si snoda in terra friulana
- E chi l’avrebbe mai detto di entrare in un gioiello
minuscolo e prezioso come si è rivelata essere Cividale del Friuli?
Lunghi occhi di luce chiara ne illuminano strade e case.
Mura solide, la cui bellezza m’incanta, come femmina dagli anni trascorsi senza
che il dolore e le ferite del vivere ne abbiano scalfito il fascino, posandone
invece su pelle e portamento la dignità di una sovrana.Il silenzio e la pulizia e il parlare sommesso.
Pare quasi di attraversare un sogno, di passare senza che io abbia lasciato un passato, di perpetrare un danzare, lento e lieve , in un tempo immanente, senza prima né dopo.
Sono i musei, le chiese, gli unici a dirmi che c’è stato un passato e, giocoforza, ora c’è un presente e, da qualche parte, un futuro.
L’Ipogeo celtico, sotterraneo, misterioso, anfratti di roccia, fango al suolo.
Visita intima, abbiamo chiesto le chiavi d’ingresso, solo in tre: io, Monica, Lupo e, ah già, la piccola Kalì, porta richiusa alle spalle.
Respiriamo il senso di un tempo lungo, lunghissimo, dove l’aggettivo “secolare” ora sì acquista il suo significato. Dove il senso di “storia” si fa senso profondo, a entrarmi nel ventre, a battermi nel cuore.
Ma anche il Ponte del Diavolo, leggenda di uomini che, incapaci nelle loro forze, al Diavolo chiesero aiuto. Solo un caso beffardo impedì che lo sciagurato patto stretto con il Signore delle Tenebre (“Possiederò l’anima del primo che attraverserà il ponte”) fosse rispettato.
“Dai, Monica, fermiamoci a vivere qui!”. So già la risposta, che arriva immediata.
D’altronde, io e Monica, viviamo immersi in un continuo vorticare del Tao, bianco e nero, nero e bianco, coppia di opposti che insieme si attraggono e si respingono, gusti diversi, diversi in mille e mille aspetti e scelte e, per questo, finché le forze centripete avranno la meglio, INSIEME.
- Non manca una giornata intera dedicata ad Aquileia.
Quando leggo che è la “Piccola Roma”, mi viene da ridere
e penso “Sì, come quella conoscente
biondona che chiamiamo la ‘Marylin Monroe de noiatri’”E, ovviamente, mi sbagliavo.
Aquileia è davvero una piccola Roma, con resti di epoca romana, ottimamente conservati, a cielo aperto e disseminati ovunque, che ovunque ti giri trovi resti dell’antico impero romano.
Una lunga passeggiata tra i resti del porto fluviale, ci conduce fino al centro della città: chiese ed ancora scavi di rara bellezza.
Il Museo paleocristiano di Monastero è l’esatta rappresentazione di come deve essere un luogo di memoria per poter attrarre attenzione e partecipazione di ogni tipo di visitatore.
Un piccolo capolavoro in cui ci perdiamo e riperdiamo, in cui mi entra nella pelle il quotidiano del vivere di sconosciuti, i loro matrimoni e la loro morte, i loro litigi ed i loro amori.
Ovunque memorie di una civiltà che fu, a ricordarmi quanto siano piccole, minuscole, le briciole che compongono la mia vita e che, pur briciole che siano nel grande fiume della vita e dei secoli, dei millenni, sono però tutto quanto io abbia oggi e che mi rappresenta. Perciò, briciole preziose, uniche.
- Queste piccole, pregiate vacanze friulane, attraversano
altre città incantevoli, tra l’imponente piazza di Palmanova e l’incredibile
sensazione di solcare in auto il mare, a pelo d’acqua, per lasciarsi
abbracciare dal porto e dalle case di Grado. Attraverso la burbera ma calorosa
accoglienza della gente friulana; b & b incastonati in colline ubertose e
distese di verde; cibo abbondante e vino di qualità.
