E forse questo significa amarsi ed amare. Perché è insieme
aspettare, prendere e lasciare, condividere e ricordare.
In fondo, nessuna formazione all’ascolto e alla presenza
può esulare da una pratica che proceda dai sensi, dal movimento, cioè dal
corpo.
In fondo, il corpo ci rivela.
Questo parrebbe essere un buon
inizio: muoversi, agire consapevolmente, lasciando che, nei gesti, il tempo ci
cambi. Così, dolcemente, senza sforzo.
Ascoltarsi per il piacere di farlo, stare con quello che si
fa e c’è nel presente, agire per l’azione, non per i risultati.
Agire, praticare di corpo consapevolmente nel presente, nel
“qui ed ora”, contempla la capacità di guardare al futuro, ricordando sempre il
nostro passato e, nel farlo, modellarlo come più ci piace, o più ci addolora;
sempre e comunque per capire o… giustificare, a volte persino negare, il
presente: chi sono, cosa faccio e come lo faccio.
So che è la natura delle
domande a determinare, generalmente, la qualità delle risposte, dunque di ogni
incontro, per questo pratico Kenpo Taiki Ken, Tai Chi Chuan, Movimento
Intuitivo sempre ponendomi domande, interrogativi.
Per questo aborro le pratiche ginniche, sportive, marziali,
di fitness, che, vendendo il miraggio di salutismo, efficientismo, bellezza
fisica, in realtà lo plasmano alle forme esterne comandate dal consenso
sociale.
Corpi modellati da un’unica mano, corpi conformati ad
un’unica mente, corpi svuotati e sottomessi, corpi in cui la regola, ormai da
tutti accettata, “dissocia il potere dal corpo” (M. Foucault)
D’altronde, come ci si prende cura di se stessi indirizza come si prende o non si prende cura dell’ambiente e degli altri:
come lavori su di te, come governi te stesso,
indica come lavori per gli altri.
Sei dedito alla cura estetica del tuo corpo? Fatichi in palestra per sfoggiare addominali scolpiti e un corpo sodo? Consideri la massa muscolare il metro di paragone per valutare efficienza ed efficacia? Ti sfianchi a correre senza però mai andare da alcuna parte su un tapis roulant o facendo spinning? Corri su e giù per i giardini come un criceto in gabbia? Imiti i gesti e gli esercizi dell’insegnante davanti a te con l’obiettivo di farne una perfetta fotocopia?Sono solo alcuni esempi di una pratica che aliena il corpo
dal sé, lo oggettivizza; che esalta il controllo e la rimozione della
peculiarità e della storia personale di ognuno. Il che, di conseguenza, ti
porta a intervenire sugli altri e sull’ambiente in nome dell’apparenza e della
superficialità, della spasmodica ricerca di identificazione superficiale e
riconoscimento superficiale nel gruppo. Una siffatta cura di te esclude
l’empatia di cuori ed emozioni, spinge ad una responsabilizzazione sociale
modesta e del tutto conformista; fino a pretendere di decidere tu quali sentimenti
ed emozioni all’altro da te sia permesso provare e come provarli.
Per altro, che dire di chi non si prende in alcun modo cura del proprio corpo? Chi lo guarda crescere ed invecchiare in sovrappeso o annichilito dalla forza di gravità o storpiato da posture ed abitudini quotidiane? Chi esalta la mente a scapito del corpo (come se la mente stessa non fosse “incarnata”!!) e affonda nel logocentrismo?
Come potrebbero costoro prendersi cura dell’ambiente e
dell’altro se non hanno cura verso di sé? Se costoro non si appassionano al sé
integrale, se non godono di un corpo vivente, come potranno mai dedicarsi con
passione ed entusiasmo e altruismo agli esseri viventi loro attorno, al vivere
degli altri?
Basta guardare i nostri politici, il loro essere / non
essere corpo, per capire che da costoro non abbiamo da aspettarci nulla di
buono!!
Ecco i
due stremi:
cura
asettica, a volte maniacale, o, all’opposto, incuria totale,
accomunate
dall’essere ambedue rivolte a un corpo oggetto, estraneo da sé.
Qualcuno faccia loro una
domanda di senso che investa il “dentro” del corpo; qualcuno chieda loro di
ricordare un avvenimento, un incontro, del passato attraverso i cinque sensi,
le sensazioni provate; qualcuno chieda loro di raccontarsi di corpo e
attraverso il corpo.
Non ci riusciranno MAI.
Se non ti dedichi al benessere
integrale di te, di te essere fisicoemotivo, che xzxzazzo di vivere vivi? Che
xzxzazzo di sentimenti, emozioni e sensazioni condividi? Che xzxzazzo di te
dedichi all’altro?
“… possiamo condurre un altro e andare con lui
solo fin dove siamo già andati con noi stessi”
(Ivano Gamelli, riferendosi alle parole di C.G.
Jung)
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