domenica 31 luglio 2022
lunedì 25 luglio 2022
Sempre più muscolosi
Eh già, i muscoli, quelli sì che sono importanti,
addirittura fondamentali. O no?!
Eppure è il sistema scheletrico
ad essere la nostra basilare struttura di sostegno. Esso è fatto di ossa e
articolazioni. Le prime reggono il peso in rapporto alla forza di gravità, operano
come impianto di leve per i nostri movimenti, e ne regolano la forma. Il
nostro ambito d’azione è subordinato allo spazio interno alle articolazioni e
alla combinazione di movimenti compiuti intorno ai loro assi.
Il sistema scheletrico dona al nostro corpo
una sua forma fondamentale.
Grazie ad essa operiamo sull’ambiente dislocandoci nello
spazio, disegnandolo e ridefinendolo e producendo tante nuove e varie forme
quanti sono i movimenti a nostra disposizione. E’ attraverso la consapevolezza corporea
e incarnata dei processi cognitivi e mentali del sistema scheletrico (1)
che viene alla luce la qualità strutturale della mente e come il pensiero
stesso trovi base su sistemi di leva, punti di fulcro e spazi che permettono la
capacità di formulare le idee e comprenderne meglio le relazioni. Proprietà
quali la chiarezza, l’assenza di sforzo e il senso della forma sono esperienze fisicoemotive
connesse al sistema scheletrico.
E ti pare poco? Eppure, quanti praticanti dedicano tempo ed
energia a migliorare quest’aspetto? Quanti hanno il sé scheletro come fulcro
del loro muoversi ed agire?
Davvero credono che a puntare tutto o quasi sui piegamenti
sulle braccia, i crunch, le trazioni alla sbarra, si raggiunga il massimo
possibile di efficacia ed efficienza? Non sanno che trascurare scheletro ed
articolazioni, come pure sistema endocrino e tessuto miofasciale, mina la
salute fisicoemotiva e anche la performance stessa?
Riuscite ad immaginare il motore di un Ducati 750 sul
telaio di un Garelli 5o cc, i freni di una bicicletta Graziella, la marmitta di
un Ciao, i copertoni di una fat bike, ecc. per non parlare del pilota…
giovedì 21 luglio 2022
Quanta finzione nelle Arti Marziali
Certo, alcune dimostrazioni ed esibizioni non sono così, ma tante, troppe lo sono perché io non scriva che:
Non ne posso più delle solite dimostrazioni ed esibizioni
dove il mega maestro o l’istruttore palestrato malmenano un povero allievo
succube e passivo che porta loro un attacco prestabilito, concordato.
Non ne posso più delle solite dimostrazioni ed esibizioni
dove il mega maestro o l’istruttore palestrato, appena l’allievo accenna il
movimento concordato addirittura già agiscono per neutralizzarlo.
Non ne posso più delle solite dimostrazioni ed esibizioni
dove il mega maestro o l’istruttore palestrato mettono in leva, proiettano al
suolo o lanciano a metri di distanza l’allievo consenziente ed inerte, che sia
quello rigido come un ramo secco, quello molliccio come un cuscino sgonfio,
quello dal braccio lasciato penzoloni al fianco invece di usarlo per piantare
uno sganassone sul volto di chi lo sta manipolando come fosse pasta per la
pizza.
A cosa servono?
Possibile che chi guarda
ammirato non si renda conto della gracilità di quelle difese fasulle? Che
basterebbe fintare un diretto e all’ultimo portare un gancio e il mega maestro
o l’istruttore palestrato verrebbero centrati in pieno?
Ma questo mega maestro o l’istruttore palestrato, se
vogliono davvero mostrare come difendersi, che so, da un diretto e pure
concordato, non sono in grado di farlo solo e quando il pugno entra davvero
nella loro zona “rossa”?
Ma questo mega maestro o l’istruttore palestrato, loro in
primis, si sono mai formati a difendersi realmente, ossia solo e quando il
pugno entra davvero nella loro zona “rossa”?
Certo, formarsi a queste
diverse strategie di difesa comporta sbagliare e
sbagliare ancora, comporta prendere colpi su colpi: il mega
maestro o l’istruttore palestrato sono stati a loro volta formati in questo
modo? L’allievo che guarda estasiato e vuole diventare forte e invincibile come
il mega maestro o l’istruttore palestrato è disponibile a sbagliare e sbagliare
ancora, a prendere colpi su colpi per imparare?
