Alla voce Gambaru Kiko (movimenti di energia ed impegno) troviamo diverse movenze, tutte accumunate dal richiedere un certo sforzo fisico, un certo “impegno”.
Qui proponiamo un gioco che unisce pratica in disequilibrio e fluidità, che chiede al praticante di agire secondo le diverse onde (nami) del corpo armonizzandole con l’equilibrio precario.Il lavoro di trazione richiama modulazione tonica e
connessione centro – periferia. Il peso entra in gioco, mani ad afferrare la
cintura, lasciando uscire il baricentro dalla base di appoggio del corpo, servendosi
della trazione per non cadere al suolo o tornare in asse, attività che richiede
la disponibilità delle ginocchia.
Molte sono le abilità in gioco,
sempre agite sul palcoscenico del fisicoemotivo:
- Mantenere consapevolezza di sé e propriocezione (1) in situazione disagiata, critica.
- Affidarsi alle proprie conoscenze corporee e di movimento costruite nella formazione abituale, di equilibrio, senza rinunciarvi in favore di azioni rigide, parziali, solo perché si è in difficoltà.
- Simulare una situazione di scontro dominata da kuzushi (squilibrio, sbilanciamento) subìto, operando comunque in totale libertà di gesti (2).
- Agire in tensione rilassata (3), capace di esprimere al meglio l’attivazione del sistema nervoso in sequenze fluide, laddove il contrappeso sia gestito tranquillamente.
- Sperimentare nuove esperienze sensoriali che sollecitino traiettorie insolite e, nel contempo, costruiscano inconsuete interconnessioni corporee e un ininterrotto riadattamento articolare.
- Operare una efficace canalizzazione dinamica sia in soggetti impulsivi che disorganizzati.
Il proseguo di questo Gambaru
Kiko prevede una serie di varianti, principalmente:
- Il compagno, a volte, lascia la cintura e il soggetto immediatamente si adatta lasciandosi cadere al suolo, ukemi (4), eventuale disposizione ad una “proiezione di sacrificio” (sutemi waza).
- Il compagno si muove nello spazio e il soggetto si adatta, mantenendo la tensione della cintura, occupando a piacere lo spazio e senza interrompere il fluire delle onde.
- Il gioco viene effettuato con una corda elastica, cosicché il soggetto abbia l’impegno costante di mantenere la tensione
Tale modalità di formazione, con gli opportuni adattamenti,
viene utilizzata in diverse Arti. Per esempio, nel Pa Kwa, il
soggetto che cammina in cerchio ha il polso legato da una cintura tenuta da un
compagno, al centro del cerchio, che gira su stesso tirandolo a sé: Il soggetto
deve mantenere l’esatto percorso circolare nonostante l’opposizione del
compagno e anche quando questi improvvisamente lascia la cintura creando un
improvviso squilibrio.
“L’uso
di uno strumento può modificare il nostro schema corporeo, la nostra relazione
con il mondo intorno a noi, e con essa il modo in cui percepiamo l’ambiente
circostante” (A. Noe in ‘Action in perception’)
1. Propriocezione: Il senso di posizione e di movimento degli
arti e del corpo che si ha indipendentemente dalla vista e rilevate da
recettori periferici denominati propriocettori.
2. “Nel Judo, al contrario, lo stato di equilibrio è
considerato inadatto all’azione. Noi insegniamo una stabilità funzionale, un
equilibrio instabile, precario, che ha valore per un certo determinato
instante, sufficiente soltanto a compiere l’azione in corso” (M.
Feldenkrais in ‘Judo per cinture nere’).
3. “Un corpo sano è più assimilabile a quella che viene
definita una struttura tensointegra, ovvero una struttura la cui integrità è
mantenuta dalla tensione tra le parti, mentre gli elementi rigidi hanno il
compito di mantenere la distanza fra di esse”. E anche: “La
postura fisica, cioè il modo nel quale si posiziona il corpo nello spazio, è
certamente dipendente dalla struttura assunta dalle parti del corpo nel campo
gravitazionale terrestre, ma questa struttura è interattivamente collegata con
la “postura” emozionale e psicologica che assumiamo nei confronti dell’ambiente
nel quale viviamo, cioè con i nostri sistemi di relazione e di difesa” (M.
Soldati in “Corpo e cambiamento’)
4. Nel mondo occidentale la caduta, il cadere, ha connotati
negativi, tanto da considerarla una disgrazia (anche in senso lato), le cui
conseguenze sono tuttalpiù da attutire, riducendo il danno. Nel Budo
giapponese, ukemi invece è traducibile con “corpo che riceve”,
dunque come accettazione di un possibile rovescio a cui prontamente rispondere
o addirittura da volgere a proprio vantaggio. Ellis Amdur, scrittore ed esperto
di Koryu, scuole marziali tradizionali, nel suo “A duello con O
Sensei” scrive: “Ukemi è il cuore del Budo” riferendosi anche al ruolo
che uke, colui che riceve, e uketachi, la spada che
riceve, hanno nella pratica tradizionale.
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