Anni e anni di lotta contro la
separazione tra mente e corpo come contro l’ipocrita “mens sana in corpore
sano”; di lotta contro teorie e pratiche di corpo oggetto, da plasmare,
da modificare a piacere secondo i dettami estetici o funzionali del momento,
come se questo non significasse stravolgere pensieri e comportamenti
dell’individuo, l’essenza stessa, la sua “anima”.
Anni ed anni di solitaria
minoranza in cui, di proposito od occasionalmente, incontravo pensatori e praticanti
più “grandi” di me a cui attingere per il mio percorso pratico e teorico, o compagni
di viaggio con cui confrontarmi lungo questo percorso eretico ed antagonista,
persino alternativo allo stupidario dominante.
Poi, da un pugno di anni, le
voci amiche, quelle vecchie e quelle nuove, si sono fatte più forti, più
insistenti.
Tra queste, oggi segnalo la rivista
La
chiave di Sophia
che,
nel numero di Giugno – Settembre 2020, dedica un dossier al corpo,
col titolo
Sentieri
del corpo
Personalmente esaltante leggere
voci di diversa formazione ed operanti in campi così diversi:
Paola
Boldrin, docente universitaria di bioetica; Maria Angela
Polesana, docente universitaria di sociologia dei media; Alice Chiesurin,
dottoressa in Storia delle Arti e conservazione dei beni artistici; Andrea
Bianchi, ingegnere e consulente di comunicazione, ma soprattutto conduttore
di workshop di camminata scalza un po’ ovunque, dalle Dolomiti alla Via
Francigena; Giacomo Dall’Ava, HR manager; Maria Teresa Russo docente
universitaria di Filosofia Morale e Bioetica nonché docente universitaria di
Antropologia e direttrice della rivista “MEDIC; Riccardo Breda, ex
atleta di livello nazionale, master in posturologia, e tanti altri, tra cui
spicca un’intervista a Jean Luc Nancy, filosofo e docente emerito di
filosofia.
tutti coinvolti, nelle arti visive, in filosofia, in
pratiche motorie, ecc. a dimostrare che il corpo, ogni azione del e sul corpo,
“ci costituisce come individui e al contempo consente di relazionarci con
gli altri e con il mondo” (E. Casagrande, nell’editoriale della rivista)
aborrendo la concezione secondo cui il corpo sia qualcosa altro da noi, di cui
disponiamo.
“La mente è incorporata, nel senso più
pieno del termine, non soltanto intrisa nel cervello”, scrive Antonio
Damasio, neuroscienziato, riprendendo quanto trasmesso dal sapere taoista (cit.
da P. Boldrin pg.14).
Noi abitiamo
il nostro corpo, attraversato da una vita interna non solo
puramente fisiologica
ma che
coinvolge ogni nostra esperienza
emozionale, affettiva, psichica.
Niente pensiamo e agiamo che non sia corpo e, come scrive
nella rivista Giacomo Dall’Ava, partendo da un buffo caso di “sguardo di troppo”
posato su una fanciulla che non era la moglie: “Le azioni sono inscritte
nella carne ancor prima che l’intenzionalità consapevole agisca e detti i
comandi. Insomma non è che abbiamo un corpo ma siamo corpo”. (pg.25)
Certamente, questo modo di
pensare ed agire corpo è ancora minoritario nel senso comune come nelle
pratiche sportive tutte.
Certamente, per ottenere prestazioni agonisteiche eccellenti
in tempi rapidi, risulta più semplice modellare ed usare il corpo come una
macchina a cui accostare un minimo di psicologia motivazionale.
Ma anche in questo campo le voci dissonanti, quelle amiche,
si stanno facendo sentire.
La stessa “rosea”, la Gazzetta dello Sport, in un suo
recente convegno, ha provato ad affrontare il corpo e la motricità con un
piglio chiamiamolo olistico.
Tra gli sportivi affermati, nei giorni scorsi, a seguito
dell’incidente di gioco occorso al calciatore Zaniolo, l’ex calciatore ed ora
allenatore Francesco Rocca ha affermato: “Il potenziamento del quadricipite
porta ad un’alterazione del rapporto di equilibrio tra i legamenti e la potenza
del quadricipite stesso. Perché se si aumenta la potenza di un muscolo,
teoricamente bisogna potenziale le strutture che lo sorreggono, quindi, i
legamenti e le capsule articolari. Siccome questo non avviene, il rischio è che
il potenziamento a gioco lungo possa danneggiare le strutture”.
