lunedì 17 maggio 2021

Ddl Zan, Fedez, femminismo, Lgbt e splendide castronerie

Vociare e pretendere, mettersi in mostra a qualsiasi costo su qualsiasi argomento, l’ergersi a “maître à penser” ad opera di nani e ballerine, per citare Rino Formica che di questo se ne intendeva.

Lo chiamarono “lavoro flessibile”, intendevano “lavoro fragile”, “lavoro precario”; occupazione professionale, (quella che ti dà i soldi per vivere), non più certa, non più scontata: in una Repubblica “democratica, fondata sul lavoro” (art. 1 della Costituzione) il lavoro spariva, diveniva una incerta possibilità.

Col lavoro flessibile, quello incerto, quello dei contratti a tempo determinato o a chiamata, nasceva una personalità umana altrettanto incerta, precaria.

Prendeva forma e diveniva “massa”, la persona con una scarsa fiducia in se stessa, che si scopre vulnerabile, indifesa, non più tutelata.

L’uomo si trova immerso in quella che il sociologo Ulrich Beck in “La società del rischio. Verso una seconda modernità” scopriva essere una società che costringe gli individui a fare scelte con esiti imprevedibili in nome del progresso, finendo in una condizione di incertezza.   

La flessibilità ha finito per sviluppare sull’uomo un potere di corrosione della personalità: se da un lato risulta più libero, dall’altro è sovrastato dalla condizione di frammentarizzazione ed incertezza che la flessibilità porta con sé.” (La flessibilità del lavoro. Università di Siena. 2017)

A seguito di questa svolta e all’interno di un capitalismo sempre più sfrenato, entra in crisi l’idea di comunità, di collettività, spariscono i contratti collettivi di lavoro: il lavoro si contratta e si tutela individualmente.

La “società liquida”, annunciata da Zygmunt Bauman, considera l'esperienza individuale e le relazioni sociali segnate da caratteristiche e strutture che si vanno decomponendo e ricomponendo rapidamente, confusamente, in modo incerto e volatile.  Nel pantano della “società liquida” sguazza l’’uomo frammentato, l’uomo solo.

Solo e portatore di caratteristiche contradditorie e confusamente mischiate tra di loro: narcisismo e nichilismo, voglia di emettere un giudizio su tutto, necessità di mostrarsi, di apparire, costruttore di relazioni sociali superficiali (gli “amici” su fb), dedito alla soddisfazione di ogni capriccio, drogato anelante la “realtà aumentata”.

In questa totale libertà sfrenata una sola cosa resta ferma, indiscutibile: lavorare, sempre che tu il lavoro lo trovi.

Non importa quel che fai del tuo tempo libero, l’importante che è che tu sia disponibile, pronto a lavorare, anche sette giorni su sette, anche senza pause, anche senza tutele.

In questa nefasta situazione, sboccia evidente l’attenzione mediatica e quella individuale sui diritti, sulle libertà personali.

Così, dati del 2020, in Italia a fronte di oltre 1.000 morti sul lavoro, abbiamo poco più di 120 femminicidi e 130 aggressioni omofobe.

Certo, deprecabili e a cui dedicare attenzione, cultura e leggi le ultime due, ma perché nessuna attenzione mediatica, politica e culturale viene dedicata agli oltre 1.000 morti su lavoro?

Pensateci un po', quanti servizi e dibattiti in televisione, quanti politici ed intellettuali, avete visto esporsi ed impegnarsi per gli oltre 1.000 morti sul lavoro?

Già, ma il lavoro, tutelato o meno, non si deve fermare mai: questo è l’imperativo dello sfruttamento capitalistico, questo è il diktat bene accetto da tutti, o quasi.

Così non stupisce che al concertone del primo Maggio, il sindacato, o quel che ne resta, abbia allestito un palco sponsorizzato da Eni e Banca Intesa. Che un cantante milionario, in occasione della festa dei lavoratori, si sia profuso a sostegno del mondo Lgbt ma nessuna parola sul lavoro ed i morti sul lavoro.

Allora diciamola tutta, ci sta che in questa trista deriva l’ideologia capitalista domini incontrastata e che questo comporti una altrettanto trista deriva individualista.

Una deriva dove, per difendere la sessualità diventata liquida, informe anch’essa, si faccia strada il diritto ad essere “Certe mattine mi sveglio più maschio, altre più femmina” (dichiarazione di Madame, altra “cantante” di recente successo).

Una deriva dove una biologa, Barbara Gallavotti, dichiara che l’omosessualità in natura " è estremamente diffusa e prevista nell'evoluzione".

In natura, il leone che diviene capo branco uccide i piccoli che non sono suoi figli: facciamo così anche da noi? O la “natura” fa comodo citarla solo nelle situazioni convenienti?