Queste dimostrazioni ed
esibizioni così costruite, hanno avuto il pregio di avvicinare alle Arti
Marziali migliaia di praticanti, ma erano gli anni ’70. Possibile riproporle
ora, così finte, nel terzo millennio? A cosa servono?
1. Qualunque sia la strategia adottata è prioritario il saper
gestire "mentalmente e fisicamente" l'avversario controllando le
emozioni e le azioni proprie ed altrui. Nelle Arti marziali afferenti all’area
nipponica, una prima suddivisione delle strategie adottabili è la seguente:
KAKE WAZA (SEN - SEN NO SEN): Attacco diretto prima che l'avversario metta in
atto una strategia, ovvero " Intuire l'intenzione”. KAKE NO SEN (SEN NO
SEN): Attacco nell'esatto momento in cui l'avversario dia segno di eseguire un
attacco, "sentire il momento in cui la freccia è scoccata e l'arciere non
può più modificare la traiettoria, ed agire prima che arrivi". TAI NO SEN:
Attacco nel momento esatto della partenza dell'attacco dell'avversario
utilizzando una tecnica di difesa "De-ai". AMASHI WAZA (GO NO SEN):
Difendersi uscendo completamente dall'attacco avversario e quindi eseguire un
contrattacco. UKE WAZA (GO NO SEN): Colpire difendendo (uchi-komi). RENZOKU
WAZA (SHIKAKE WAZA): Attaccare utilizzando una combinazione di tecniche, per
aumentare l’efficacia della nostra azione o per contrastare la reazione
avversaria. SASOI WAZA (SHIKAKE WAZA):
Invitare all'attacco mostrando delle aperture nella propria guardia (suki) per
stimolare l’azione avversaria e poi usare una strategia adeguata. KUZUSHI WAZA
(SHIKAKE WAZA): Aprire o rompere la
guardia dell’avversario per disorientarlo e portare un attacco, un esempio
classico è quello del kendoka che batte o “spazza” con la propria shinai quella
del partner. (http://www.hombu-dojo.it/tai-no-sen,-go-no-sen,-sen-no-sen.html)
mercoledì 13 luglio 2022
Percorsi
Poi arriva il tempo e l’occasione in cui ognuno non può
passare ad aspettare; quel momento, quell’occasione che non lascia un minuto in
più a tergiversare.
Anche qui, diverso per ognuno come diverso è il tocco per
conoscersi ed entrare: una birra in un localino a porta Romana, poderosa
motocicletta accanto e tanto da parlare: il riconcorrersi con la fatica di
trovarsi sul palco di un circolo ARCI in via Bellezza; le parole di un amico
che già ha annusato il percorso e l’impegno della caccia da attraversare.
Tra il mondo della terra, del
quotidiano, e quello del cielo dove rimbalzano i sogni e le passioni c’era e,
per certi versi c’è ancora, un posto dove ognuno può trovare il cuore e
l’anima, e pure il buio e lo sporco del proprio personale mistero da affrontare
come una cura.
Dove tutti gli anni che sono passati non hanno mai avuto
timore di cambiare idea, anche di sbagliare, anche di cadere, ma sempre poi per
rialzarsi che ogni sconfitta la vivi come un dono.
Quello che sarà per ognuno lo
sarà nel futuro, e nessuno ci assicura che tutti i sogni che abbiamo un giorno
diventeranno realtà e nemmeno che resteranno gli stessi.
In quel posto e poi in ogni posto che vai scegliendo passerai
le notti ed i giorni, le storie dettate dal tuo inconscio e gli accadimenti
voluti dal tuo Io. Ogni scontro, ogni battaglia da combattere, vedrà il sole
sorgere ogni volta e te, volto contro vento, ad affidarti al tuo intuito, al
tuo fiuto.
Su una riva lontana o sul portone accanto sembrerà che il
tempo si sia fermato, e starà ad ognuno di noi decidere se chiudere le braccia
al petto o lasciarle aperte a quel che sta accadendo.
Intanto, in questa afosa serata
di Luglio, noi siamo qui. Tavola imbandita, casa che odora di protezione ed
affetto, una ruvida riproduzione dalla mano di Gauguin a vegliare forte e
serena.
Grazie Giovanni ed Elise,
grazie per quel tempo e quell’occasione che anche stasera ci aspetta. Z.N.K.R.
prima, ora Spirito Ribelle, il clan c’è; c’è per chiunque voglia
condividere, sia che ancora pratichi di pugno e di coltello o che calpesti
altri sentieri. Basta volerlo davvero, basta decidere.
Non sta il poema
nelle tenebre oscure del linguaggio
ma in quelle della vita.
ma nelle emorragie della sua ferita.
