A volte il mondo, l’inciampare delle cose e dei miei
piedi, paiono schiacciare anche me.
Allora lascio uscire il bimbo che ho dentro e, accanto a
lui, quel “passeggero oscuro” che non mi abbandona mai.
Insieme, un poco fratelli e un poco coltelli, sanno
mostrarmi la via nuova da intraprendere. Senza bisogno di ripari, di erigere
fortezze e nemmeno senza bisogno di lanciarmi, scoperto, contro avversari
corazzati e invincibili.
Con quest’animo quieto, alle prese con una svolta
radicale, sono seduto al tavolo per la nostra
“Cena
sociale 2019”
Che ogni buon gruppo che sia davvero tale e non solo un
“Corso”, ha i suoi riti, le sue occasioni di incontro cercate, proposte,
costruite.
Questa volta siamo in un ampio locale, il Gecko 23,
situato tra lo sfarzo modaiolo ed artistico della Fondazione Prada e l’anonimo
consolato cinese a gustarci l’Happy Hour, l’appuntamento milanese che ormai è
diventato abitudine tra le nuove e meno nuove (!!) generazioni.
Le chiacchiere convergono rapidamente sulla svolta, di
sostanza e formale, che ci attende nella prossima stagione.
Peccato che la prima riga, la prima frase, con cui ho
aperto la mail indirizzata agli allievi: “La
Scuola, intesa come luogo di “Formazione” condivisa e compartecipata dentro e
fuori dai corsi è, lentamente, venuta a mancare” non abbia colpito, non
abbia aperto il giusto indirizzo delle riflessioni.
Che l’avrò mai messa a fare al posto d’onore?
Allora spiego che alla cooperativa sociale mangi tanto e
bene spendendo poco, meno di quel che il mercato chiede, e, per contro, dai una
mano a sparecchiare, a pulire i tavoli, quando serve aiuti in cucina o fai tu
la spesa, magari fai il cameriere o il “Maitre” nelle occasioni speciali, poi
ne parli bene con gli amici, li spingi a provare con te quel gran buon cibo e
quell’ambiente “mutualistico” che a te fa tanto bene, che è una risorsa contro
le brutture e le storture di quel che ora è in voga in cucina. E ti si dà la
possibilità di essere presente, di contribuire con il tuo cuore e le tue mani,
quando la cooperativa sociale scende in piazza o nelle feste, tra le persone
disagiate o semplicemente tra le persone semplici, che le cose popolari, quelle
di “sinistra”, è buona cosa non solo parlarne ma anche farle,
Poi, piano piano, con gli anni, gli avventori, i soci, si
diradano, nessuno o quasi dà più “una mano”: Gli impegni di famiglia, la gita
al mare, le ore di straordinario al lavoro, il viaggio, gli amici… vieni ancora
a mangiare: ti siedi, gusti cibo e bere, e te ne vai pagando il modesto conto,
quando ti ricordi, altrimenti pure tocca ricordartelo, rincorrerti.
Allora la cooperativa, “Ente o società per
l'esercizio di un'attività economica in vari settori non avente scopo di lucro
bensì a carattere mutualistico” chiude e al suo posto apre un ristorante:
stesso gran cibo, forse il migliore di Milano, nessuno ti chiede più di “dare
una mano” e il conto è in linea con il “mercato”.
Nessuna recriminazione, nessun rimpianto.
Ognuno libero di spendere i suoi soldi come vuole, di
dare le priorità a quel che più gli pare.
Io so, a malincuore certo, che ho da accettare che le cooperative, quelle
autentiche, di una volta, non ci siano più e lascino il passo a trattorie e
ristoranti e cooperative che di mutualistico: “l’obiettivo di crescere insieme,
aiutandosi a vicenda per ottenere qualcosa che altrimenti non potrebbero
raggiungere da soli; condizioni di lavoro migliori, prezzi migliori per i
servizi, costo minore per l’acquisto di attrezzature e materiale. Nella
cooperativa la persona è sempre al centro e nella cooperativa sociale i soci
sono anche strumento di sviluppo della comunità” non hanno alcunché.
La serata, per molti di noi, prosegue a casa mia e di
Monica. Ad attenderci, dolci rigorosamente fatti in casa, birra e
superalcoolici. Ed ancora chiacchiere, tra la vivacità di Ermes e le dolcezze
di Francesca, la voce di Gianluca ed i sorrisi di Anastasia, il brindisi per il
bellissimo successo scolastico di Giuseppe, i regali che mi fanno i cari amici
Valerio e Giovanni, lo sguardo sereno di Guido, l’affaccendarsi di “mamma”
Elise, gli occhi calmi di Donatella.
La “Scuola”, di fatto, ha perso la sua piccola guerra
contro le leggi del capitalismo e del “consumo senza uso”, dell’alienazione e
della meccanizzazione che distorce sensazioni e sentimenti. Però ha resistito
in prima linea per diversi decenni, ha contribuito a forgiare cuori e corpi che
qualcosa, di sicuro, hanno trattenuto e condiviso nel loro vivere quotidiano
anche quando ormai lontani dalla pratica.
La “Scuola” non c’è più, restano uomini e donne che, se
lo vorranno, ancora troveranno me e un luogo sicuro e protetto per crescere e
lottare.