giovedì 30 maggio 2024

Tanren o del forgiare il corpo

 Il primo kanji, tan combina due parti: la parte destra è un carattere che può essere letto sia tan che dan e significa passo, grado, livello (come ad esempio in shodan, nidan, ecc.).

La parte sinistra , invece, significa oro.

(ren), esprime i significati di esercitarsi, allenarsi, ma anche di plasmare o raffinare. Si pensi in questo caso all’azione dello spadaio giapponese che, un colpo di maglio dopo l’altro, toglie le impurità dal panetto di acciaio per realizzare la sbarra da cui poi prenderà forma il katana.

L’intera parola Tanren significa forgiare la propria mente, spirito e corpo o waza (tecnica, abilità) così come viene forgiato il metallo.

Ogni formazione in qualsiasi ramo di attività può essere definito Tanren. Gli ideogrammi 鍛錬 che formano questa parola rappresentano l’idea di lavoro continuo, necessario affinché un metallo sia idoneo alla sua forgiatura.

Nell’ambito dell’apprendimento di una qualsiasi disciplina fisica, Tanren non è dunque riferito allo sviluppo di un’abilità tecnica specifica, quanto alla necessaria preparazione di base, fondamentale (hon).

E’ evidente l’analogia tra la formazione fisica, corporea, di un praticante e il lavoro necessario alla costruzione di un katana.

Per iniziare occorre anzitutto una forgia. Col riscaldamento e la battitura si ottengono i cambiamenti necessari a raffinare il materiale ferroso di partenza, il tamahagane 玉鋼. Su questo, metterà le mani il Maestro per dare vita completa alla lama.

Similmente, la formazione costante costituisce la forgiatura del praticante perché sia pronto alla pratica marziale vera e propria.

Allo Spirito Ribelle, in Tanren sono racchiuse diverse “forme” corporee, tutte originate da onde e spirali (1). Nel mentre che il praticante sperimenta queste diverse possibilità espressive impadronendosi del moto ondulatorio, avrà modo di coniugarle liberamente tra di loro secondo il suo unico e personale “corpo espressivo”, costruendo il suo personale stile di movimento e, così, di combattimento.

1.    1.   Il movimento ad onda (nami) utilizza muscoli e tendini dell’intero corpo in sinergia con l’apparato scheletrico per effettuare ogni movimento. Per questo la formazione non può prescindere dall’attenzione al tessuto connettivo ed agli stessi organi interni, assolutamente non privilegiando muscoli e loro allenamento.

La catena cinetica, agendo in continuum dal punto più lontano a quello di arrivo, accelera ed incrementa in modo esponenziale l'azione impattando sul bersaglio in modo esplosivo. Questa catena cinetica ha un movimento dall'andamento ondulatorio e si esprime, al momento dell'impatto, come un colpo breve ed intenso che procura una forte scossa all’interno del bersaglio. Non si esegue con una contrazione muscolare volontaria, ma attraverso la torsione in successione delle articolazioni, secondo i principi dell’embriologia.




giovedì 16 maggio 2024

2024 Maggio 7. Giochi di bastone: Assorbire, flettere, accompagnare


Formarsi a Mukae, “assorbire”, che è “ridurre la forza massima del colpo dell’avversario” (https://taikiken.org/), il che richiede la capacità di aderirvi, di flettersi per accompagnarlo, di stabilire un contatto continuo. Che è Ukemi nel significato di “corpo che riceve”, Aiki nel significato di “adattarsi reciprocamente”, Musubi che è “legare tra di loro”.

Uno dei tanti giochi Spirito Ribelle che aprono il terreno alla pratica del Chi Sao, le “mani appiccicose”, del Suishou, le “mani che premono”, del Maki, “avvolgere”.

Uno dei tanti giochi per formarsi alla cedevolezza, Ju, che è il cuore della pratica marziale. Questo a livello SEMPRE  FISICOEMOTIVO.

Dunque un corpo flessibile, in grado di adattarsi, persino di intuire i mutamenti, per volgerli a proprio vantaggio, ma non solo nel malaugurato caso di aggressione in strada, quanto nel ben più comune accadere dei conflitti relazionali in famiglia, sul lavoro, nei rapporti sentimentali, in quelli educativi ecc.

