Tre piccole insignificanti cose fondamentali da sapere quando pratichi Arti Marziali.
- La seconda, sapere ‘cosa’ stai facendo e soprattutto ‘come’ lo stai facendo.
- La terza, sapere quando è arrivato il momento di smettere.
Chiunque pratichi Arti Marziali sa (o dovrebbe sapere) che la formazione (e chiamatelo pure ‘allenamento’ anche se io dissento dal definirlo così) non inizia quando entri in Dojo, ma già quando non menti a te stesso ergendo il mal di testa a insormontabile ostacolo che ti impedisce di uscire di casa o quando non gingilli per casa aspettando il momento per dirti che ormai è tardi per uscire.
Tra
il frusciare accattivante della tenuta di pratica ed una percossa sferrata con
più o meno dimestichezza, ci sono piccole, apparentemente insignificanti
accortezze che fanno la differenza tra il Sensei che annuisce soddisfatto e
quel suo sguardo rammaricato che parla di tempo sprecato.
E
sì, anche quando saper smettere (che non è per forza "mollo tutto e mi
dedico al divano”) è parte integrante del percorso.
- Perché, al punto 1, il praticante sincero ed appassionato affronta audacemente quel primo avversario che è il dolorino alle costole mellifluo nel suggerirti “stai a casa, curati, riposati” ed è pure in grado di organizzare gli impegni di casa e lavoro così da salire per tempo sul bus senza lasciare che gli sfili sotto il naso.
- Perché, al punto 2, non basta lanciare un pugno con determinazione, gesto che qualsiasi tamarro di strada fa, ma nessuno lo chiama artista marziale.
- Perché, al punto 3, quando ti accorgi che l'unico gioco di gambe o di mani che ti appassiona è "alzarsi pian piano dal divano cercando il telecomando del televisore" forse è il momento di fermarti.
In fondo, a torto o a ragione, riempiendosi solo la bocca o praticando davvero nei modi adatti per riuscirci, le Arti Marziali ti accompagnano a capire educazione, rispetto e autodeterminazione.
Ma,
ammettiamolo, pure ricordarsi dove hai riposto l'asciugamano per la doccia è
già mezza via per l'illuminazione.
Fondamentale
è sapere ‘cosa’ stai facendo, ‘come’ lo stai facendo e quando è arrivato il
momento di lasciar perdere, prima che siano le rimostranze della moglie (o
marito) o il tuo annoiarti a decidere per te.