Progetto “Sapere del Profondo”
percorso di Neijia Kung Fu
Percorso di consapevolezza, crescita e potenza, attraverso le pratiche taoiste di Tai Chi Chuan e Chi Kung e le esperienze fisicoemotive della pratica corporea contemporanea
Sabato 12 Novembre
L’orso, animale indipendente, forte, solitario.
Antenato mitico degli Ainu, antica popolazione autoctona del Giappone, presso i quali l’orso della luna è una divinità di montagna, la cui festa cade nel mese di Dicembre.
In culture antiche e moderne, culture separate tra di loro temporalmente da secoli e secoli come, geograficamente, da migliaia di chilometri, l’orso è simbolo di forza e coraggio: di virtù guerriera nel mondo celtico; di coraggio disumano e follia sanguinaria tra i “guerrieri belva” di Odino, i bersekir (“pelle d’orso”); di potere sacro nella divinità femminile Ardwinna; l’orso è una delle manifestazioni della dea Artemide, mentre nella simbologia cristiana, dopo alcune sporadiche e marginali comparse, entra a pieno titolo come madre amorevole che nutre i piccoli in quanto allegoria di una Chiesa che, col battesimo, nutre il cristiano.
Sono quindici i praticanti che hanno deciso di affrontare l'incontro con l'Orso. E allora, iniziamo. Iniziamo a prendere contatto con noi stessi, con l'ambiente, con le emozioni negli occhi e nel respiro.
L’orso, forte e libero, dotato di stabilità ed equilibrio, ha come polarità opposta l’individuo sottomesso, il cui atteggiamento principale è la negazione dei sentimenti, la paura di riconoscersi autonomo in quanto capace di dare e ricevere, è individuo compresso e dominato.
La negazione dei sentimenti è essenzialmente una negazione del bisogno. La manovra atta a riuscire in ciò consiste nel far sì che gli altri abbiano bisogno di lui, in modo da non dover manifestare il proprio bisogno.
Il dominio sugli altri può essere raggiunto in due modi:
· la prepotenza e la sopraffazione
· corrompere l’altro utilizzando un approccio seduttivo
Egli ha bisogno di qualcuno da tenere sotto controllo e da cui però, malgrado le apparenze, è anche dipendente.
In questa struttura c’è un conflitto fra indipendenza o autonomia e intimità, che esprime così: “Posso esserti vicino se accetto che tu mi controlli o mi usi”. Ma non può accettarlo perché comporterebbe una resa totale del sentimento di sé. Solo avendo il controllo sull’altro può permettersi una certa intimità. Ovvero: “Puoi essermi vicino finché mi ritieni superiore”. L’elemento “disturbato” sta nell’inversione dei ruoli: “Puoi starmi vicino” anziché “ho bisogno di starti vicino”.
L’individuo Orso (legato all’Elemento Terra) scarica secondo il peso, la gravità, verso terra, ma non se ne nutre, solo appoggia, né l’utilizza per uno slancio successivo. Mostrando con ciò scarsa consapevolezza e risicata autonomia di decisone riguardo ai propri valori, alle proprie radici. Alla parte materna ?
Il tronco è la parte centrale del corpo, in essa agiscono gli organi deputati all’attività amministrativa. Il tronco dell’orso, la sua schiena, simbolo di forza possente quanto di gioco nel suo sfregarsi contro gli alberi. La schiena, aderendo alla curva dell’utero è, nella fase ultima della gravidanza, la zona immediatamente esposta al contato con l’ambiente esterno. Essa, una volta nati, determina la stazione eretta, impegnandosi nel confronto con la forza di gravità, ovvero sobbarcandosi “il peso esistenziale, il peso della vita” (S. Guerra Lisi & G. Stefani).
E noi uniamo le schiene e, dall’unione, affrontiamo poi il distacco, la separazione.
L’Individuo Orso ha mani generalmente incapaci di discriminazione del minimo: palpano, afferrano, stringono.
Pensando ad un soggetto Orso /Terra, le azioni più ovvie sembrano quelle pesanti, dure, rigide: colpire, spezzare, pestare, scolpire. Ma il ‘maneggiare’, l’uomo che manipolando costruisce e trasforma, con ciò conquistando una sua autonoma, invita a coinvolgere il soggetto “Orso/Terra” in manipolazioni più attente, dotate di “motricità fine”.
Nel lavoro con le mani, occorre sperimentare la differenza del sentire sul dorso e sul palmo.
Il farlo ad occhi chiusi, ci evoca immagini di diversi sensi. Il farlo su un altro corpo, che è vita, emozioni, respiro, ci aiuta ad imparare a relazionarci: io, tu, nella diversità, ma anche noi, insieme.
Scopriamo sfioramenti delicati e manipolazioni vigorose, con – tatto.
In ultimo, la danza forte e selvaggia dell’orso. Il suo mostrare denti aguzzi e mandibola possente. Il suo bramire intenso e gutturale. Il suo incontrare / scontrarsi con altri orsi.
Qualcuno, forse, osa ed incontra il proprio limite, scopre il suo essere mortificato sul terreno dei sentimenti condivisi. Ma, paradosso “vitale”, paradosso di ogni efficace pratica fisicoemotiva, sta proprio nel malessere, nella lacerazione, l’embrione creatore e trasformativo.
Che ognuno faccia tesoro di quest’incontro. Non più sottomesso. Ma anima – le libero. Anche nell’accettare le sue fragilità, ma capace di condividerle.
Se ripenso a sabato scorso mi viene un gran bel sorriso che mi resta per ore rischiando di sembrare, a chi mi guarda, un po' ebete.
RispondiEliminaStavolta le emozioni e le scoperte sono state tante e tanto forti che non ci sono parole per descriverle. Parla il mio sorriso.
La pratica marziale mi accompagna durante tutta la giornata e non solo nelle nove ore settimanali di allenamento. E' fuori il bello. Fuori c'è la vita, la MIA vita.
OSS!
Cugg, tu sei ebete :-) No scherzo, ma più che il tuo sorriso sei tu che sei speciale, vera e onesta e coinvolgente. Per questo ti apprezzo e mi fai sentire bene...e cmq si, la nostra vita è Arti Marziali, tutti i giorni.
RispondiEliminaOss.