Non sta là dove credevamo che ci fosse
né è immagine unica né fissa.
Sta là dove fugge quel che amiamo:
sta nella sua partenza.
E’ il nostro dire addio a noi stessi
E’ pagina che muove solo il tempo
con il suo inchiostro uguale ma diverso.
Il poema non sta, no, nel linguaggio
ma nell’alfabeto della vita.
(Jaime Siles)
mercoledì 6 luglio 2022
L’inutilità e l’assurdità di praticare Arti Marziali
Per ovviare a questo si propongono le Arti Marziali in sede
di
Quand’anche le Arti Marziali siano proposte come “Via”,
nessuno è ma riuscito a spiegare come ripetere e ripetere tecniche, memorizzare
gesti, copiare pedissequamente un modello dato, possa condurre il praticante se
non all’Illuminazione almeno alla calma interiore, alla comprensione di sé.
Anzi!!
Assodata l’inutilità e
l’assurdità di praticare Arti Marziali? Non proprio.
Da lì, solo da lì, può (ma non è detto!!) originarsi il Budo,
la “Via”. (8)
Come condurre questo cammino?
Uccidendo da subito lo stile precostituito, il modello dato e cristallizzato, perché “panta rei” (tutto cambia) e cambia pure l’individuo che pratica, perché ogni individuo è unico nel suo stato emotivo, nelle esperienze di vita, nelle sue abilità fisiche ed egli stesso cambia. D’altronde, sin dall’antichità, il sapere umano, filosofico, si è sviluppato come metodo di ricerca e conoscenza che, da un certo luogo fisico, si allargava ed esportava, modificandosi, incrociandosi in un meticciato continuo con contesti culturali differenti; la stessa antropologia ci spiega che ogni modello dato ha valenza e potenza solo ed unicamente nel contesto storico e culturale in cui è nato, dunque riproporre “paro paro” il Karate del Giappone dei primi del ‘900 ora e in Italia agli italiani o il Krav Maga che i soldati israeliani usano per uccidere i nemici ad un pacioso impiegato di banca o ad una agghindata commessa di negozio …Uccidendo da subito il Maestro, quello che “ha la
maestria”, ha in mano il sapere. Perché nell’ottica descritta sopra, nessuno ha
il “sapere” di una materia che è in continuo mutamento e che necessita di
continue contaminazioni per sapersi adeguare e per saper comprendere l’allievo
che ha davanti, tanto più che, come in ogni relazione, il fare forma e
trasforma ambedue i componenti la relazione, docente e discente.
Uccidendo, di conseguenza, la pretesa che l’allievo sia un
inerte vaso vuoto da riempire, un foglio bianco su cui chi sa scrive il testo
esatto. Ma anche la pretesa, più subdola, di educare, di “condurre fuori” il discente
(10) dalla sua ignoranza.
In alternativa, cosa io
propongo nel mio percorso di pratica e accompagnamento “marziale”?
Questa pratica sempre mutevole necessita di un modo di
coinvolgimento che, scartando il dover essere in un certo modo dato, accompagna
il praticante a conoscere quanto ha già potenzialmente in sé, le sue personali
risorse, e a dar loro fiducia agendole apertamente, Una didattica maieutica (11),
libertaria, unica in grado di formare individui autonomi ed autodiretti (il
guerriero di contro al soldato), cioè tanto capaci di stare e fare da soli,
dotandosi di norme personali, quanto di vedere
nell’altro lo specchio relazionale che ci svela, una relazionalità che è
l’impronta del nostro stesso profilo.
A condurre questa pratica non un Maestro ma un Sensei (“colui che è nato prima”). Ossia uno che è già stato sotto una tempesta e invece di fuggirla o trovare un rifugio l’ha sostenuta. Un Sensei non è per forza una brava ed illuminata persona, anzi. Solitamente è uno che si è sporcato mani e cuore con la merda, uno che ha fatto del male e il male lo ha subito, che ha conosciuto la propria Ombra, che è sceso più e più volte nel buio della propria cantina, ma non lo nasconde, non pretende di illuminare là dove domina il buio, non ha la pretesa di tenere le mani sempre pulite e disinfettate. Uno che ha conosciuto violenza e dolore e ti può testimoniare che ci si può convivere, ti può accompagnare a conoscerti ed accettarti per quel che sei e vivere secondo quel che tu sei e non subendo imposizioni o espedienti esterni, fingendo con te stesso prima ancora che con gli altri.
1.