Siamo, è evidente, ancora nel campo limitato, ignorante, di
una anatomia del movimento meramente meccanica. Però è almeno un segnale che
potenziare il motore ed abbellire la carrozzeria senza coinvolgere telaio,
sospensioni, sistema frenante ecc. porta a prestazioni che non durano, logorano
il mezzo fino al suo rapido esaurimento. Ora, questo paragone, traduciamolo da
mezzo meccanico a noi corpo, l’unico “noi” che abbiamo… non è che un
poco di paura e tanta voglia di cambiare prenda ad attanagliare tutte le amebe
del fitness, dei pesi, dei muscoli mostrati per piacere e illudendosi di essere
più forti?
Credo ci vorranno ancora anni
ed anni, all’interno di un radicale cambiamento sociale anticapitalistico che
abbandoni l’idea di profitto ad ogni costo, di reificazione, ovvero considerare
il lavoro umano come una cosa, di elogio dissennato del superfluo e dell’apparire,
perché l’intero mondo del fitness e dello sport agonistico, amatoriale o
professionista che sia, facciano il salto di qualità.
Anni ed anni perché siano capaci, sportivi e semplici
amanti del fitness, di trattarsi come Leib, corpo vissuto, e non più Korper,
corpo oggetto; fino a sfiorare la concezione che “Il corpo non è ‘altro’
rispetto alla persona o al soggetto; è l’essere – al - mondo della persona o
del soggetto. L’anima, o qualsivoglia dire lo spirito, è il rapporto del corpo
con se stesso”. (J.L. Nancy pg. 27).
Concetti a cui far seguire
pratiche probabilmente troppo ostiche per le capacità culturali ed intellettive
di molti; troppo antagoniste, finanche alternative, al pensiero unico
dominante.
Io sono, altresì, convinto che più una visione olistica
dell’individuo, di un sé fisicoemotivo, si diffonderà, più sarà fattibile
scardinare questa società capitalista e sfruttatrice, perché saranno uomini e
donne nuovi, integri, autodeterminati, creativi a portare segni ed azioni di
cambiamento. A partire proprio da come si considereranno “corpo”, come agiranno
di corpo.
Intanto, sopportiamo la pletora
di ossessivo compulsivi che ripetono e ripetono e ripetono lo stesso gesto, che
corrono in bici sotto le urla di un assatanato e sempre restando allo stesso
posto, che rischiano ernie e dilatazione della linea alba (1) e danni ai
dischi intervertebrali facendo i crunch, che attentano ai legamenti delle
ginocchia scaricandovi il peso, che ancora fremono per apparire snelli e
muscolosi come loro impone la pubblicità, la moda: “Come sostiene
Baudrillard (2), il corpo diventa ‘il più bell’oggetto del consumo’
“ ( M.A. Polesana pg. 15)
Ma camminiamo al fianco di persone e movimenti che sono
consapevoli di essere un sé corpo che pensa, parla, agisce ben oltre le mere
funzioni anatomiche; che ogni gesto nello spazio, qualsiasi gesto, è in stretta
relazione con cosa e come noi pensiamo e agiamo nella vita di ogni giorno e
ci
trasforma ogni giorno.
Siamo (ancora) pochi, ma sempre
più buoni, ottimi.
E tu, da che parte vuoi stare? Beh, intanto, prendi in mano
la rivista e dalle una lettura, chissà che …
1. La linea alba è una linea tendinea che si trova nella parte
di mezzo della parete addominale anteriore, segnando i margini dei due muscoli
retti e si estende dal processo xifoideo al pube, aumentando la larghezza fino
all’ombelico e restringendosi progressivamente al di sotto di questo.
2. Sociologo, filosofo, politologo, accademico e saggista, fu particolarmente attivo sul versante della critica alla società del consumo, con i suoi riti e i suoi miti, e sullo studio dei media, potentemente dotati di “forza mortifera”.
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