martedì 18 dicembre 2018

A tentoni nel corpo


Nei momenti di cambiamento chi è capace di apprendere eredita il mondo; mentre chi è già istruito si ritrova magnificamente attrezzato per funzionare in un mondo che non esiste più
(Eric Hoffer)

Pensate un po’ che è stato dimostrato che quando Io decido di fare qualcosa, che so, sfregarmi il viso, un attimo prima di quando Io decido di avviare quel gesto, i miei neuroni premotori (1) si sono già attivati. Pronti a chiedersi: E’ l’Io che decide di intraprendere l’azione oppure l’Io, la consapevolezza conscia in questo caso, altro non fa che prendere atto di una decisione già presa (attivata) altrove, nella profondità del corpo?
Dai “mattoni primordiali indivisibili” di Democrito, dal tentativo scientista di trovare un fondo unico e certo per ciò che chiamiamo materia, ecco arriviamo  a scoprire particelle sempre più inconsistenti di “materia”: quark, adrone, leptone, fermione. Energia senza forma alcuna.
E l’energia è presente in tutto ciò che ci circonda.

Allora comprendiamo che tutti gli organismi viventi sono, per così dire, “creativi”, rispondono, si adattano e mutano  in relazione ai diversi problemi posti dall’ambiente: impossibile studiarli come oggetti sottoposti alle leggi della chimica e dalla fisica ordinarie.
L’uomo, che è essere fisicoemotivo, non sfugge certo a questa regola.
Per conoscerlo / conoscersi veramente, più che i dogmi imperanti tra le cattedrali del sapere universitario (la facoltà di scienze motorie), più che le pratiche di allenamento per atleti finalizzate alla performance sportiva, occorre quel “brancolamento sperimentale” di cui scriveva il pedagogista Celestin Freinet (2). Ovvero, più che luogo da controllare ed indirizzare verso un unico obiettivo, il sé-corpo è un luogo in continuo mutamento “da animare ed ascoltare” (I. Gamelli “A piedi nudi nel parco”.

La pratica corporea, di movimento, come io la intendo, la pratica marziale, del saper stare nel confliggere, che io propongo, non è ginnastica, fitness per modellare un corpo altro da me, per lucidare la carrozzeria o aumentare la cilindrata del motore di un corpo-macchina.
Non è neanche, per citare Luciano Marchino, psicoterapeuta e formatore, quel cosiddetto ego-building che utilizza la pratica psicocorporea per farti sentire autorevole ed assertivo: Tu sì che sei a posto, sei in gamba!!
Nemmeno  è soul-building: Ovvero inanelli corsi di Yoga e Tai Chi Chuan, qualche incontro di meditazione buddista e mindfulness (3),ascolti attentamente il Maestrone che parla di psico e meta fisico, leggi libri sull’ascesi, viaggi in qualche posto esotico e … non fai nulla per cambiare di te e delle tue relazioni con gli altri, nulla del tuo vivere, tant’è che, magari, uscito da una linda e rilassante serata di meditazione vipassana, davanti alla gomma a terra della tua auto, ti incazzi e la prendi a calci, fuori di casa continui a lamentarti del marito o moglie, sopporti a malapena quei dolori alla schiena o al ginocchio giustificandoti che è l’età che avanza, non scegli mai dove e come stare nel mondo annichilendoti nella tua “cuccia” o muovendoti freneticamente, come una mosca impazzita che sbatta contro un vetro, senza mai davvero uscire.

Anche per questo, pur apprezzando tantissimo le pratiche corporee dolci e introspettive ed esortando anche i miei allievi a parteciparvi, non posso esimermi dal mostrarne due “buchi” fondamentali.
Il primo è il riflesso del fenomeno ingannevole che si attua all’interno  della mente di ognuno di noi quando comunichiamo con noi stessi:  nel sentire, nella comprensione e nel ragionare siamo sempre condizionati dal linguaggio, corporeo, verbale e para verbale, che siamo soliti utilizzare. I codici comunicativi che utilizziamo, fatti nostri grazie allo studio ed alle esperienze, sono le cornici dentro cui montiamo l’immagine del quadro e che inevitabilmente lo condizionano (4). O, come ripeto spesso in pedana, quando uno parla tra sé, ha sempre ragione, è solo quando si confronta con un altro che ha l’occasione di aprirsi e coltivare dubbi e fare nuove conoscenze. A questa legge, a questo condizionamento, non sfugge nemmeno l’ascolto corporeo. Per questo, ogni metodo dolce ed introspettivo di movimento e sapere corporeo, manca del confronto continuo e anche conflittuale con l’altro: l’unico in grado di dirci se la strada intrapresa sia quella migliore. Per questo trovo che la pratica marziale, almeno come noi la intendiamo e proponiamo, con il suo continuo relazionarsi all’altro da sé, sia l’unica in grado di farci conoscere, crescere e trasformare. Nessuno è una monade. La nostra stessa struttura, o chiamatela postura ( a seconda del “credo” che seguite), insomma il nostro stesso semplice stare in piedi, risente e si modifica a seconda dei mutamenti indotti nella stessa giornata dalle nostre emozioni e dagli incontri con gli altri e l’ambiente in cui operiamo. Figuriamoci, poi, quando andiamo a lavorare sul movimento!!
Ecco entrare in gioco la seconda osservazione critica: Sovente, questi pur ottimi metodi dolci ed introspettivi, partono, ma poi restano ad operare prevalentemente in posizione supina o prona, ovvero in mancanza del confronto (ancora la relazione conflittuale, ma, sappiamo “polemòs pater omnia”!!) con la forza di gravità, col magnetismo terrestre (5)

Solo una pratica corporea che contempli il relazionarsi con i mille sé che compongono ognuno di noi e contemporaneamente con l’ambiente (cose e persone) in cui viviamo, è pratica completa, trasformatrice e performante.
Parlo, e propongo dunque,
qui allo Spirito Ribelle ZNKR nei corsi e seminari di Arti Marziali
e negli incontri, di gruppo o individuali, di Body Counseling,
di un impegnativo tanto quanto affascinante percorso di sviluppo personale, fisicoemotivo, fisicopsichico.