“La psicoanalisi considera le situazioni
temute da una persona nel mondo esterno come espressioni delle situazioni di
pericolo che essa incontra nel proprio mondo interiore” (A. Oliverio Ferraris,
psicologa “Psicologia della paura”)
2.
“Per le rapine, il dato disponibile è
quello del 2020, che registra 20.000 rapine, in calo del 17,6% rispetto al
2019: sicuramente hanno influito lockdown e limitazioni alla circolazione,
anche se il trend in discesa si registra dal 2013, che aveva segnato un picco
di oltre 43.000 rapine”
(https://www.sicurezzamagazine.it/criminalita-diffusi-i-dati-relativi-ai-reati-in-italia-tra-2020-e-2021/)
4.
“Dobbiamo sforzarci senza sosta di
sviluppare tecniche di simulazione sempre più realistiche affinché nel suo
addestramento ogni guerriero possa interiorizzare un insieme di abilità che
potrà poi esprimere in situazioni reali”
(omissis)
“Ripetiamolo: tutto ciò che
viene impresso durante l’addestramento riemerge nelle situazioni reali.
L’auto-conservazione stessa può essere condizionata dall’addestramento. La
riluttanza ad uccidere (che sia innata o appresa), il senso della sacralità
della vita umana, le emozioni, il rimorso, la compassione: tutto può essere
superato e azzerato tramite l’addestramento” (ibidem)
5. . T. Santambrogio “Dove ci porterà lo sport” http://tiziano-cinquepassineldestino.blogspot.com/search?q=dove+ci+porter%C3%A0+lo+sport
6.
Mi riferisco alla distinzione di Edmund
Husserl: “distinguendo il Leib dal Körper: il primo è il corpo vivo, è la
carne, esso si muove con l’essere umano ed è un corpo che sente e patisce; il
secondo è il corpo cosale, che abita in un mondo fisico insieme a tutti gli
altri corpi (Costa, 2016)” in https://www.psicologiafenomenologica.it/articolo/leib-korper-ripensare-fondamenti-psicopatologia/; fino
a Jean Luc Nancy: “Non abbiamo un corpo ma siamo corpo” in “La chiave di
Sophia”. Giu – Sett 2020.
7. . “Il neuropsicologo russo Alexander Lurija, nel secolo scorso, definì melodie cinetiche proprio i movimenti più complessi e fluidi che percepiamo come belli. Non a caso, Howard Gardner, docente di Scienze dell’Educazione e Psicologia all’università di Harvard, ha teorizzato l’esistenza di vari tipi di intelligenza, tra cui l’intelligenza corporeo-cinestetica, che genera il piacere di muoversi e di guardare il movimento”
(https://stefanopaolillo.wordpress.com/2018/04/27/le-melodie-cinetiche/)
8.
“La Via del combattimento, termine
utilizzato nel XX secolo per designare le arti marziali con un fine
prevalentemente ‘pacifico’ che indicava, oltre a discipline fisiche e di
combattimento, anche dei concetti di natura etica, filosofica e morale” (L.
Frederic, storico dell'arte, scrittore, specialista nelle culture dell'Asia, in
particolare India e Giappone “Le Arti Marziali dalla A alla Z”)
9.
Per “fisicoemotivo” intendo “il Corpo
come, o in quanto: Essere vivente, Stratificazione di Memorie (cosmiche,
filogenetiche, ontogenetiche), Dispositivo Emotonico, Dispositivo Sinestetico,
Struttura Bioenergetica, Struttura Omologica” (S. Guerra Lisi, artista,
formatrice, esperta della riabilitazione di disabili sensoriali, motori e
psichici “Il corpo matrice di segni”)
11. . “La maieutica è orientata a sviluppare la capacità di acquisire apprendimenti che portano l’alunno a fare da solo e a essere in grado di costruire delle competenze permanenti, non estemporanee né basate su performance puramente ripetitive” (D. Novara, pedagogista “Il manifesto della scuola maieutica”)
lunedì 4 luglio 2022
Pelle dura e cuore caldo
A settant’anni sono tante, tantissime, le persone entrate ed uscite nella mia vita. Come una pianta le cui radici affondano nel terreno e che cresce negli anni nonostante le avversità, alcune le posso chiamare “amico”.
