“Nei momenti di
cambiamento chi è capace di apprendere eredita il mondo; mentre chi è già
istruito si ritrova magnificamente attrezzato per funzionare in un mondo che
non esiste più ”
(Eric Hoffer)
Pensate un po’ che è stato dimostrato che quando Io
decido di fare qualcosa, che so, sfregarmi il viso, un attimo prima di quando
Io decido di avviare quel gesto, i miei neuroni premotori (1) si sono già attivati. Pronti a chiedersi: E’ l’Io che decide di
intraprendere l’azione oppure l’Io, la consapevolezza conscia in questo caso,
altro non fa che prendere atto di una decisione già presa (attivata) altrove,
nella profondità del corpo?
Dai “mattoni primordiali indivisibili” di Democrito, dal
tentativo scientista di trovare un fondo unico e certo per ciò che chiamiamo
materia, ecco arriviamo a scoprire
particelle sempre più inconsistenti di “materia”: quark, adrone, leptone, fermione. Energia senza forma alcuna.
E l’energia è presente in tutto ciò che ci circonda.
Allora comprendiamo che tutti gli organismi viventi sono,
per così dire, “creativi”, rispondono, si adattano e mutano in relazione ai diversi problemi posti
dall’ambiente: impossibile studiarli come oggetti sottoposti alle leggi della
chimica e dalla fisica ordinarie.
L’uomo, che è essere fisicoemotivo, non sfugge certo a
questa regola.
Per conoscerlo / conoscersi veramente, più che i dogmi
imperanti tra le cattedrali del sapere universitario (la facoltà di scienze
motorie), più che le pratiche di allenamento per atleti finalizzate alla performance
sportiva, occorre quel “brancolamento
sperimentale” di cui scriveva il pedagogista Celestin Freinet (2). Ovvero, più che luogo da
controllare ed indirizzare verso un unico obiettivo, il sé-corpo è un luogo in
continuo mutamento “da animare ed
ascoltare” (I. Gamelli “A piedi nudi nel parco”.
La pratica corporea, di movimento, come io la intendo, la
pratica marziale, del saper stare nel confliggere, che io propongo, non è
ginnastica, fitness per modellare un corpo altro da me, per lucidare la
carrozzeria o aumentare la cilindrata del motore di un corpo-macchina.
Non è neanche, per citare Luciano Marchino,
psicoterapeuta e formatore, quel cosiddetto ego-building che utilizza la
pratica psicocorporea per farti sentire autorevole ed assertivo: Tu sì che sei
a posto, sei in gamba!!
Nemmeno è soul-building:
Ovvero inanelli corsi di Yoga e Tai Chi Chuan, qualche incontro di meditazione
buddista e mindfulness (3),ascolti
attentamente il Maestrone che parla di psico e meta fisico, leggi libri
sull’ascesi, viaggi in qualche posto esotico e … non fai nulla per cambiare di
te e delle tue relazioni con gli altri, nulla del tuo vivere, tant’è che,
magari, uscito da una linda e rilassante serata di meditazione vipassana, davanti
alla gomma a terra della tua auto, ti incazzi e la prendi a calci, fuori di
casa continui a lamentarti del marito o moglie, sopporti a malapena quei dolori
alla schiena o al ginocchio giustificandoti che è l’età che avanza, non scegli
mai dove e come stare nel mondo annichilendoti nella tua “cuccia” o muovendoti
freneticamente, come una mosca impazzita che sbatta contro un vetro, senza mai
davvero uscire.
Anche per questo, pur apprezzando tantissimo le pratiche
corporee dolci e introspettive ed esortando anche i miei allievi a parteciparvi,
non posso esimermi dal mostrarne due “buchi” fondamentali.
Il primo è il riflesso del fenomeno ingannevole che si
attua all’interno della mente di ognuno
di noi quando comunichiamo con noi stessi:
nel sentire, nella comprensione e nel ragionare siamo sempre
condizionati dal linguaggio, corporeo, verbale e para verbale, che siamo soliti
utilizzare. I codici comunicativi che utilizziamo, fatti nostri grazie allo
studio ed alle esperienze, sono le cornici dentro cui montiamo l’immagine del
quadro e che inevitabilmente lo condizionano (4). O, come ripeto spesso in pedana, quando uno parla tra sé, ha
sempre ragione, è solo quando si confronta con un altro che ha l’occasione di
aprirsi e coltivare dubbi e fare nuove conoscenze. A questa legge, a questo
condizionamento, non sfugge nemmeno l’ascolto corporeo. Per questo, ogni metodo
dolce ed introspettivo di movimento e sapere corporeo, manca del confronto continuo e anche conflittuale con l’altro:
l’unico in grado di dirci se la strada intrapresa sia quella migliore. Per
questo trovo che la pratica marziale, almeno come noi la intendiamo e
proponiamo, con il suo continuo relazionarsi all’altro da sé, sia l’unica in grado di farci conoscere,
crescere e trasformare. Nessuno è una monade. La nostra stessa struttura, o
chiamatela postura ( a seconda del “credo” che seguite), insomma il nostro
stesso semplice stare in piedi, risente e si modifica a seconda dei mutamenti
indotti nella stessa giornata dalle nostre emozioni e dagli incontri con gli
altri e l’ambiente in cui operiamo. Figuriamoci, poi, quando andiamo a lavorare
sul movimento!!