Attraverso la commozione, il dolore, del Sacrario di Redipuglia.Ricordo che brucia, giovani immolatisi a difendere un suolo, una patria, dei valori.
Mentre qui, aitanti giovanotti dalla pelle di ogni colore scuro, lasciano morire la loro terra e scappano, inferociti nelle pretese di un lavoro e di mille comodità e garanzie, invadendoci ad ondate senza sosta, lassù, nel Sacrario di Redipuglia, il ricordo di chi non è scappato, di chi è rimasto a combattere perché io, tu, possa prendersi un gelato e fare figli, scegliere una vacanza e leggere un libro.
Come successe alle migliaia di uomini e donne che, oppressi dalla feroce dittatura fascista, non scapparono a pretendere sicurezza altrove, ma restarono a combattere, a morire, costruendo con il loro sangue quelle sicurezze, quegli agi, che i giovanotti dalla pelle scura ora pretendono anche per sé.
Sotto il portone dove abito, c’è una corona che ricorda la morte, il sacrificio, di due giovani ventenni antifascisti. Ogni volta che vi passo accanto mi commuovo, mi sento un privilegiato perché io ho amato ed amo, ho gioito e sofferto, in una parola ho vissuto ed ancora sto vivendo, mentre loro ben poco hanno goduto in un paio di decenni.
La libertà di vivere, mi insegnano costoro ed i morti del Sacrario, la si conquista nella propria terra, non la si pretende scappando. Lo devo anche per questi giovani morti per me, per te.
Ma questi sono i tempi della codardia e della sig.ra Boldrini, dei politici abbronzati e in giacca e cravatta che sentenziano di accoglienza e società multiculturale mentre vivono in luoghi sontuosi, protetti dal loro potere e dalle loro sfacciate ricchezze.
Un pensiero beffardo immaginare la sig.ra Boldrini vivere una vita da impiegato a 1.200 euro al mese in quel di viale Padova o piazzale Gabrio Rosa, pendolare sulla linea ferroviaria Milano – Mortara.
E, “intanto”, là, tra le montagne del Friuli e non solo, come anni dopo nelle stesse montagne o in altre, in città e paesi, italiani a magliaia morirono, sangue e suolo, mentre qui, ora, continua l’invasione dei codardi nella loro terra, ma spacconi e prepotenti nella nostra. Qui in Italia, dove grandi collusioni politiche, economiche e mafiose; interessi ladri di italiani stessi e malaffare spicciolo; buonismo di chi ha sulle spalle, con il peso volgare della pedofilia diffusa e protetta, anche quello della spinta alla procreazione incontrollata, che i metodi anticoncezionali hanno ragione cristiana in Europa ma non in Africa, prosperano e si ingrassano anche sulla pelle di questi poveri disgraziati in fuga.
LA
SECONDA PARTE
si avvia a rilento, colpito io nelle “parti basse” da un
male tipico dei maschi di una certa età, che mi inficia il normale fare.- Ciò non mi impedisce, raggiunti da Giovanni ed Elise in compagnia della loro vivace Luce, di andare insieme là, sulla diga del Vajont.
Tragico disastro voluto dall’incuria e dall’insaziabile sete di denaro dei soliti uomini di potere e senza scrupoli. Duemila morti, di cui centinaia i bambini.
Un’opera che là non doveva essere fatta ma là fu fatta. E la natura diede, 1963, il suo tragico responso, scaricando tonnellate di pietre e massi, sollevando un’onda gigantesca, radendo al suolo interi paesi, uno dopo l’altro.
L’orrore profondo che mi prende le viscere convive con il senso di inutilità di quanto accaduto: nulla impararono gli uomini di potere da quel genocidio.
Negli anni a venire, negli anni che sono questi, altri uomini di potere, chi apertamente e chi nascondendosi dietro alle leggi del “mercato”, hanno perpetrato altri crimini, grandi e piccoli.