Stasera sono tra amici: allievi che con me hanno condiviso decenni di botte e stage, incontri con Maestri più o meno tali, abbracci con altri allievi che hanno camminato con noi prima di allontanarsi, pulizie e lavori di ristrutturazione nello storico Dojo di via Simone d’Orsenigo, spettacoli di “Teatro Marziale” in tutta Italia e, naturalmente, centinaia di momenti conviviali!!Siamo a casa di Valerio; dopo le costrizioni imposte dalla
pandemia ci siamo spontaneamente ritrovati ad organizzare cene a casa dell’uno
o dell’altro, tra chiacchiere, allegria, buon cibo e buon alcool che nessuno
qui è astemio.
Il mio percorso è stato ed è
ancora teso a costruire relazioni, a costruire un gruppo, un “clan”, perché a tenere
corsi, in fin dei conti, sono tutti bravi. Ogni giorno che così ho vissuto, ogni
ostilità che ho sconfitto, fa parte della forza che ora mi porto dentro fatta
di tutti i momenti odiati ed amati.
Anche se quel dojo fisico non c’è più, anche se oggi, come Spirito
Ribelle, transitiamo tra il Dojo di Giuseppe e i giardini Candia, lo
spirito è lo stesso. Li guardo e sembra proprio come se il tempo non passasse mai,
e devo guardare più volte le facce per scoprire i segni del tempo, sopra al
tempo e il suo flusso.
Ricordiamo incontri e scontri, compagni di formazione e Arti le più diverse praticate. Mi par di cogliere, tra emozioni e condivisioni di ricordi, un certo senso irrequieto, un filo tagliente che sembra recriminare su una mia severità nel condurre il gruppo. Vero, ero severo e poco incline a lasciar andare. Eppure, con un praticare che io proponevo già allora ben più efficace ed efficiente di quanto in giro si respirava, onda shock nel corpo invece del solito ruotare di anche che ancora oggi va per la maggiore, credo che quello stile di mio comportamento li abbia aiutati ad affrontare e a tenere testa, fino ad abbatterli, l’agonista campione di questo e quello che cercava di vincere eludendo le regole della competizione, il Maestro dall’ego smisurato in cerca di ulteriore visibilità, il praticante di altra disciplina smanioso di mostrare la sua superiorità: tutti segnati, tutti abbattuti. In fin dei conti, da qui inizia il vero percorso marziale, perché se il Bujutsu, il combattere, non funziona, non c’è alcuna possibilità di approdare al Budo, la “Via”, la ricerca di sé e del buon stare al mondo.
Il mio sguardo ora diverso lo conoscono tutti quelli che,
tra il corso ai giardini Candia ed i Seminari di Katana in via Labeone, mi sono
accanto. Dentro c’è la certezza di una vita sempre nuova, con la forza e la
passione di rialzarsi ancora ed ancora, ogni volta in piedi, affrontando ogni
giorno come un'altra prova.
Valerio perfetto padrone di
casa, Donatella che ride di gusto, Giuseppe a giocare con Ermes, Giovanni che
rincorre le narrazioni quando sono troppo lontane, Elise che ci immortala con
il cellulare, Monica a dissertare.
Alla prossima cena, in quel di Abbiategrasso, dalla
famiglia Laurito: Giovanni, Elise ed il piccolo Ermes!!
venerdì 1 luglio 2022
Ghiaccio
Un giovanotto spaesato, con un padre invischiato con la
malavita che della malavita gli lascia addosso debiti, ricatti e ombre troppo
scure per scrollarsele di dosso.
Un padre di famiglia alle prese con i rimorsi per un sogno
non realizzato e la serenità di una famiglia da tirare avanti.
Due attori su tutti, Giacomo Ferrara, già ottimo interprete
nella serie “Suburra, e Vinicio Marchioni, il “Freddo” della serie “Romanzo
Criminale”.
Ghiaccio
regia di
Fabrizio Moro e Alessio De Leonardis
La pellicola procede tra tentennamenti ed esitazioni dei
due protagonisti, narrando di compromessi che non sanno di alcuna ragione e di
vittorie che non hanno un domani. Sensazioni e sentimenti che non dovrebbero
morire se ci credi, che metti dentro la tua vita se ce la fai, anche se tutto
attorno a te rema contro.
Il tempo non può esistere solo per invecchiare, e qualcosa
urla dentro ad ambedue che non sono e non saranno quel che il decadere della
periferia da loro vuole. Forse, se ce la faranno.
Pellicola intensa, un pò troppo pervasa da continua musica,
davvero riesce a fare di un argomento trito e ritrito e di uno sport già tante
volte infilzato dal cinema USA ed anche italiano, un oscuro e rabbioso momento
di autentico piacere, smuovendo sensazioni e inducendo anche a riflettere sul
senso e la fragilità di questa vita.