Mentre mi guardo so che non posso fermare il tempo e non c’è alcun ruolo che io possa indossare o meta lontana verso cui scappare.
Dietro le spalle ho un mare di volti e di gesti ed un
rumore assordante.
Pratico Arti Marziali,
le propongo ai miei compagni d’avventura, e so che ho da mantenermi aperto a
viaggiare tra le diverse caratteristiche fisicoemotive per contattare l’uno o
l’altro nello stile che gli è proprio, per indurre l’uno o l’altro ad
esplorarne uno nuovo anche quando la strada è insicura.
Sarà per questa consapevolezza che non mi rattrista più di
tanto sapere che i sogni sono appassiti e con loro l’insana voglia di ottenere
tutto, ma proprio tutto.
Mi da quasi più fastidio chi guarda senza vedere, chi non
coltiva alcuno spazio dentro al cuore.
Non puoi praticare Suishou
(Push Hands) senza uno spazio dentro di te, senza comprendere
lo spazio dentro il compagno, senza condividere uno spazio insieme.
Altrimenti è solo tecnica, solo forma vuota o gara a chi
spinge e butta più lontano, nani illusi di essere giganti che combattono a
sbatacchiarsi, e c’è sempre un ignorante campione a sbraitare, un grande
Maestro dall’alto del suo scranno a spiegare e caterve di ignari praticanti a trastullarsi.
Ho molti dubbi davanti e poche certezze in tasca, ma almeno
so cosa provo quando mi guardo dentro, quando mi guardo attorno. A volte i miei
piedi incespicano nel fango, a volte lo sguardo deraglia dalla linea
dell’orizzonte, eppure sono ancora qui a giocare un gioco in cui vince chi
sorride, chi è vulnerabile, chi accoglie di sé e dell’altro, chi lo fa
donando.
Le mani di Marta sul mio petto,
là dove batte il cuore, ed esattamente dietro, sul dorso. Ad ascoltare lo
spazio che dovrebbe, ad esserne capaci, farlo danzare il cuore, danzare fino a
infondere movimento nel resto del corpo. Le mani di Eleonora, lei che conduce
questo seminario di Body Mind Centering, mi sostengono e mi aiutano a
trovarlo questo spazio dentro il cuore: davvero un’anatomia che è e si fa
esperienziale.
Incredibile sapere dall’embriologia come il cuore arrivi
nel feto; spettacolare osservare le immagini di torsioni e spazi che nel cuore
si innestano e lo costruiscono, forme che sono anche forze in azione. Il
difficile, l’affascinante, è tradurre spazio e torsioni in movimenti reali.
A me pare di essere immobile, solo il battito a dar segnale
di sé. Marta, poi, invece mi racconta di impulsi potenti, addirittura di un
fremito arrivarle alla mano e lungo il braccio fino alla spalla. Eleonora mi
dice quel che già altri, in incontri intensi e di esperienza dentro il corpo,
mi hanno detto: “Hai un gran cuore, forte e generoso, ma stretto in un
dolore enorme che se non superi, lì ti tiene costretto”.
Mi emoziono, ci emozioniamo, occhi sgranati. E ancora lo
spazio, dentro e fuori di me, a narrare del vivere.
E’ un attimo lungo minuti, è un silenzio che parla. So che
posso prenderlo e guardarci attraverso. Fuori, nel mondo di ogni giorno, è
facile e semplice dire ad uno come è, ma chi davvero ha voglia ed è capace di
guardarlo dentro? Chi davvero aspetta senza giudicare, mantenendosi invece
accogliente e aperto?
Per questo, da quasi
cinquant’anni pratico Arti Marziali, viaggio di ogni ribelle mai domo, di
ogni eroe perso. Arti Marziali come lotta, come caccia, dove il primo
avversario, la prima preda, è sempre se stesso. Altrimenti sono solo vetrine di
vanità e incoerenza, dentro vite che si sprecano in un tempo che prima o poi
scopri breve, così fragile e breve tra l’immensità del nulla che lo precede e
lo segue, vite prive di eros e thanatos, di amore e morte, di violenza.