Vociare e pretendere, mettersi in mostra a qualsiasi costo
su qualsiasi argomento, l’ergersi a “maître à penser” ad opera di nani e
ballerine, per citare Rino Formica che di questo se ne intendeva.
Lo chiamarono “lavoro flessibile”, intendevano “lavoro
fragile”, “lavoro precario”; occupazione professionale, (quella che ti dà i
soldi per vivere), non più certa, non più scontata: in una Repubblica “democratica,
fondata sul lavoro” (art. 1 della Costituzione) il lavoro spariva, diveniva una
incerta possibilità.
Col lavoro flessibile, quello incerto, quello dei contratti
a tempo determinato o a chiamata, nasceva una personalità umana altrettanto
incerta, precaria.
Prendeva forma e diveniva “massa”, la persona con una
scarsa fiducia in se stessa, che si scopre vulnerabile, indifesa, non più
tutelata.
L’uomo si trova immerso in quella che il sociologo Ulrich Beck
in “La società del rischio. Verso una seconda modernità” scopriva essere una società
che costringe gli individui a fare scelte con esiti imprevedibili in nome del
progresso, finendo in una condizione di incertezza.
“La flessibilità ha finito per sviluppare sull’uomo un
potere di corrosione della personalità: se da un lato risulta più libero,
dall’altro è sovrastato dalla condizione di frammentarizzazione ed incertezza
che la flessibilità porta con sé.” (La flessibilità del lavoro. Università
di Siena. 2017)
A seguito di questa svolta e all’interno di un capitalismo
sempre più sfrenato, entra in crisi l’idea di comunità, di collettività, spariscono
i contratti collettivi di lavoro: il lavoro si contratta e si tutela
individualmente.
La “società liquida”, annunciata da Zygmunt Bauman,
considera l'esperienza individuale e le relazioni sociali segnate da
caratteristiche e strutture che si vanno decomponendo e ricomponendo
rapidamente, confusamente, in modo incerto e volatile. Nel pantano della “società liquida”
sguazza l’’uomo frammentato, l’uomo solo.
Solo e portatore di caratteristiche contradditorie e
confusamente mischiate tra di loro: narcisismo e nichilismo, voglia di emettere
un giudizio su tutto, necessità di mostrarsi, di apparire, costruttore di
relazioni sociali superficiali (gli “amici” su fb), dedito alla soddisfazione
di ogni capriccio, drogato anelante la “realtà aumentata”.
In questa totale libertà sfrenata una sola cosa resta
ferma, indiscutibile: lavorare, sempre che tu il lavoro lo trovi.
Non importa quel che fai del tuo tempo libero, l’importante
che è che tu sia disponibile, pronto a lavorare, anche sette giorni su sette,
anche senza pause, anche senza tutele.
In questa nefasta situazione, sboccia evidente l’attenzione
mediatica e quella individuale sui diritti, sulle libertà personali.
Così, dati del 2020, in Italia a fronte di oltre 1.000
morti sul lavoro, abbiamo poco più di 120 femminicidi e 130 aggressioni
omofobe.
Certo, deprecabili e a cui dedicare attenzione, cultura e
leggi le ultime due, ma perché nessuna attenzione mediatica, politica e
culturale viene dedicata agli oltre 1.000 morti su lavoro?
Pensateci un po', quanti servizi e dibattiti in
televisione, quanti politici ed intellettuali, avete visto esporsi ed
impegnarsi per gli oltre 1.000 morti sul lavoro?
Già, ma il lavoro, tutelato o meno, non si deve fermare
mai: questo è l’imperativo dello sfruttamento capitalistico, questo è il
diktat bene accetto da tutti, o quasi.
Così non stupisce che al concertone del primo Maggio, il
sindacato, o quel che ne resta, abbia allestito un palco sponsorizzato da Eni e
Banca Intesa. Che un cantante milionario, in occasione della festa dei
lavoratori, si sia profuso a sostegno del mondo Lgbt ma nessuna parola sul
lavoro ed i morti sul lavoro.
Allora diciamola tutta, ci sta che in questa trista deriva
l’ideologia capitalista domini incontrastata e che questo comporti una
altrettanto trista deriva individualista.
Una deriva dove, per difendere la sessualità diventata
liquida, informe anch’essa, si faccia strada il diritto ad essere “Certe
mattine mi sveglio più maschio, altre più femmina” (dichiarazione di Madame,
altra “cantante” di recente successo).
Una deriva dove una biologa, Barbara Gallavotti, dichiara
che l’omosessualità in natura " è estremamente diffusa e prevista
nell'evoluzione".
In natura, il leone che diviene capo branco uccide i
piccoli che non sono suoi figli: facciamo così anche da noi? O la “natura” fa
comodo citarla solo nelle situazioni convenienti?
Ma forse la Gallavotti voleva mettere in guardia da un accostamento
acritico alla natura, lo fa quando, a fine intervista, si chiede se noi vogliamo
comportarci come i moscerini della frutta. Forse, certo è che i mass media,
quest’ultima affermazione l’hanno fatta scomparire dando invece risalto alla
semplicistica equiparazione uomo – natura che sdogana appieno l’omosessualità.