Ma sempre innocenti, uomini, donne e bambini, incolpevoli, sono morti per saziare l’ingordigia e sete di denaro di pochi uomini di potere: la nube tossica a Seveso, le scorie di fonderia altamente tossiche smaltite illegalmente nel veneto, i rifiuti ed i roghi tossici nella “terra dei fuochi”, i veleni ammorbanti dell’ILVA di Taranto che hanno diffuso tumori tutt’intorno, la discarica di Bussi nel pescarese …
D’altronde, nella società dell’effimero e del “consumo senza uso”, dell’apparire forsennato e ridicolo su fb e dell’egoismo diffuso, della frustrazione e dell’invidia di massa verso chi ostenta ed ha di più (1), ovunque, le pecore abbondano, belanti e pronte ad essere tosate, mentre “Lor signori” se la ridono a crepapelle e preparano nuovi disastri, nuove eclatanti o silenziose stragi massa.
- I giorni in compagnia degli amici proseguono sereni, tra
riflessioni profonde e chiacchiere amene, un “mezzo e mezzo” da Nardini e la
scoperta di una Elise docente di matematica impeccabile, una gita in uno dei
tanti laghi che circondano Bassano, qualche bicchiere di buon vino bianco e
ipotesi di corsi marziali e di benessere nell’abbiatense.
Gli abbracci, la sera, sotto una volta di stelle
luminose: Arrivederci a Milano!!
- Il libro di queste giornate estive è “Psicologia della paura”, di Anna
Oliverio Ferrario.
Mi colpiscono queste pagine: “ Contatto fisico: la persona spaventata non si limita a sottrarsi al
pericolo ma può cercare di raggiungere qualcuno che lo protegga e lo conforti
attraverso un contatto fisico. E’ il caso, per esempio, del bambino che inseguito
da un cane salta tra le braccia della mamma; ma è anche il caso dell’adulto che
dopo un grosso spavento cerca conforto in un abbraccio. Di fronte a situazioni
minacciose i bambini cercano istintivamente quel contatto fisico rassicurante a
cui sono abituati fin dalle prime fasi della vita, tant’è che quando nei primi
anni di vita questo tipo di conforto è stato insufficiente essi appaiono
insicuri e ansiosi, a volte bisognosi in maniera eccessiva della presenza
materna in una età in cui potrebbero ormai fronteggiare le normali separazioni
quotidiane. Il problema di questi bambini è che non sono riusciti a
interiorizzare quel senso di sicurezza di base che consente di affrontare
autonomamente tante diverse situazioni di vita quotidiana.”Ho sempre pensato che la giocosa voglia di lottare, di spingersi al suolo, fosse semplicemente dettata da una infanzia in cui tali giochi “maschi” fossero, per diversi motivi: madre apprensiva, scarsa o nulla vita “di strada”, assenti e/o vietati, e così ci fosse, finalmente, il piacere liberatorio di recuperare, pur adulti, una pratica giocosamente maschia.
Ora, però, mi sovviene una riflessione azzardata, forse irriverente.
Quest’ansia di voler lottare, ricercando, in uno scontro, subito il contatto corpo contro corpo, questo piacere nell’avvinghiarsi e stringersi l’un contro l’altro, quanto rimanda alla distanza infantile da un padre assente o iper – giudicante ed alla vicinanza ad una madre iper – protettiva e iper – accudente?
Chissà se la vita privata di costoro, degli amanti del buttarsi l’uno nelle braccia dell’altro, non veda, quand’anche adulti, una madre, o una moglie – madre, a sostenerli emotivamente, economicamente, in un habitat maschile dai contorni perlomeno incerti quando non ambigui?
Lo so, pare una riflessione paradossale, ma …para doxa “affermazione, proposizione, tesi, opinione che, per il suo contenuto o per la forma in cui è espressa, appare contraria all’opinione comune o alla verosimiglianza e riesce perciò sorprendente o incredibile”.