Ecco entrare in gioco la seconda osservazione critica:
Sovente, questi pur ottimi metodi dolci ed introspettivi, partono, ma poi
restano ad operare prevalentemente in posizione supina o prona, ovvero in
mancanza del confronto (ancora la relazione conflittuale, ma, sappiamo “polemòs pater omnia”!!) con la forza di
gravità, col magnetismo terrestre (5)
Solo una pratica corporea che contempli il relazionarsi
con i mille sé che compongono ognuno di noi e contemporaneamente con l’ambiente
(cose e persone) in cui viviamo, è pratica completa, trasformatrice e
performante.
Parlo, e propongo dunque,
qui
allo Spirito Ribelle ZNKR nei corsi e seminari di Arti Marziali
e
negli incontri, di gruppo o individuali, di Body Counseling,
di un impegnativo tanto quanto affascinante percorso di
sviluppo personale, fisicoemotivo, fisicopsichico.
Di
contro
ad un corpo di cui molto si parla,
o di un corpo su cui molto si lavora, molto si manipola,
come se fosse estraneo, materia da modellare,
o di un corpo su cui si pretende un ascolto e una
trasformazione monadista, dunque già morta,
io
propongo
struttura,
portamento, gestualità, azione nello spazio e in relazione con spazio e
ambiente,
come
significato di noi e delle nostre relazioni, come emos-azioni.
“Le capacità
sensoriali posso essere divise in due categoria per quanto riguardo il nostro
contatto con la realtà:
- quelle orientate verso il senso
interno del sé, che, tra l'altro, ci radicano alla realtà personale,
- quelle orientate verso la nostra
relazione con l'ambiente.
In mancanza
di sensazioni chiare ed accessibili, perdiamo il contatto con i bisogni, con il
nostro stato organismico presente, la nostra collocazione nel mondo, la nostra
relazione con l'ambiente. Le sensazioni corporee sono un mezzo primario per
radicarci nella realtà del sé e dell'ambiente. Esse costituiscono anche il
mezzo attraverso cui possiamo limitare, distorcere o confondere il nostro senso
del sé e dell'ambiente”
( J.K. Kepner “Body
process”)
2. “(…) cioè
moltiplicazione delle prassi e costruzione di uno spazio – ambiente vissuto,
altri da vivere, altri da progettare”. (M. Camerucci “Psicomotricità:
equilibrio tra mente e corpo”)
3. Nelle settimane scorse, ho partecipato ad una serata di
presentazione di Mindfulness. Non vi tedierò su cosa sia. Qui mi è sufficiente
scrivere che, con un nome all’americana, sono state raccolte ed assemblate
alcune delle pratiche che compongono l’immenso sapere taoista di Chi Kung e Tai
Chi Chuan. Niente di nuovo, insomma, e molto che sa di raccogliticcio.
D’altronde, dare un nome nuovo, “alla moda”, a una cosa vecchia può renderla
più appetibile al grande pubblico. Niente di male in sé, è una tecnica sovente
usata in pubblicità, nel marketing occulto. Certo, si perdono così le
autentiche radici del sapere che vi è dietro, si resta alla superficie di un
sapere enorme e radicalmente trasformatore. Beh, magari qualche cliente, dopo
aver abboccato al prodotto col nome accattivante, che soddisfa l’esterofilia
diffusa, si interrogherà su cosa c’è oltre, dietro, e scoprirà il tesoro
autentico!!
4. “Gli autoinganni
cognitivi sono la regola e non l’eccezione del nostro funzionamento mentale,
così come le abitudini ci intrappolano in copioni di percezione apparentemente
spontanei, ma che in realtà sono frutto delle nostre esperienze reiterate”
(G. Nardone “Sette argomenti essenziali per conoscere l’uomo”).
5. Mi è capitato più volte di imbattermi in docenti –
esperti di corpo e movimento del tutto improponibili, sia nell’aspetto che
nella postura e nel movimento
Ricordo un ometto sgraziato, con in mano appuntate su un
foglio (!!) le indicazioni da dare per praticare le vivaci meditazioni di Osho
che ci proponeva incespicando e farfugliando confuso… però menava vanto
dell’essere uno shiatsuka e praticante di Kendo. Una gentile signorina, in
sovrappeso di almeno 40 kg., vergognosa del suo corpo tanto da rifiutare qualsiasi
timido approccio alla nudità, ma … anche lei, come il succitato, era docente
qualificata a formare esperti del corpo e del linguaggio corporeo. Una
impacciata signora, anche lei in sovrabbondanza di peso, incerta nello stare in
piedi e incapace di affrontare qualsiasi vigoroso contatto fisico, ma … anche
lei, pur se di altra e diffusa “parrocchia”, docente in una scuola demandata a
formare professionisti del corpo e del linguaggio corporeo proprio a partire
dal radicamento (!!).
Insomma, io sarei credibile come personal trainer in una
sala di body building? Prima ancora del mio disinteresse verso pesi e macchine,
della mia distanza da quella ristretta e distorta concezione del corpo, sarebbe
il mio aspetto a tradirmi: nessun intricato groviglio di rigonfiamenti sparsi
sul corpo e niente movenze impacciate e costrette.