“Nella
pratica delle Arti Marziali, tutti sono utili, tutti servono. Nessuno, tranne
il Maestro, è indispensabile”
(M° Yamazaki Ansai)
Resto
immobile, cercando di capire, di ragionare.
L’allievo,
scomposto come un kick boxer in affanno, sciorina diretto e gancio, malfermo
sulle gambe, una spalla ridicolmente sollevata, forse a proteggere la guancia ?
Forse perché fa “tipo tosto” ?
La
mia proposta, in sintonia con gli insegnamenti del M° Aleks, è di colpire in
movimento. Questo lo facciamo già da anni, ma ora non ci affidiamo più alla
muscolatura superficiale, che origina scatti e strappi e pause, ma alla
sinergia muscolatura profonda / articolazioni.
Solo
così, il movimento sarà realmente fluido, il combattente scivolerà sul terreno
come vento che corre.
Resto
immobile, cercando di capire, di ragionare.
Perché
c’è chi fatica a togliersi i movimenti “vecchi”, ed è giusto che sia: ti hanno
dato tanto, è difficile allontanarli per abbracciarne di nuovi, anche se questi
ultimi funzionano di più e meglio.
Ma
c’è anche chi, è evidente, di questo modo di “tirare”, che non è nostro da
almeno vent’anni, guardia pugilistica “sportiva” e spalla avanzata alta, si è
appropriato in questi mesi.
Resto
immobile, cercando di capire, di ragionare.
Forse
starà facendo delle esperienze di Kick Boxing o di Daido Juku (l’ultima moda
importata dal Giappone, una sorta di Yoseikan Budo ma più grezzo), di pratiche
simil sportive. Libero di farlo, ma che c’azzecca con quanto ho proposto da
vent’anni a questa parte, e che c’azzecca con la straordinaria pratica
intrapresa da un paio d’anni a questa parte ?
Sempre
alla ricerca del meglio, del fluido, dell’efficace ed efficiente.
E
mi vengono alla mente, si aggiungono, immagini di una paio di settimane or
sono, al Raduno. Vedo che, tra gli allievi, certe differenze di qualità, nel
movimento, nel realizzare i colpi a segno e nell’evitarli, si sono affievolite,
fino a diventare incerte. Chi prima svettava, ora incespica, arranca: la pratica
discontinua allo Z.N.K.R.; l’aver scelto di abbracciare una pratica altra, ben
diversa dalla nostra; l’orgoglio delle proprie certezze che impedisce alle
nuove di nascere e crescere. Questi sono tutti fattori che, inevitabilmente,
livellano, fino a iinficiare, ad intorpidire, qualsiasi progresso.
“Non sono io a dovermi abbassare al vostro
livello, siete voi a dovervi alzare al mio”, più o meno sono queste le
parole pronunciate dal M° Aleks in uno degli ultimi nostri incontri, ad Opera.
Dunque,
per me, questo significa spingere, incoraggiare tutti affinché comprendano;
accogliere le resistenze di ognuno come leva per svellere quanto ancora
appesantisce, infiacchisce, la pratica nuova; metter mano alle tentate
soluzioni ridondanti di ognuno, quelle che, ripetute e ripetute ancora, tengono
lontano dal nuovo e indeboliscono la voglia di sperimentare, per farne “cavallo
di Troia” verso l’acquisizione di una gestualità diversa, potente e fluida
insieme.
Questo
voglio continuare ad essere in pedana.
Ma,
nel contempo, non voglio essere la mamma iperprotettiva che accudisce i figli
fino ai quarant’anni e oltre. La mia ala protettrice sarà occasione per aiutare
a spiccare un volo libero. Non sarà né ala soffocante su “pulcini” ormai
cresciuti, né si farà stanca e stremata per riportare forzosamente ogni sera
quei pulcini enormi e gonfi al limitare del volo.
Così,
oggi come ieri, io propongo un certo modo di praticare: chi vorrà
sperimentarlo, provarlo e riprovarlo ancora fino a riuscirci, troverà sempre in
me un buon facilitatore, un buon “Sensei”, sempre al suo fianco. Chi vorrà fare
altro, anche in pedana, anche al Raduno o agli incontri la sera, sarà, come
sempre, libero di farlo, ma io non potrò né vorrò, accompagnarlo in quel volo
sgraziato e traballante che si è andato scegliendo.
Certamente
c’è e ci sarà sempre spazio per tutti. Per quelli che, con passione e costanza
ed umiltà, tengono aperto il cuore e la testa su quanto vado loro proponendo e
per chi fa spallucce, chi sceglie di praticare altro, chi pretende un
insegnamento a mò di manuale per montare un mobile Ikea, chi… col tempo,
resterà a terra, naso all’insù, a vedere i compagni librarsi in volo libero.
“Non
serve aspettare a lungo o guardare lontano, perché ti venga ricordato quanto
sottile è la linea tra l’essere un eroe e l’essere una capra”
(M. Mantle)