I miei occhi sfiorano cose e luci e colori, ma è il cuore
che sente dentro il buio e il freddo bollente della notte.
Effettivamente non so cosa avvenga di fuori, e,
francamente, poco mi importa. Lascio che sia il cuore a battere e condurmi negli spazi e nel tempo.
So che sono stato colpito e poi ferito da qualcuno e
qualcosa; anche da me, in anni che non potevo prevedere.
Ma ora, da tempo, mi prendo mi cura di me. Non importa
piangere, non importa, a volte, vedermi dentro spegnere la strada che mi indica
la Via.Importa danzare, lieve non so, forte nemmeno, ma io sono io e questo sono e so fare, tra le figure e le forme di un’Arte mai doma, mai schiava.
Ho imparato a prendermi cura di me, ad asciugarmi gli occhi
ogni volta che piango, a rallentare il passo per ascoltare chi bussa da dentro
il mio cuore, il mio ventre.
Ho imparato a cedere il passo davanti agli ostacoli ottusi
e, a volte, quando ci riesco, a farne motivo per un salto in avanti, che è
sempre anche un salto dentro.
L’ora è tarda, il cielo si lascia sfregiare dalle luci di
una luna tonda e chiara come burro.
Pratico piano, per non svegliare nessuno, Monica che dorme
nella camera accanto, Kalì che ha alzato un occhio solo per capire che accade
ed ora giace beata nella cuccia.
Respiro profondo, le mani che segnano l’aria, il corpo che
a volte pare pietra affondare nell’acqua, altre una belva fendere il buio.
Corpo ed ossa e muscoli si compongono e ricompongono in una
melodia di sensi e schizzi d’umore.
Sento il colpo del mio cuore. Tutto quello che ho da fare è
accompagnare il respiro e mantenere lo sguardo su di me.
A volte, non sempre ma sempre più spesso, prendo una
graziosa rivincita sull’età e l’improbabilità di un corpo che nulla ha di
“sportivo”, di ammiccante ai canoni estetici e di performance che dominano
oggi.
Paradossalmente, proprio ora che sono gli anni del
tramonto, so aspettare, ma mi piace anche ribaltare una piccola probabilità del
destino. Era da giovane la fretta assillante di imparare, ora mi gusto il tempo
dell’imparare. E progredisco meglio e più rapidamente.
Le giravolte si smorzano, come i passi ed il frusciare
nelle mani nell’aria.
Il corpo sa attendere la pause e con esse l’avvicinarsi al
letto e il dormire.
Ciao, notte piena. A Dio, o al grande coniglio o a chi
volete voi, piacendo, domani danzerò ancora di Tai Chi Chuan.
Ed io danzo tra le tue parole...
RispondiEliminaGilda