Quei micro – conflitti in cui noi tutti siamo immersi in quanto animali sociali e che richiedono una presenza coerente quanto flessibile, accogliente quanto salda, propositiva quanto comprensiva. Una presenza empatica, persino simpatica,

consapevole che:

“I conflitti, nonostante sia difficile coglierlo, sono un’opportunità preziosa

di imparare a star bene con gli altri e con se stessi”

(D. Novara pedagogista e counselor)

 

 

 

 

 

 

 

venerdì 3 maggio 2024

2024 Aprile 30 Gambaru Kiko 1. TRAZIONE EQUILIBRIO ONDE

 


Alla voce Gambaru Kiko (movimenti di energia ed impegno) troviamo diverse movenze, tutte accumunate dal richiedere un certo sforzo fisico, un certo “impegno”.

Qui proponiamo un gioco che unisce pratica in disequilibrio e fluidità, che chiede al praticante di agire secondo le diverse onde (nami) del corpo armonizzandole con l’equilibrio precario.

Il lavoro di trazione richiama modulazione tonica e connessione centro – periferia. Il peso entra in gioco, mani ad afferrare la cintura, lasciando uscire il baricentro dalla base di appoggio del corpo, servendosi della trazione per non cadere al suolo o tornare in asse, attività che richiede la disponibilità delle ginocchia.

Molte sono le abilità in gioco, sempre agite sul palcoscenico del fisicoemotivo:

  • Mantenere consapevolezza di sé e propriocezione (1) in situazione disagiata, critica.
  • Affidarsi alle proprie conoscenze corporee e di movimento costruite nella formazione abituale, di equilibrio, senza rinunciarvi in favore di azioni rigide, parziali, solo perché si è in difficoltà.
  • Simulare una situazione di scontro dominata da kuzushi (squilibrio, sbilanciamento) subìto, operando comunque in totale libertà di gesti (2).
  • Agire in tensione rilassata (3), capace di esprimere al meglio l’attivazione del sistema nervoso in sequenze fluide, laddove il contrappeso sia gestito tranquillamente.
  • Sperimentare nuove esperienze sensoriali che sollecitino traiettorie insolite e, nel contempo, costruiscano inconsuete interconnessioni corporee e un ininterrotto riadattamento articolare.
  • Operare una efficace canalizzazione dinamica sia in soggetti impulsivi che disorganizzati.

Il proseguo di questo Gambaru Kiko prevede una serie di varianti, principalmente:

  • Il compagno, a volte, lascia la cintura e il soggetto immediatamente si adatta lasciandosi cadere al suolo, ukemi (4), eventuale disposizione ad una “proiezione di sacrificio” (sutemi waza).
  • Il compagno si muove nello spazio e il soggetto si adatta, mantenendo la tensione della cintura, occupando a piacere lo spazio e senza interrompere il fluire delle onde.
  • Il gioco viene effettuato con una corda elastica, cosicché il soggetto abbia l’impegno costante di mantenere la tensione

Tale modalità di formazione, con gli opportuni adattamenti, viene utilizzata in diverse Arti. Per esempio, nel Pa Kwa, il soggetto che cammina in cerchio ha il polso legato da una cintura tenuta da un compagno, al centro del cerchio, che gira su stesso tirandolo a sé: Il soggetto deve mantenere l’esatto percorso circolare nonostante l’opposizione del compagno e anche quando questi improvvisamente lascia la cintura creando un improvviso squilibrio.

 

“L’uso di uno strumento può modificare il nostro schema corporeo, la nostra relazione con il mondo intorno a noi, e con essa il modo in cui percepiamo l’ambiente circostante” (A. Noe in ‘Action in perception’)

 

1. Propriocezione: Il senso di posizione e di movimento degli arti e del corpo che si ha indipendentemente dalla vista e rilevate da recettori periferici denominati propriocettori.

2. “Nel Judo, al contrario, lo stato di equilibrio è considerato inadatto all’azione. Noi insegniamo una stabilità funzionale, un equilibrio instabile, precario, che ha valore per un certo determinato instante, sufficiente soltanto a compiere l’azione in corso” (M. Feldenkrais in ‘Judo per cinture nere’).

