sabato 1 maggio 2021

E tu, sei un innovatore o un riproduttore di modelli?

A guardare il panorama dei docenti, nell’istruzione scolastica come nella pratica fitness, nelle Arti Marziali come nella pittura ecc. noto in loro una desolante carenza pedagogica ed andragogica.

Sono costoro infatti, salvo rare eccezioni, meccanici diffusori di un apprendimento inteso come monotona e monocorde ripetizione di contenuti dati, cristallizzati nel tempo e, nella pratica marziale e di combattimento come in quella salutistica, avulsi da un utilizzo concreto, efficace, spontaneo, nel quotidiano.

Invece, un vero esperto, cioè che ha fatto “esperienza” della materia proposta e di questa “esperienza” personale è abile nel farne un percorso sempre attuale, in grado

- sia di adattarsi ad ogni singolo studente,

- sia di agire nel vivere quotidiano dello studente stesso,

ha tra le caratteristiche qualificanti la capacità di affascinare lo studente, stimolandolo a cercare soluzioni e non risposte precostituite, a non smettere mai di sperimentare e mettere alla prova quanto va studiando.

Per questo, deve essere lui stesso un … esperto di errori!! Uno in grado di guardare ed affrontare le cose del sapere, le cose della vita, con un pensiero divergente (1), con la capacità di fare di ciò che sa il materiale per costruire elementi nuovi, fino ad ora inconsueti, non svelati.

In questo è guidato

  • dall’evidenziare nello studente il percorso di crescita piuttosto che le sue mancanze; di più, dalla capacità di fare di queste mancanze, resistenze e deficienze, uno strumento di consapevolezza che permetta allo studente di operare un salto di qualità verso il miglioramento;
  • dal proporre la materia facendo leva sul continuo interagire tra cognizione ed emozione, attingendo alle personali ed inconsapevoli risorse dello studente. In questo innovativo modo e sempre ponendo in primo piano il trittico prassi – teoria prassi, occorre prima fare dell’esperienza concreta e solo successivamente investirne il bagaglio cognitivo.

In estrema sintesi, queste sono due delle caratteristiche fondanti un buon insegnamento, dunque un buon insegnante. E guardandomi in giro, non vedo docenti di Arti Marziali, di pratiche salutistiche, così forniti ma nemmeno, ancor più grave, consapevoli dell’importanza di queste caratteristiche per ottemperare al meglio al loro compito, dunque disponibili a praticare, studiare e mettersi in discussione per dotarsene.

Ecco, qui, pur a malincuore, colgo anche una mia mancanza: non ho saputo né so tutt’ora coinvolgere altri docenti perché si scoprano “nudi” davanti al popolo e corrano a vestirsi. (2)

Sì perché, come scrive Alberto Oliverio, neurobiologo e docente di psicobiologia: “I creativi (….) devono anche cercare di diffonderle (le innovazioni) opponendosi alle resistenze del sistema, ai conflitti che spesso generano le novità: devono quindi essere capaci di convincere in prima battuta quanti appartengono al mondo dei pari”. (A. Oliverio in Conflitti Anno 20 n. 2 – 2021).

Faccio ammenda di questa mia mancanza. Forse, in questo, sono davvero scarso, manco di capacità pubblicitarie, o magari sono troppo riservato per andare in giro a “vendere saponette”, anche se sono quelle davvero in grado di fare una bella pulizia e non le ciofeche che vanno per la maggiore!!

O, anche, non sono ancora maturi i tempi, nonostante Bruce Lee e Danilo Dolci, Bonnie Bainbridge Cohen e Moti Nativ, Moshe Feldenkrais e Daniele Novara e tanti altri ancora, che siano docenti di Arti Marziali o pedagogisti, combattenti di professione o studiosi del movimento, perché la cappa dell’ignoranza lasci il posto al sapere autentico, quello che non smette mai di cercare ed interrogarsi, quello efficace ed efficiente nella vita di tutti i giorni come nelle occasioni eccezionali di crisi e scontro.

Il pensiero dominante, anche nel campo del corpo e del movimento, delle Arti Marziali e delle pratiche salutistiche, è ancora, nel terzo millennio, terreno di supremazia dei molti “meccanici” del corpo, corpo inteso come oggetto, Korper, individui che non sanno di essere corpo e credono di avere un corpo

(vedi qui http://tiziano-cinquepassineldestino.blogspot.com/2020/10/  Il corpo in vetrina. Tu in vetrina”).

Ad ancora pochi, quelli illustri e quelli, invece, sconosciuti come me, tocca un ruolo marginale, più o meno di nicchia; a noi che non vogliamo confinare la poliforme realtà nei confini rigidi di una teoria e scegliamo, erranti, eretici e ribelli, di abbracciare il cammino dell’esperienza.

 

 

1. Il pensiero convergente è quello che risolve i problemi a partire da come i problemi sono impostati. E’ il pensiero, l’intelligenza che va per la maggiore, aiutato in questo dall’essere la “forma mentis” del computer, dunque dello strumento di studio e conoscenza d’uso quotidiano: tu al computer puoi risolvere il problema dato solo nei termini, nelle regole, imposte dal programma. E’ il pensiero dominante nell’istruzione scolastica, dove allo studente si chiede di saper dare risposte preconfezionate.

Il pensiero divergente, invece, opera cambiando l’impostazione stessa del problema, è in grado di trovare relazioni tra idee, concetti e processi che apparentemente non hanno alcuna somiglianza.

Per saperne di più: https://lamenteemeravigliosa.it/pensiero-divergente-cose/

2. “I vestiti nuovi dell’imperatore” di Hans Christian Andersen.

 

 



"Il nostro pensiero non è se non un gioco molto raffinato della vista, dell'udito, del tatto; le forme logiche sono leggi fisiologiche delle percezioni dei sensi.

(F. Nietzsche)

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