione, in qualsiasi ambiente, e come tale è l'incarnazione del
cambiamento. Ciò significa che l'allenamento deve essere adattato a te stesso
tramite infinite prove, errori, sperimentazioni e aggiustamenti se vuoi
comprendere la vera essenza dietro il movimento”
(Maestro
Akuzawa Minoru)
1. Per saperne
di più: di Byung-Chul Han, “La società della stanchezza”; “Eros in agonia”. Di
Erich Fromm, “I cosiddetti sani. La patologia della normalità”.
2. https://www.psicologiafenomenologica.it/leib-korper-ripensare-fondamenti-psicopatologia/