3. “Un corpo sano è più assimilabile a quella che viene definita una struttura tensointegra, ovvero una struttura la cui integrità è mantenuta dalla tensione tra le parti, mentre gli elementi rigidi hanno il compito di mantenere la distanza fra di esse”. E anche:La postura fisica, cioè il modo nel quale si posiziona il corpo nello spazio, è certamente dipendente dalla struttura assunta dalle parti del corpo nel campo gravitazionale terrestre, ma questa struttura è interattivamente collegata con la “postura” emozionale e psicologica che assumiamo nei confronti dell’ambiente nel quale viviamo, cioè con i nostri sistemi di relazione e di difesa” (M. Soldati in “Corpo e cambiamento’)

4. Nel mondo occidentale la caduta, il cadere, ha connotati negativi, tanto da considerarla una disgrazia (anche in senso lato), le cui conseguenze sono tuttalpiù da attutire, riducendo il danno. Nel Budo giapponese, ukemi invece è traducibile con “corpo che riceve”, dunque come accettazione di un possibile rovescio a cui prontamente rispondere o addirittura da volgere a proprio vantaggio. Ellis Amdur, scrittore ed esperto di Koryu, scuole marziali tradizionali, nel suo “A duello con O Sensei” scrive: “Ukemi è il cuore del Budo” riferendosi anche al ruolo che uke, colui che riceve, e uketachi, la spada che riceve, hanno nella pratica tradizionale.

 

 

 

 

 

 

 

 

Il mio pensiero di Maggio

                     “Le mani una volta erano ali, e per questo ora, mentre scriviamo, voliamo” (L. Vukcèvic)

Quelle stesse mani con cui tocchiamo e che ci toccano, interazione gestuale che è interazione fisicoemotiva, di sensi e sensazioni.

In questi anni di alienazione, di schizofrenia corporea, tra i tanti modi di manifestarla campeggia il corpo mondanizzato: “corpo che si fa cosa del mondo” (E. Borgna “L’arcipelago delle emozioni).

Qui entra in gioco lo Spirito Ribelle, che non solo va oltre la ridicola divisione corpo e mente con quest’ultima a dominare, ma va oltre l’idea modestamente progressista di “espressione del corpo” per abbracciare invece “corpo delle espressioni” (S. Spaccapanico Proietti “Umanizzare il movimento”).

Significa, nel contesto di relazioni che non sempre (spesso?) faticano a danzare dentro i confini della fusione da un lato e del conflitto aspro dall’altro, conoscere e sviluppare il sapere delle emozioni (che sono emos – azioni) e dei sensi, gli unici in grado di aprirsi con equilibrio, con la capacità di filtrare o respingere, all’altro da me, e dunque all’alterità in senso lato, quell’archè che, nell’antica Grecia, era forza primitiva, lei originatrice del mondo e delle cose.

Ecco, in poche righe, comparire la capacità di ognuno di noi né di farsi sottomettere né di cercare a tutti costi lo scontro, capacità che sostanzia il Randori d’Entraide; di abiurare il tristo mondo delle ripetizioni, tratto caratteristico delle personalità ossessivo – compulsive quand’anche in versione sfumata, dunque pratica di forme (kata o taolu) non come modelli rigidamente prefissati e da imitare pedissequamente ma come trans – forma, personali espressioni del praticante, quanto quello del silenzio e della chiusura che è tentativo di negare il mondo, le relazioni che cambiano; l’equilibrio come miscela di sottili disequilibri da accettare e gestire o capovolgere, addirittura a volte a proprio vantaggio, come nei Sutemi Waza, le proiezioni di “sacrificio; il danzare tra accettazione parsimoniosa e slancio avvolgente che caratterizza le strategie Mukae (assorbire) e Sashi Te (aggredire la sfera di difesa dell'avversario), o che forma il gioco dei Suishou (premere e tirare).

Quale altro migliore modo di formarsi adulti autodiretti, vitali ed erotici, che operare il cambiamento di sé corpo, corpo Leib, in sintonia con il cambiamento del mondo, attraverso un efficace ed efficiente fare marziale, fare Spirito Ribelle?

“In definitiva tutte le forme di conoscenza portano alla conoscenza di se stessi. Quindi, queste persone mi chiedono di insegnare loro non tanto a difendere se stesse o come essere qualcuno. Esse desiderano piuttosto imparare a esprimersi attraverso un movimento, che sia rabbia, determinazione o qualsiasi altra cosa. Quindi, in altre parole, mi pagano per mostrare loro, sotto forma di combattimento, l'arte di esprimere il corpo umano.” (Bruce Lee)