“Quando
mi troverò di fronte a dio alla fine della mia vita, mi augurerò di non avere
neanche un briciolo di talento rimasto, in modo da dirgli : ‘Ho usato tutto
quello che mi hai dato’”
(E. Bombeck)
Qualcosa
resta della caccia vecchia, dei vecchi (giovani) passi, a volte felpati a volte
chiassosi come imberbi studenti all’uscita da scuola. Qualcosa resta per quello
che è, oppure si trasforma, prendendo sembianze sfumate, indistinte: magia nera
di donna sinuosa, tremolante, nelle luci chiaroscure del vivere quotidiano.
La
vita sceglie una strada, una direzione e, non sempre, è quella che preferiamo.
A volte, più spesso raramente e in modo frammentario, scomposto, invece sì.
Ed
io sono qui, nei locali vetusti, dal canniccio il cui colore gli anni hanno
sfaldato tra le tonalità del marrone. Tatami di judo coloratissimi disposti in
pedana grande e drappi di divinità asiatiche abbracciate, incastonate nell’atto
più bello del mondo: Fare l’amore. Qui,
nella sala della guerra e della formazione alla guerra.
Ma
questa è serata di pace, di amicizia, di festeggiamenti: oggi, Venerdì 14 Novembre, compio sessantatre
anni.
Sono
nato nel giorno dell’alluvione del Polesine, quando il fiume Po straripò
definitivamente fuori dagli argini; il giorno della più aggressiva e disastrosa
alluvione dell’Italia contemporanea. E questo vorrà pur dire qualcosa.
Qualcosa
che riecheggia, bestia solitaria e famelica, nelle viscere, tra impulsi e
pulsioni selvaggi, oscuri, primordiali.
Eppure
i sorrisi degli allievi, degli amici; lo scorrere fresco nel palato della birra;
gli occhi profondi di Giuseppe, amico ritrovato per alcuni minuti in pedana,
nel Randori d’Entrade, empatia, di più, simpatia mai persa. La premura di
Milena, con i suoi paninetti al wurstel e una misteriosa torta di cioccolato e
fondi di caffè. I consigli di letture fantasy di Walter. Gli abbracci teneri
con Alessandro, e poi Celso, Renato ed altri ancora.
Con
loro la mia famiglia, Monica e Lupo, ma anche Kentaro, almeno nei miei
pensieri.
Grazie,
a tutti voi per esserci stati.
Grazie
per il sorriso nel cuore che mi avete donato nel festeggiare insieme, come si
suol dire, le mie 63 primavere.
“Un
uomo è veramente ricco quando i suoi figli corrono tra le sue braccia, anche se
è arrivato a mani vuote”
(Anonimo)
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