O forse è solo una superficiale elucubrazione che mi è venuta così, di getto, impigrito dalla brezza mattutina e dal cielo azzurro sopra di me.
- I giorni si susseguono.
Una gita ad uno dei più bei laghi d’Italia, il lago di Braies, incantevole, tanto che
non mi sarei stupito di vedere danzare sulle acque qualche eterea ninfa. Da
tornarci assolutamente.I momenti di formazione marziale, soprattutto volti al Chi Kung ed al Tai Chi Chuan.
Le passeggiate in centro Bassano e nell’antico palazzo settecentesco che ospita la libreria Roberti; ad occhieggiare i coltelli esposti nel negozietto di piazza Garibaldi; a bighellonare sotto le mura di ville austere, mentre il fiume Brenta ci scorre accanto; una camminata lungo gli argini del torrente Musone e una cena alla veneta presso la Caneva, la “cantina” che si affaccia nei pressi del Terraglio; una serata a Vicenza, il cui centro storico è tanto bello quanto affollato di vitaioli affaccendati a chiacchiere e bevute (2).
A giorni, il ritorno a Milano.
Beh, sono state le mie ultime ferie estive… dal prossimo Maggio, sarò in pensione e, dunque, SEMPRE in ferie!!
- Purtroppo, il “male tipico dei maschi di una certa età”
ha il sopravvento e mi mette letteralmente in ginocchio, anzi, ripetutamente e
dolorosamente in bagno.
Una visita specialistica in tutta urgenza, il rientro a
Milano: quattordici giorni di letto e riposo, dieta in bianco, medicinali “a
manetta”.La “bilancia del corpo umano”, come viene chiamata quella ghiandola che mi sta torturando, ha dato il segnale che ogni limite l’ho davvero passato.
Allora, come dicono i taoisti: “Da una disgrazia, una opportunità”,
Due settimane di formazione marziale mancata, diventano, quando il dolore si è fatto meno lancinante, due settimane di pratica sulla postura: quando cammino per casa, quando mi siedo a leggere, quando mi sdraio sul divano a stordirmi di TV.
Diventano preparazione ad una pratica alimentare dove gli eccessi, una volta guarito, saranno tali e non la regola; dove imparare a dormire almeno sette ore per notte.
Diventano un altro, faticoso, passo nel mio cammino personale, di vita e marziale, incontro ad un tramonto che sarà bellissimo.
“Non
esistono testimoni tanto terribili o accusatori impalcabili, quanto la
coscienza che abita nell’animo di ciascuno”
(Polibio)
1 Personalmente, cresciuto in una famiglia economicamente
modesta; in anni in cui frugalità e rispetto dell’uso consapevole erano valori
ancora ampiamente diffusi; formatomi, tra il ’68 e gli studi e la militanza
politica prima ed il percorso Gestalt dopo, una coscienza sobria e capace di
dialogare con me stesso senza proiettare sugli altri le mie mancanze e
debolezze; non sento un gran che di aspirazioni modaiole e consumistiche, di
concorrenza con le altrui vanità. Ma pensando a chi ne è succube, a chi vive “un doloroso raffronto tra se stessi e gli
altri, raffronto che può essere vissuto come svalutazione di sé” (Gli
Enneatipi nella Psicoterapia, di C. Naranjo), mi sovviene un’espressione di
Indro Montanelli: “Quando un italiano
vede passare una macchina di lusso, il suo primo stimolo non è averne una anche
lui, ma tagliarle le gomme”.
Anche perché, salvo per i “figli di papà”, averne una
comporterebbe scelte, rischi, stili di vita frenetici, anche opere di malaffare
certo, per cui, comunque, si ha da correre dei pericoli, si ha da “mettersi in
ballo” .. si ha da avere, nella legalità o fuori, comunque ardire e coraggio e
spirito d’iniziativa.