Una deriva dove ARCIGAY è bene accetta, aperta e
democratica, ma ARCILESBICA, che si pronuncia contro il Ddl ZAN, è tacciata di
essere conservatrice e di destra. Notate che entrambe sono ARCI, associazione
storicamente a guida condivisa PCI e sinistra PSI, che negli anni ha sempre
mantenuto una linea politica e culturale vicina agli ambienti riformisti e
progressisti.
Una deriva dove “la battaglia per i diritti civili è un’arma
di distrazione di massa per coprire le nefandezze compiute sui diritti
sociali. Il Pd si è ridotto ad essere una riedizione del partito radicale, che
si batte per i diritti gay ma poi cancella l’articolo 18 e le conquiste dei
lavoratori del dopoguerra”, ed ancora “Io mi sono sempre impegnato a
combattere l’utero in affitto: una pratica nazista, degna del dottor Mengele.
Mi hanno massacrato per questo, ma continuerò a rivendicare questa battaglia.
La voglia di avere un figlio è un desiderio: e i desideri non sono diritti.
Specialmente quando consistono nello strappare figli alle madri povere del
terzo mondo, per essere venduti su un catalogo, come fossero una merce”
(Marco Rizzo in https://www.agenpress.it/marco-rizzo-partito-comunista-intervista-a-la-verita-se-la-sinistra-e-il-nulla-di-fedez-non-ci-prendo-neanche-il-caffe/)
DA
LEGGERE!!
Una goffa e trista deriva narcisista e individualista
premiata dai mass media in ogni sua forma: avete notato che ormai ogni
pellicola cinematografica, ogni serie televisiva ha sempre al suo interno
almeno una coppia, una relazione omosessuale?
Una goffa e trista deriva narcisista e individualista che
non lascia indenne niente e nessuno, dalle favole per bambini ai monumenti, in
un’orgia di antistoricismo e delirio di onnipotenza individuale che si chiama “cancel
culture”, “politically correct”, “quote rosa”, persino apertura alla pedofilia:
non era consentita anche nell’antica Grecia o nel Giappone medioevale? (http://www.opinione.it/politica/2021/04/28/ruggiero-capone_ddl-zan-tirannide-ateniese-omosessualit%C3%A0-ipparco-parlamento-transessuale-quote-rosa/)
Una goffa e trista deriva narcisista e individualista che
si beffe dell’articolo 3 della Costituzione italiana, quello che prevede che
tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge,
senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni
politiche, di condizioni personali e sociali, dedicandosi invece con tutte le
forze alla difesa di questa o quella minoranza di moda al momento.
Importante è non toccare il lavoro, non
mettere in discussione la centralità del lavoro e che importa se questo
significa oltre 1.000 morti ogni anno. (Lavorare rende liberi? http://tiziano-cinquepassineldestino.blogspot.com/2012/01/)
Ma ormai siamo una società così, dove devi avere
un’opinione, anzi, una certezza su tutto e senza pretendere di guardare
l’insieme, di inserire il “fatto” in oggetto in una rete di relazioni, in uno
sfondo e dentro una cornice.
Rapido, rapido, sì o no, trionfo del sistema binario,
bianco o nero, Roma o Lazio. L’ignorante partigianeria, quella superficiale, al
potere!!
Nessun dovere verso la memoria, il ragionare
approssimativo, l’ostentare la più volgare aggressività dialettica sono le
forme ormai dominanti e vincenti della conoscenza della realtà e della sua
comunicazione.
Allora non stupiamoci se le pretese individuali la fanno da
padroni, abitano una ribalta senza contraddittorio, pretendono di divenire
leggi e minacciano la libertà d’espressione.
Non stupiamoci se a osannare una certa minoranza troviamo
chi dava dei “figli di cani infami” (https://www.angolotesti.it/F/testi_canzoni_fedez_67547/testo_canzone_tu_come_li_chiami_1199876.html
) alle forze dell’ordine, quelle stesse forze dell’ordine che gli tutelano la
sfavillante Lamborghini; se un periodico radical chic mette in copertina un
uomo incinto; se in un paese in cui il 5 per cento della
popolazione è gay, lo 0,1 per cento è trans e secondo l’INAIL sono 554.340 gli
infortuni sul lavoro denunciati nel 2020, 1.270 quelli con esito mortale,
cantanti ed intellettuali, politici e starlette dello spettacolo, giornali e
reti televisive, dedicano tutta la loro attenzione ai primi e non ai secondi,
ai diritti individuali e mai a scalfire il moloch del lavoro.
“Un
dato è certo: l’omosessualità è una questione resa oramai neutrale, come il
femminismo, da parte di un sistema che ingloba ed assimila tutto, omologa ogni
istanza, disinnescando il carattere eversivo, di classe, di vertenze che
potrebbero detonare fermenti rivoluzionari”
(Lucio
Garofalo)