Ma forse la Gallavotti voleva mettere in guardia da un accostamento acritico alla natura, lo fa quando, a fine intervista, si chiede se noi vogliamo comportarci come i moscerini della frutta. Forse, certo è che i mass media, quest’ultima affermazione l’hanno fatta scomparire dando invece risalto alla semplicistica equiparazione uomo – natura che sdogana appieno l’omosessualità.

Una deriva dove ARCIGAY è bene accetta, aperta e democratica, ma ARCILESBICA, che si pronuncia contro il Ddl ZAN, è tacciata di essere conservatrice e di destra. Notate che entrambe sono ARCI, associazione storicamente a guida condivisa PCI e sinistra PSI, che negli anni ha sempre mantenuto una linea politica e culturale vicina agli ambienti riformisti e progressisti.

Una deriva dove “la battaglia per i diritti civili è un’arma di distrazione di massa per coprire le nefandezze compiute sui diritti sociali. Il Pd si è ridotto ad essere una riedizione del partito radicale, che si batte per i diritti gay ma poi cancella l’articolo 18 e le conquiste dei lavoratori del dopoguerra”, ed ancora “Io mi sono sempre impegnato a combattere l’utero in affitto: una pratica nazista, degna del dottor Mengele. Mi hanno massacrato per questo, ma continuerò a rivendicare questa battaglia. La voglia di avere un figlio è un desiderio: e i desideri non sono diritti. Specialmente quando consistono nello strappare figli alle madri povere del terzo mondo, per essere venduti su un catalogo, come fossero una merce

(Marco Rizzo in https://www.agenpress.it/marco-rizzo-partito-comunista-intervista-a-la-verita-se-la-sinistra-e-il-nulla-di-fedez-non-ci-prendo-neanche-il-caffe/)

DA LEGGERE!!

 Una goffa e trista deriva narcisista e individualista premiata dai mass media in ogni sua forma: avete notato che ormai ogni pellicola cinematografica, ogni serie televisiva ha sempre al suo interno almeno una coppia, una relazione omosessuale?

Una goffa e trista deriva narcisista e individualista che non lascia indenne niente e nessuno, dalle favole per bambini ai monumenti, in un’orgia di antistoricismo e delirio di onnipotenza individuale che si chiama “cancel culture”, “politically correct”, “quote rosa”, persino apertura alla pedofilia: non era consentita anche nell’antica Grecia o nel Giappone medioevale? (http://www.opinione.it/politica/2021/04/28/ruggiero-capone_ddl-zan-tirannide-ateniese-omosessualit%C3%A0-ipparco-parlamento-transessuale-quote-rosa/)

Una goffa e trista deriva narcisista e individualista che si beffe dell’articolo 3 della Costituzione italiana, quello che prevede che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali, dedicandosi invece con tutte le forze alla difesa di questa o quella minoranza di moda al momento. 

Importante è non toccare il lavoro, non mettere in discussione la centralità del lavoro e che importa se questo significa oltre 1.000 morti ogni anno. (Lavorare rende liberi? http://tiziano-cinquepassineldestino.blogspot.com/2012/01/)

Ma ormai siamo una società così, dove devi avere un’opinione, anzi, una certezza su tutto e senza pretendere di guardare l’insieme, di inserire il “fatto” in oggetto in una rete di relazioni, in uno sfondo e dentro una cornice.

Rapido, rapido, sì o no, trionfo del sistema binario, bianco o nero, Roma o Lazio. L’ignorante partigianeria, quella superficiale, al potere!!

Nessun dovere verso la memoria, il ragionare approssimativo, l’ostentare la più volgare aggressività dialettica sono le forme ormai dominanti e vincenti della conoscenza della realtà e della sua comunicazione.

Allora non stupiamoci se le pretese individuali la fanno da padroni, abitano una ribalta senza contraddittorio, pretendono di divenire leggi e minacciano la libertà d’espressione.

Non stupiamoci se a osannare una certa minoranza troviamo chi dava dei “figli di cani infami” (https://www.angolotesti.it/F/testi_canzoni_fedez_67547/testo_canzone_tu_come_li_chiami_1199876.html ) alle forze dell’ordine, quelle stesse forze dell’ordine che gli tutelano la sfavillante Lamborghini; se un periodico radical chic mette in copertina un uomo incinto; se in un paese in cui il 5 per cento della popolazione è gay, lo 0,1 per cento è trans e secondo l’INAIL sono 554.340 gli infortuni sul lavoro denunciati nel 2020, 1.270 quelli con esito mortale, cantanti ed intellettuali, politici e starlette dello spettacolo, giornali e reti televisive, dedicano tutta la loro attenzione ai primi e non ai secondi, ai diritti individuali e mai a scalfire il moloch del lavoro.

“Un dato è certo: l’omosessualità è una questione resa oramai neutrale, come il femminismo, da parte di un sistema che ingloba ed assimila tutto, omologa ogni istanza, disinnescando il carattere eversivo, di classe, di vertenze che potrebbero detonare fermenti rivoluzionari”

(Lucio Garofalo)





 

 

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