Di contro
ad un corpo di cui molto si parla,
o di un corpo su cui molto si lavora, molto si manipola, come se fosse estraneo, materia da modellare,
o di un corpo su cui si pretende un ascolto e una trasformazione monadista, dunque già morta,
io propongo
struttura, portamento, gestualità, azione nello spazio e in relazione con spazio e ambiente,
come significato di noi e delle nostre relazioni, come emos-azioni.



Le capacità sensoriali posso essere divise in due categoria per quanto riguardo il nostro contatto con la realtà:
-           quelle orientate verso il senso interno del sé, che, tra l'altro, ci radicano alla realtà personale,
-           quelle orientate verso la nostra relazione con l'ambiente.
In mancanza di sensazioni chiare ed accessibili, perdiamo il contatto con i bisogni, con il nostro stato organismico presente, la nostra collocazione nel mondo, la nostra relazione con l'ambiente. Le sensazioni corporee sono un mezzo primario per radicarci nella realtà del sé e dell'ambiente. Esse costituiscono anche il mezzo attraverso cui possiamo limitare, distorcere o confondere il nostro senso del sé e dell'ambiente
(  J.K. Kepner “Body process”)













 1Esperimento di Libet (1977): noi abbiamo l'idea di cominciare a muoverci e quindi comincia la catena di eventi legata al movimento. Libet dice al soggetto di premere un pulsante, e quando sente la volontà di premere il pulsante, guardare l'orologio e dire che ora è; riporta che i soggetti programmano l'azione 206 msec prima del movimento (dovuto probabilmente al tempo dovuto a guardare l'orologio) Ma la programmazione corticale comincia un secondo prima; la consapevolezza così sembra seguire e non innescare l'intenzione di muoversi (e quindi causarla). La coscienza sembra così un epifenomeno. 206 secondi prima i soggetti hanno l'intenzione consapevole di agire (sanno di voler agire) però in realtà l'intenzione (inconsapevole) parte un secondo prima a livello corticale. (https://www.tesionline.it/appunto/Corteccia-premotoria/984/2)

2. “(…) cioè moltiplicazione delle prassi e costruzione di uno spazio – ambiente vissuto, altri da vivere, altri da progettare”. (M. Camerucci “Psicomotricità: equilibrio tra mente e corpo”)

3. Nelle settimane scorse, ho partecipato ad una serata di presentazione di Mindfulness. Non vi tedierò su cosa sia. Qui mi è sufficiente scrivere che, con un nome all’americana, sono state raccolte ed assemblate alcune delle pratiche che compongono l’immenso sapere taoista di Chi Kung e Tai Chi Chuan. Niente di nuovo, insomma, e molto che sa di raccogliticcio. D’altronde, dare un nome nuovo, “alla moda”, a una cosa vecchia può renderla più appetibile al grande pubblico. Niente di male in sé, è una tecnica sovente usata in pubblicità, nel marketing occulto. Certo, si perdono così le autentiche radici del sapere che vi è dietro, si resta alla superficie di un sapere enorme e radicalmente trasformatore. Beh, magari qualche cliente, dopo aver abboccato al prodotto col nome accattivante, che soddisfa l’esterofilia diffusa, si interrogherà su cosa c’è oltre, dietro, e scoprirà il tesoro autentico!!

4. “Gli autoinganni cognitivi sono la regola e non l’eccezione del nostro funzionamento mentale, così come le abitudini ci intrappolano in copioni di percezione apparentemente spontanei, ma che in realtà sono frutto delle nostre esperienze reiterate” (G. Nardone “Sette argomenti essenziali per conoscere l’uomo”).

5. Mi è capitato più volte di imbattermi in docenti – esperti di corpo e movimento del tutto improponibili, sia nell’aspetto che nella postura e nel movimento
Ricordo un ometto sgraziato, con in mano appuntate su un foglio (!!) le indicazioni da dare per praticare le vivaci meditazioni di Osho che ci proponeva incespicando e farfugliando confuso… però menava vanto dell’essere uno shiatsuka e praticante di Kendo. Una gentile signorina, in sovrappeso di almeno 40 kg., vergognosa del suo corpo tanto da rifiutare qualsiasi timido approccio alla nudità, ma … anche lei, come il succitato, era docente qualificata a formare esperti del corpo e del linguaggio corporeo. Una impacciata signora, anche lei in sovrabbondanza di peso, incerta nello stare in piedi e incapace di affrontare qualsiasi vigoroso contatto fisico, ma … anche lei, pur se di altra e diffusa “parrocchia”, docente in una scuola demandata a formare professionisti del corpo e del linguaggio corporeo proprio a partire dal radicamento (!!).
Insomma, io sarei credibile come personal trainer in una sala di body building? Prima ancora del mio disinteresse verso pesi e macchine, della mia distanza da quella ristretta e distorta concezione del corpo, sarebbe il mio aspetto a tradirmi: nessun intricato groviglio di rigonfiamenti sparsi sul corpo e niente movenze impacciate e costrette.